Il Riformista 16/1/2011, 16 gennaio 2011
«QUEI SALOTTI ALLEATI DELLA MAFIA»
Palermo, 15 gennaio 1993, il capitano Ultimo e i suoi uomini mettevano fine alla latitanza di Salvatore Riina, capo incontrastato di Cosa Nostra. Da allora sono passati diciotto anni e ieri, nel giorno dell’anniversario dello storico arresto abbiamo sentito in esclusiva Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, ora colonnello e vice comandante del Noe dei carabinieri.
Come si sente diciotto anni dopo l’arresto che ha segnato la svolta alla lotta contro Cosa Nostra?
Bene, siamo felici, ma dobbiamo andare avanti. Per noi la cattura di Riina era da considerarsi un punto d’inizio non un punto d’arrivo. Un inizio di una stagione di lotta, di civiltà e di libertà. Mi ricordo quando lo catturammo. Gli ho messo le manette e lui tremava dalla paura e diceva: «Chi siete? Chi siete?». Poi lo portammo in caserma e lo mettemmo in una stanza sotto la foto del generale Dalla Chiesa, dandogli un bicchiere d’acqua e una sigaretta.
Ma è vero che è stato Provenzano a tradirlo?
Non è vero. Sono tutti falsità e non capisco a chi giovi dire certe cose.
A che punto è questa lotta diciotto anni dopo?
Questo bisogna chiederlo a quelli che fanno le valutazioni, le analisi, le critiche, io posso parlare del mio impegno e di quello dei ragazzi che incontro. C’è sempre quella disperata voglia di giustizia e di purezza. La leggo negli occhi sia dei giovani carabinieri che dei vecchi e questo mi rende felice.
Lei dove lo passa l’anniversario?
Sono sulla strada, tra i miei uomini, dove mi sento a casa mia. Con i soldati, gente umile e semplice, questo è il nostro mondo, lontano dai salotti, dalle cerimonie e dai chiacchieroni.
Come si è sentito negli anni in cui una certa parte dell’antimafia l’ha accusata?
Quella non è una certa parte dell’Antimafia, quella è una parte della mafia guidata da Riina Salvatore che continua la sua battaglia. A volte sparano con la lupara, a volte con i microfoni. Usano persone diverse, le vestono come gli fa comodo, a volte con la coppola, a volte con la toga, a volte con la penna, ma sempre mafiosetti sono. Non ci fanno paura, ci fanno schifo tutti allo stesso modo.
Ma ci sarà un momento in cui i mafiosi “non dichiarati”, quelli che non sono criminali riconosciuti ma che la mafia la sostengono, la servono e se ne servono, saranno scoperti?
Al di là dei mafiosi, il mondo è stato sempre pieno di vigliacchi e di parassiti. Bisogna saper distinguere. L’importante è che ci siano i giovani che continuano a lottare con umiltà e semplicità senza cercare premi, riconoscimenti, sennò diventano schifosi come quelli che vanno a parlare in televisione.
Da come parla dei giovani, mi sembra ottimista.
Sono molto positivo, vedo molti ragazzi valorosi che hanno voglia di libertà e giustizia e che vivono con rabbia tante ingiustizie. Vuol dire che ci sarà sempre chi combatte. Questo è il principio importante, non è vincere ma che ci sia sempre il principio di libertà e giustizia. Sono realista, perché questa è la realtà che incontro tutti i giorni per la strada.
Il suo ex comandante, il generale Mario Mori, ora è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.
La mafia fa le sue battaglie e perciò continua a tentare di uccidere chi l’ha combattuta e quindi dal loro punto di vista attaccano il generale Mori che è un loro nemico. Il problema non è quello che fa la mafia, il problema è che ci sono delle persone squallide che legittimano la mafia e delegittimano le istituzioni e sono più schifosi dei mafiosi. Quindi bisogna dire ai giovani di stare in guardia. Queste persone sono ciò che rende marcia la società civile. Questi sono vigliacchi che per la carriera o perché collegati con la mafia portano avanti i progetti dei mafiosi e dei parenti dei mafiosi.
Quindi non c’è secondo lei una dose di buona fede o pentimento?
Buona fede? Non sanno nemmeno cosa sia. La buona fede non la vedo in giro, vedo tanti viscidi e vigliacchi.
Come si fa a spiegare ai giovani la differenza?
Io credo che la gente capisca. Capisce che non sono quelli che parlano dai salotti che devono spiegarci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Si è capito chi sono i pagliacci. Sta anche ai giornalisti farlo capire. Non è compito mio, io devo solo eseguire e rimanere umile e servire il popolo con amore e devozione