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 2016  marzo 17 Giovedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Ieri Trump ha detto che il 21 marzo diserterà l’ennesimo dibattito televisivo tra repubblicani, e pronuncerà invece «un importante discorso». Poi ha ammonito i suoi: «Ci saranno scontri se la nomination mi sarà negata».

Come può essergli negata la nomination se vincerà le primarie?
Può succedere. La convention che sceglierà il candidato repubblicano alla Casa Bianca, cioè l’uomo che se la vedrà (al 99%) con Hillary Clinton, si svolgerà a Cleveland. Parteciperanno i delegati eletti in ciascuna delle primarie. Ogni delegato avrà l’obbligo di votare per il candidato sostenuto nel suo stato e questo candidato risulterà effettivamente eletto se avrà ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, cioè il 50% + 1. Per ottenere la maggioranza assoluta tra i repubblicani bisogna mettere insieme 1237 delegati. Trump ne ha 646. Potrebbe non arrivarci. In questo caso, a Cleveland, passato il primo turno, i delegati saranno liberi di scegliere chi vogliono, persino qualcuno che alle primarie non si è presentato. Il Partito repubblicano, che non vuole né Trump, al momento in testa, né Cruz (secondo con 397 delegati), potrebbe allora manovrare per mandare contro la Clinton magari John Kasich, che ha vinto in Ohio e ha 142 delegati. Un proverbio - valido però solo per i democratici - dice che chi vince in Ohio entra alla Casa Bianca. Kasich ha vinto in Ohio, dove è governatore, e siccome si votava col maggioritario (il primo prende tutto) ha incassato 66 delegati, e s’è rimesso in corsa. Ma la strada è ancora lunga.  

Che fine ha fatto Rubio?
S’è ritirato e non ha dato indicazioni ai 169 delegati conquistati finora. Se continuerà a stare zitto, alla convention di Cleveland i suoi dovranno cominciare votando (inutilmente) per lui. Ma se dirà «appoggiate X o Y», i delegati, al primo turno, saranno obbligati a obbedirgli. Diciamo che il Partito - nemico come non mai sia di Trump che di Cruz - ha a sua disposizione 169 voti da amministrare. Aggiunti ai 142 di Kasich fa 311. Con quel numero, al momento, non si è neanche secondi. Kasich dovrebbe vincere parecchio per farcela. I grandi finanziatori del Partito repubblicano, che si sono svenati senza frutto prima per Jeb Bush e poi per Rubio (che Bush non ha appoggiato), stanno appunto decidendo se concentrare i loro dollari su Kasich o no. A differenza di Trump, Kasich è sicuramente presentabile, ma forse per i chiari di luna dei repubblicani di oggi è troppo a sinistra.  

Ha senso però, per un partito, ignorare del tutto l’orientamento degli elettori? Allora tanto varrebbe votare Clinton.
È quello che ha sostenuto Newton Gingrich, grande dirigente repubblicano e candidato alla nomination nel 2012, in una dichiarazione resa a urne ancora aperte. Non vedete i sondaggi che confermano la ribellione al partito?, ha detto. E la ribellione al partito, effettivamente, è nelle cose. Trump ha battuto il cubano Rubio in Florida, che è piena di gente scappata da Castro. In base ai sondaggi chi ha votato Trump non la pensa come Trump, ma vuole «uno che gliele canti chiare».  

E se si mettessero insieme Trump e Cruz, diciamo uno presidente e l’altro vicepresidente?
È un’altra ipotesi, e può accadere. I due sono diversissimi, e Trump, che di fondo è un liberale (incredibile), sta parecchio più a sinistra di Cruz. Cruz sostiene che si dovrebbero ammettere solo immigrati di fede cristiana, è contrario all’aborto, favorevole alla pena di morte, contrario ai matrimoni gay, favorevole al taglio delle tasse, contrario alle limitazioni delle armi. Il tutto immerso in un pensiero fortemente beghino, è un battista e suo padre non esita a definirlo «unto del Signore». Un chierichetto.  

Figuriamoci, vicino a uno come Trump che urla, batte i pugni sul tavolo e dice parolacce.
Ritirandosi, Rubio ha detto che in America è in corso uno tsunami e ha ribadito il concetto che Trump è un candidato impresentabile al mondo. Lo stesso tasto toccato da Hillary, dopo le vittorie di martedì. «L’America ha bisogna di un presidente che la difenda, non di uno che la imbarazzi di fronte al mondo intero. L’America è stata resa grande dai valori che oggi Trump calpesta». In casa democratica, dicono gli analisti, esiste un effetto Trump che va proprio in soccorso della Clinton: di fronte alla possibilità concreta che il miliardario ottenga la nomination repubblicana, tutto un voto da establishment - per dir così - si sta dirigendo con convinzione verso Hillary, l’unica a questo punto considerata capace di battere il presunto «mostro». (leggi)

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