Davide Frattini, Corriere della Sera 07/05/2011, 7 maggio 2011
LEGALE O ILLEGALE UCCIDERE OSAMA
Il più sorprendente è Tenzin Gyatso, che per un momento è sembrato sorvolare sul precetto buddista «non uccidere, mantieni e tutela ogni forma di vita». Dice il quattordicesimo Dalai Lama: «Come essere umano Osama Bin Laden, avrebbe meritato compassione e perdono. Ma perdonare non vuol dire dimenticare quello che è successo. Se c’ è qualcosa di grave che richiede contromisure, bisogna prendere quelle contromisure». Il più prevedibile è Michael Moore: «Non è stato ammazzato durante il raid, ha subito un’ esecuzione sommaria. Avremmo dovuto processarlo come i nazisti a Norimberga, quello è stato un metodo democratico», commenta il radical-regista americano. Nel 1976 il presidente Gerald Ford firma l’ «ordine esecutivo 11905» che vieta gli omicidi politici, in sostanza le operazioni della Cia per eliminare leader stranieri (gli agenti ci aveva provato più volte con Fidel Castro, secondo le rivelazioni del post Watergate). A capo dell’ agenzia c’ è allora George Bush padre e il decreto viene ribadito da Jimmy Carter e Ronald Reagan. Gli esperti legali che dissezionano il blitz contro Osama cercano anche di chiarire, se la morte del leader di Al Qaeda infranga o meno quell’ interdizione di trentacinque anni fa. La Casa Bianca insiste che si è trattato di una missione militare, condotta contro un obiettivo militare. Una posizione vicina al documento confidenziale «intelligence finding», compilato da George W. Bush dopo gli attacchi dell’ 11 settembre: siamo in tempo di guerra e i capi di Al Qaeda sono obiettivi legittimi. «Bin Laden non è un politico - scrive Raffi Khatchadourian sul New Yorker - anche se la sua ideologia ha degli aspetti politici. È un nemico dichiarato degli Stati Uniti, il firmatario più importante di un manifesto che proclama: "Uccidere gli americani e i loro alleati - militari o civili - è il dovere di ogni musulmano ovunque sia possibile". Attraverso le sue parole e le sue azioni ha dimostrato, senza prova di dubbio, di essere un combattente». La rivista ricorda che durante la Seconda guerra mondiale un soldato americano poteva sparare a un ufficiale delle SS seduto al tavolo di un caffè francese, senza violare le leggi di guerra: «L’ uniforme lo rendeva riconoscibile e per poterlo colpire il tedesco non doveva dare segni di volersi arrendere». Eric Holder, il ministro della Giustizia, ha spiegato davanti al Congresso: «Se Osama si fosse arreso, avremmo dovuto accettarlo, ma non ci sono indicazioni che volesse consegnarsi e quindi l’ uccisione è stata appropriata». Bin Laden non era riconoscibile dalla divisa come un ufficiale nazista: perché le regole d’ ingaggio siano state rispettate, i Navy Seals entrati nel suo bunker devono essere stati in grado di identificarlo prima di sparare per ammazzare. Kenneth Roth di Human Rights Watch considera insufficiente la versione rilasciata dalla Casa Bianca: Osama avrebbe opposto resistenza. «Rappresentava una minaccia letale per le truppe americane? Ci vogliono fatti e risposte», inquisisce via Twitter. Christof Heyns, relatore della Nazioni Unite per le esecuzioni extragiudiziarie, e Martin Scheinin, che per l’ Onu appura che la lotta al terrorismo rispetti i diritti umani, commentano da Ginevra: «In casi estremi l’ uso della forza letale può essere ammissibile come ultima risorsa di autodifesa, in accordo alle leggi internazionali. Tuttavia, la norma dovrebbe restare che i terroristi vengano trattati come criminali: arrestati, processati e condannati da un giudice». Così la pensano anche l’ ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt («il raid è una chiara violazione delle leggi internazionali») e Geoffrey Roberston, uno degli avvocati di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks: «Non è stata giustizia. È una perversione. Fare giustizia significa portare l’ imputato in tribunale, provare la sua colpevolezza sulla base delle prove ed emettere la sentenza». Quando il commando fa irruzione al terzo piano della villa-rifugio, Osama ha vicino a sé una pistola Makarov e un kalashnikov. «Parliamo di un uomo molto pericoloso - commenta John B. Bellinger III, ex consigliere legale di Bush al New York Times -. Se fa un cenno con la testa, un movimento che non sia alzare le mani, ci sono le basi legali per ucciderlo». Thomas Nachbar, docente di Legge all’ università della Virginia, confuta che i Navy Seals in azione possano essere equiparati a poliziotti che eseguono un arresto: «È stata una missione militare portata avanti da un’ unità delle forze armate. Pretendere che i soldati sparino solo per legittima difesa significa non aver studiato il diritto bellico».
Davide Frattini