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 2011  gennaio 16 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Claudio Scajola
Il Ministro delle Politiche agricole è Giancarlo Galan
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro di Sussidiarietà e decentramento è Aldo Brancher (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta
Il Segretario Nazionale dei Popolari per il Sud è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

A Mirafiori ha vinto il sì, con il 54% dei voti contro il 46%. Hanno votato quasi tutti: il 94,6%, cioè 5.139 dipendenti su 5.431.

Una vittoria risicata, no?
Molto sofferta, sì. Lo spoglio delle schede, piuttosto accidentato, è durato tutta la notte. Fino alle tre del mattino erano in vantaggio i “no”. A quell’ora è stato aperta l’urna degli impiegati e l’esito della consultazione si è rovesciato: 421 impiegati avevano votato “sì” e solo 20 “no”. La certezza matematica che Marchionne, la Fiat e i sindacati firmatari dell’accordo ce l’avevano fatta è arrivata alle sei del mattino. La percentuale dei favorevoli è inferiore a quella di Pomigliano, dove l’accordo (pressoché identico a quello di Mirafiori) era stato accettato dal 63% degli operai. A Marchionne, quella volta, le dimensioni della vittoria erano parse inferiori alle attese. Stavolta aveva già detto che si sarebbe accontentato del 51%. Completamente sbagliato è risultato il pronostico di certi dirigenti sindacali che s’aspettavano un plebiscito, l’80 o il 90% dei sì.

Come mai tutto questo tempo per uno spoglio tanto semplice? In definitiva si trattava di dividere il mucchietto dei “sì” dal mucchietto dei “no”.
Ci sono stati degli incidenti. Al seggio numero 8 a un certo punto non coincidevano i dati tra schede e votanti. C’è voluto un controllo per capire che, di schede, ne erano state preparate troppe. Sette erano poi finite per sbaglio nell’urna numero 6. Poco prima delle cinque del mattino, la Fim-Cisl ha denunciato che davanti alla porta 2 qualcuno aveva dato fuoco alle sue bandiere. Poco dopo le 6, nel momento in cui la vittoria del “sì” è diventata matematica, un rappresentane del Fismic ha esultato, ne è nato un diverbio e un rappresentante della Fiom s’è sentito male.

Perché a Pomigliano il 63% era un risultato deludente e a Mirafiori invece il 51% è stato ritenuto, fin dalla vigilia, più che sufficiente?
Mirafiori, il più grande stabilimento d’Europa, è il centro nevralgico della manifattura italiana. Il valore complessivo della vittoria era molto più alto. Marchionne aveva detto che gli sarebbe bastato un voto in più per investire il miliardo promesso. Dopo il risultato, ha rilasciato una lunga dichiarazione, per niente trionfalistica: «Siamo lieti che la maggioranza dei lavoratori di Mirafiori abbia compreso…» eccetera. Poi: «Un paese come l’Italia, che è sempre stato legato al passato e restìo al cambiamento…», «l’immobilismo di chi parla soltanto e aspetta che le cose succedano…», «Mirafiori e la gente che ci lavora non si sono fatti scoraggiare quando, nel 2004, erano in tanti a profetizzare la fine e la chiusura dell’impianto. Insieme abbiamo strappato lo stabilimento alla desolazione.,..», «attacchi che sono stati fatti in modo strumentale sulla pelle delle nostre persone…», «questa è la migliore risposta alle bugie e alle esasperazioni degli ultimi mesi…», «il sì ha chiuso la porta agli estremismi, che portano al caos…», «mi auguro che le persone che hanno votato no, messi da parte ideologie e preconcetti, prendano coscienza…», «è aperta la strada ad una crescita dell’occupazione…», «l’accordo serve solo a far funzionare meglio la fabbrica senza intaccare nessun diritto…», «il turno del sabato sera sarà effettuato solo se c’è una reale necessità e pagato come straordinario…», «i 18 turni permetteranno di aumentare i salari di circa 3500 euro l’anno…», «il sistema delle pause ci permette di adeguarci a quello che succede nel resto d’Europa…», «sulle malattie l’accordo prevede semplicemente di monitorare il tasso di assenteismo per evitare abusi…», «le maggiorazioni verranno applicate sulla paga base, più elevata rispetto al minimo contrattuale…», «non c’è nulla di eccezionale nell’accordo…», «critiche ingiuste e spesso frustranti…», «Quando vedi che i tuoi sforzi vengono mistificati, a volte ti chiedi se davvero ne valga la pena. La maggioranza dei lavoratori di Mirafiori ha detto che vale sempre la pena di impegnarsi per costruire qualcosa di migliore».

La Fiom che cosa ha detto?
Landini: «Un risultato straordinario e inaspettato. Ora bisogna riaprire la trattativa. È evidente che la Fiat non ha il consenso dei lavoratori e riaprire la trattiva sarebbe un atto di saggezza da parte dell’azienda. Le fabbriche senza il consenso di chi ci lavora non funzionano».

È vero?
Chi sa. Quello è il punto chiave: per far funzionare un’azienda ci vuole il consenso dei dipendenti oppure no? Landini promette di continuare, con i lavoratori, «una battaglia di civiltà in difesa dei diritti. Chi sarà dentro la rappresentanza con questo accordo non conta nulla perché decide tutto l’azienda. Noi invece siamo dentro perché i lavoratori sono dalla nostra parte e i lavoratori non escono dalla fabbrica». Fino ad ora gli iscritti a tutti i sindacati, all’interno di Mirafiori, non arrivavano al 50%. Adesso? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/1/2011]
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