Carlo Puca, Panorama 17/3/2016, 17 marzo 2016
QUEI GIOVANI TURCHI NUOVA LEVA DEL PD MAESTRI DI TRASFORMISMO
C’era una volta la grande Storia potenziale. Nato per unire culturalmente due importanti tradizioni politiche (la cattolica e la comunista), il Partito democratico è finito nelle pieghe della cronaca spicciola delle correnti, veri clan in guerra tra loro nella caccia al potere fine a se stesso. Ecco: in tale contesto malmostoso, soltanto alcuni democratici riescono abilmente a fluttuare tra renziani e antirenziani, senza ritorsione alcuna e con rara spregiudicatezza. Quei democratici, va da sé, sono tutti «Gt», cioè soci della componente dei «Giovani turchi».
Nella Storia, i veri Giovani turchi, alla fine dell’800, volevano riformare il sultanato e ci riuscirono pure, salvo poi essere tra i principali protagonisti del genocidio armeno. La circostanza ha portato i Gt italici a virare su un nome più tranquillizzante, «Rifare l’Italia», che pubblica anche una rivista di area, Left Wing, creatura di Francesco Cundari, autore a suo tempo di un Manuale dei Giovani turchi (magari uscirà la versione aggiornata: «I rifacenti l’Italia»). Tuttavia, turchi o rifacenti, il risultato è lo stesso. Figli politici di Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, sostenitori accaniti di Gianni Cuperlo alle primarie dell’8 dicembre 2013, a un giorno dalla sua sconfitta contro Matteo Renzi, i Gt erano già su posizioni filo-renziane. E quando Cuperlo, il 21 gennaio 2014, si è dimesso da presidente del partito, ne ha preso il posto uno dei leader più riconoscibili della corrente, Matteo Orfini.
La presidenza del Pd è comunque soltanto una delle postazioni di potere occupate dai Giovani turchi. Andrea Orlando è ministro della Giustizia; Andrea Manciulli presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato; Valentina Paris responsabile nazionale per gli Enti locali; Rita Borioni consigliere di amministrazione della Rai; Donato Montibello consulente al ministero del Lavoro di Giuliano Poletti; Catiuscia Marini governatrice dell’Umbria; la deputata Valeria Valente candidata sindaco a Napoli; Silvia Velo sottosegretario all’Ambiente; Roberto Gualtieri fa l’europarlamentare, e a Bruxelles è presidente dell’Econ, la Commissione per i problemi economici e monetari, la più delicata, e Renzi, che tra l’altro non si fida più di Federica Mogherini, lo coinvolge continuamente sulle questioni europee.
Più in generale, i Giovani turchi contano su una quindicina di senatori e una cinquantina di deputati in crescita permanente (ora sono arrivati pure i socialisti Marco Di Lello e Lello di Gioia), tra i quali spiccano Cristina Bargero, l’ex tesoriere del partito Antonio Misiani, Khalid Chaouki, il frizzante senatore Stefano Esposito e il deputato Fausto Raciti, che è anche il giovane segretario del Pd siciliano.
Per intenderci meglio sulla spregiudicatezza dei Gt, Raciti, classe 1984 e pubblicamente renziano, in Parlamento passa il suo tempo a pianificare strategie riservate con Vladimiro Crisafulli, classe 1950, in arte Mirello. Ex Pci-Pds-Ds, ex senatore, ex deputato nazionale, ex deputato regionale, ex assessore in Sicilia, Crisafulli non solo si oppone a Renzi, caso rarissimo tra i vecchi mestieranti meridionali, ma resiste pure alla Rottamazione. E ciò provoca nel presidente del Consiglio lo stesso horror vacui di un lancio dal tetto di Palazzo Chigi senza paracadute.
Tuttavia, proprio questo fluttuare tra una corrente all’altra è il segreto del successo dei Giovani turchi. L’ultimo lo hanno portato a casa lunedì 14 marzo, quando il savonese Mattia Zunino, 30 anni, è stato eletto segretario nazionale dei Giovani democratici al termine delle primarie contestate dai giovani siciliani del Pd, che sostenevano Dario Costantino, ritiratosi per «tesseramenti gonfiati, seggi chiusi e intere realtà territoriali arbitrariamente tagliate fuori dalla competizione per non disturbare esiti costruiti a tavolino ben prima di chiamare i giovani a votare». Nonostante una denuncia così dura, il partito romano ha taciuto all’unisono proprio perché Zunino è un Gt e in quanto tale ha messo d’accordo tutti, renziani e antirenziani. Accadrà anche a Napoli, dove è ancora viva la controversia sulle primarie che hanno incoronata un’altra turca, Valeria Valente, per la quale voterà pure la minoranza interna guidata Bersani (il suo erede, Roberto Speranza, è stato fin troppo schietto). Sia chiaro: se ancora si parla di Napoli è soltanto per la potenza mediatica di Antonio Bassolino. Sennò la polemica sarebbe già chiusa.
Il fatto è che nel Pd attraversato da faide ciniche e «doppiomoralistiche», i Giovani turchi sono una soluzione tranquillizzante. Con la minoranza antirenziana possono spendere il loro dna di sinistra, con la maggioranza renziana la loro fedeltà al leader.
Sono così rassicuranti, i Giovani turchit, che il vecchio compagno Ugo Sposetti va proponendo Orlando come candidato di mediazione alla segreteria del Pd per il congresso del 2017. Attenzione, Sposetti non è uno qualunque: è l’uomo che ha in mano la cassa dei vecchi Ds, centinaia di milioni di euro in proprietà immobiliari spalmati su una miriade di fondazioni regionali che fanno capo tutte a lui.
E se ora ai Giovani turchi arrivano pure i soldi, non ce n’è più per nessuno, nemmeno per gli ex maestri rottamati per conto terzi; anzi, per conto Renzi. Ecco: con Bersani e D’Alema ancora in auge, i Giovani turchi sarebbero poco più di nulla. Da veri cinici, però, il lavoro sporco l’hanno fatto fare a quelli che ora potrebbero sostituire. Geniali davvero.