GIUSEPPE VERDI, la Repubblica 16/1/2011, 16 gennaio 2011
VERDI: «CHE BELLI I FINALI COL CANNONE»
Parigi, 14 Luglio 1849 (a Vincenzo Luccardi)
Caro Luccardi,Da tre giorni attendo impazientemente le tue lettere. Tu puoi ben immaginare che la catastrofe di Roma m´ha messo in gravi pensieri, e tu hai avuto torto di non scrivermi subito. Non parliamo di Roma!!... a che gioverebbe! La forza ancora regge il mondo! La giustizia? ... a che serve contro le baionette!! Noi non possiamo che piangere le nostre disgrazie, e maledire gli autori di tante sventure.
Busseto, 14 Luglio 1859 (alla contessa Maffei)
Cara Clarina
Invece di cantare un inno di gloria, parrebbemi più conveniente oggi innalzare un lamento sulle eterne sventure del nostro Paese - Ho ricevuto un bulletino del 12 che dice... L´Imperatore all´Imperatrice... La pace è fatta... La Venezia rimane all´Austria...! E dov´è dunque la tanto sospirata indipendenza d´Italia? Cosa significa il proclama di Milano? O che la Venezia non è Italia?
Dopo tante vittorie quale risultato! Quanto sangue per nulla! Quanta povera gioventù delusa! E Garibaldi che ha perfino fatto il sagrifizio delle sue antiche e costanti opinioni in favore d´un Re senza ottenere lo scopo desiderato. C´è da diventar matti! Scrivo sotto l´impressione del più alto dispetto e non so cosa mi dica. È dunque ben vero che Noi non avremo mai nulla a sperare dallo straniero di qualunque nazione sia! Che ne dite voi? Forse m´inganno ancora? Lo vorrei.
Busseto, 7 ottobre 1860
(a Angelo Mariani)
(...). Ma dimmi di altra musica, la quale (domando scusa a tutti voi figli di Apollo) mi interessa assai di più. Oh scusate scusate! Come vanno le Crome e biscrome di Cialdini, Persano, Garibaldi et. et.? Tu m´avevi promesso di scrivermene, e, testaccia, l´hai dimenticato. Quelli son Maestri! e che Opere! e che Finali! a colpi di cannone!
Torino, 19 marzo 1861
(a Cesare De Sanctis)
Parliamo un po´ di politica. Per Dio non fate ragazzate, state quieti, tenete a freno i matti, abbiate pazienza, fidate nel gran politico che regge i nostri destini, e tutto andrà bene. Pensate che se non dovesse effettuare la grande idea dell´Unità d´Italia la colpa sarebbe tutta vostra, ché delle altri parti d´Italia non v´è da dubitare. Se per idee miserabili di campanile l´Italia dovesse essere divisa in due (che Dio non lo voglia) sarebbe sempre in balia e sotto protezione delle altre grandi potenze; quindi povera, debole, senza libertà, e semibarbara. L´Unità soltanto può renderla grande, potente e rispettata.
Genova, 14 luglio 1866
(a Giuseppe Piroli)
Poveri noi! La situazione è sì desolante che non ho nemmeno la forza d´imprecare contro quel branco d´incapaci, stupidi, parolai, fanfaroni, che ci hanno portati alla rovina. Speriamo in una vittoria di Cialdini? Ma è essa possibile se ora gli Austriaci abbandonano tutto?... E l´avvenire? Quando i rossi domanderanno: signori moderati, cosa avete saputo fare per sei anni del vostro Governo? Un´armata senza organizzazione e senza capi, una marina che non esiste, e le finanze rovinate!
Addio. Vogliatemi bene. Addio.
10 febbraio1889
(a Giuseppe Piroli)
Io non amo la politica, ma ne ammetto la necessità, le teorie, le forme di Governo, Patriottismo, Dignità etc. etc., ma prima di tutto bisogna vivere. Dalla mia finestra vedo tutti i giorni un Bastimento, e qualche volta due carichi almeno di mille emigranti ciascuno! Miseria e fame! Vedo nelle campagne proprietari di qualche anno fa ridotti ora a contadini, giornalieri, ed emigranti (miseria e fame). I ricchi, di cui la fortuna diminuisce d´anno in anno, non possono più spendere come prima, e quindi miseria e fame! E come si potrà andare avanti? Non saranno mica le nostre industrie che ci salveranno dalla ruina! Voi direte che sono un pessimista!... No, no... Io credo d´esser nel vero, dicendo che sono profondamente convinto, che su questa strada troveremo in fondo la ruina completa. Forse, voi, uomo politico, dite che «non c´è altra strada»... Ebbene, se è così prepariamoci a tutti i disordini che si produrranno ora in una città ora in un´altra, poi nei paesi, poi nelle campagne, ed allora Le déluge!