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 2011  gennaio 16 Domenica calendario

«Fecero bene Craxi e Andreotti ad aiutare Ben Ali» - A sentire Gianni De Michelis, fecero bene Bettino Craxi e Giulio Andreotti a favorire il golpe incruento che nel novembre 1987, in Tunisia, portò al potere Zine el Abidine Ben Ali spodestando Habib Bourguiba

«Fecero bene Craxi e Andreotti ad aiutare Ben Ali» - A sentire Gianni De Michelis, fecero bene Bettino Craxi e Giulio Andreotti a favorire il golpe incruento che nel novembre 1987, in Tunisia, portò al potere Zine el Abidine Ben Ali spodestando Habib Bourguiba. Ministro degli Esteri dal 1989 al 1992, ex potente della Prima Repubblica condannato per Tangentopoli, ex dirigente del Partito socialista italiano tuttora ascoltato da Silvio Berlusconi, De Michelis ne resta convinto. «Quasi tutti siamo rimasti sorpresi che la situazione sia precipitata così presto in Tunisia, anch’io. Sì, certo, era un regime in parte autoritario, però aveva garantito un minimo di sviluppo economico, di apertura culturale e sociale, contenuto i rischi fondamentalisti... Ben Ali aveva costruito una borghesia urbana più solida di quelle di Algeria, Egitto, Marocco» , sostiene l’ex ministro in questa intervista al Corriere. Nel 1999, parlando di quando dirigeva il servizio segreto militare Sismi, Fulvio Martini raccontò in Parlamento alla commissione Stragi: «Negli anni 1985-1987 organizzammo una specie di colpo di Stato in Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali a capo dello Stato, sostituendo Bourguiba» . Nel suo libro «Nome in codice: Ulisse» , l’ammiraglio aveva scritto che le direttive venivano da Craxi, presidente del Consiglio fino all’aprile 1987, e Andreotti, ministro degli Esteri anche dopo. Ricorda? «Era vero. Tenga conto che Bourguiba, pur essendo stato un grandissimo personaggio, era nella seconda metà degli anni ’ 80 vecchissimo, in cattivissime condizioni di salute e di comprensione dei problemi. Il rischio di una transizione gestita da interessi familiari e di clan era molto forte» . Al punto di spingere a quell’operazione? «L’Italia, e in particolare Craxi, fecero bene ad aiutare una transizione tutto sommato indolore, non accompagnata da moti sociali come quelli di adesso e dal resto. Ricorderà che la strada seguita fu di una sorta di colpo di Stato legittimo» . Ricordo una congiura di palazzo, alcuni medici ne dichiararono l’incapacità e Bourguiba venne sostituito da Ben Ali. «La differenza su come andò allora e come va oggi la dice lunga sul cambiamento di contesto. Allora c’era la guerra fredda e l’opzione di mantenere lo status quo era possibile, e anche preferibile. Oggi, è il contrario: riuscire a governare in modo tranquillo situazioni così è impossibile. Il rischio di esiti traumatici è forte» . Poco fa definiva il golpe del 1987 transizione «indolore» . Dipende per chi. Il dissidente Taoufik Ben Brik, autore di «Una così dolce dittatura» , ha descritto sotto Ben Ali «torture di massa» negli uffici di polizia. Ha osservato che politici della sponda Nord del Mediterraneo, ossia italiani, hanno rinforzato il regime «rimpinguando i suoi forzieri e armando il suo braccio contro il popolo» . «Per quel che potevo capire, la cosiddetta democratura di Ben Ali...» . Demo che? «Democra-tura, una democrazia-dittatura. Quella di Ben Ali era la più soft del Mediterraneo. In Tunisia la condizione della donna, indice importante di evoluzione verso il moderno o post-moderno di queste società, aveva fatto grandi passi in avanti. Naturalmente, aveva il limite che se poi quei giovani ai quali si dava istruzione non avevano futuro...» . Perché voi del Psi, seppure non da soli, usavate due pesi e due misure: giuste denunce sulle violazioni dei diritti umani nella parte di mondo sottoposta a influenza sovietica e silenzio su quelle compiute in Paesi arabi, come appunto la Tunisia? «Perché c’era probabilmente un insieme di interessi particolari e di ragionamenti generali. Nel caso della Somalia e della Tunisia erano le soluzioni migliori» . Migliori possibili, intende dire? «L’Algeria scappò di mano, un po’ come la Tunisia. Ma mentre a Tunisi, grazie anche all’azione italiana, la transizione fu indolore, in Algeria seguì oltre un decennio di stragi. Così il Somalia. In politica internazionale, l’approccio giusto è il realismo politico» . Benché fosse un dittatore, con la fuga di Ben Ali viene a mancare ai governi italiani un interlocutore importante per la stabilità del Maghreb. Prevede smottamenti o continuità nei rapporti della Tunisia con l’Italia? «Non lo so ancora. Se il candidato del partito di Ben Ali alla guida della transizione sarà, come sento, l’attuale ministro degli Esteri, che ha un’impostazione ragionevole, filoccidentale, le cose potrebbero andare bene».