Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 16 Domenica calendario

MARCHIONNE NON HA PIÙ SCUSE E ORA DOVRÀ CERCARE I 20 MILIARDI

Adesso che Mirafiori ha votato, adesso che le nebbie (e i veleni) della propaganda cominciano a diradarsi, Sergio Marchionne non potrà più liquidare la questione con un’alzata di spalle e qualche frasetta di circostanza. Non potrà più permettersi di giudicare addirittura “offensiva”, come ha fatto il 3 gennaio, la richiesta di maggiori dettagli sull’immaginifico piano “Fabbrica Italia” con i suoi 20 miliardi di investimenti tra il 2010 e il 2014. Dagli annunci bisogna prima o poi passare ai fatti concreti, magari risolvendo un paio di questioni non proprio secondarie.
PUNTO PRIMO: come verranno finanziati i nuovi investimenti? In altri termini, dove troverà i soldi Marchionne, tenendo conto che entro il 2011, secondo quanto lui stesso ha dichiarato, Fiat vuole anche salire al 51 per cento di Chrysler per poi, possibilmente, sostenerne lo sviluppo? Fin qui il capo del Lingotto ha sempre incassato il sostegno concreto delle banche. Non a caso proprio nei giorni caldi della battaglia di Mirafiori, il numero uno di Intesa Corrado Passera è sceso in campo personalmente dichiarando che “dobbiamo essere tutti vicini alla Fiat”. Questa però è politica. Sul piano dei numeri, quelli di bilancio, è chiaro che l’ipotesi che la Fiat diventi “americana” in tempi molto più brevi rispetto a quelli previsti da principio, è stata considerata con grande attenzione dai vertici dei maggiori istituti di credito nazionali. Se non altro perché questi nuovi impegni andrebbero a sommarsi a quelli di Fabbrica Italia.
Ecco qualche numero, giusto per dare un’idea. Nella migliore delle ipotesi, rimborsando i debiti con i governi americano e canadese e tenendo conto di un possibile (ma tutt’altro che sicuro) sbarco in Borsa entro quest’anno, la Chrysler difficilmente riuscirà a chiudere il bilancio 2011 con un debito industriale netto inferiore ai 3 miliardi di dollari, circa 2,3 miliardi di euro. Una somma che andrebbe ad aggiungersi ai debiti industriali di Fiat auto, che nel prospetto informativo per la scissione, vengono indicati in 2 miliardi. Queste cifre vanno confrontate con un altro dato importante. E cioè che nè l’azienda torinese né tantomeno la Chrysler, che si sta riprendendo solo ora dalla bancarotta, sono ancora in grado di generare cassa in quantità tale da finanziare ingenti investimenti.
Allora si ritorna al quesito di partenza: come pensa Marchionne di finanziare i mastodontici investimenti di Fabbrica Italia? Ci vorrebbe una velocissima ripresa del mercato automobilistico e servirebbe soprattutto che Fiat fosse in grado di cavalcarla. Gli ultimi dati di vendita non autorizzano grandi speranze. E per i tanto attesi nuovi modelli c’è da attendere come minimo alcuni mesi, sempre che siano in grado di ribaltare davvero la situazione. Ecco perchè molti analisti ormai ritengono che quella cifra di 20 miliardi va presa in considerazione solo fino a un certo punto. Insomma, incominciano a pensare che dopo tanti annunci roboanti Marchionne alla fine sarà costretto a fare i conti con la realtà. Andrà a finire davvero così? Al momento pare azzardato fare previsioni, però il passato recente offre qualche indicazione non proprio rassicurante.
IL 26 MARZO 2010 all’assemblea dei soci di Fiat Marchionne aveva arringato la platea con le seguenti parole: “ Nel 2010 i programmi di investimento torneranno a livelli consueti per tutti i settori, con un aumento del 30-35 per cento rispetto al 2009”. Ebbene, nei primi nove mesi dell’anno che si è appena concluso gli investimenti di Fiat (pre scissione) sono passati da 2,15 a 2,31 miliardi. L’incremento, quindi, è stato solo del 7,4 per cento, davvero distante da quel “30-35 per cento” annunciato dal capo del Lingotto. Tra gennaio e settembre del 2010 il gruppo torinese ha aumentato liquidità e utili, ma c’è riuscito anche perchè ha investito meno di quanto previsto. Insomma, il piano Fabbrica Italia è partito al rallentatore. Marchionne però dice che dopo il voto a Mirafiori si parte davvero. Vedremo.