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 2016  marzo 17 Giovedì calendario

La rinascita di Santa Maria Antiqua, la Cappella Sistina del Medioevo

Ci sono, nella chiesa di Santa Maria Antiqua, due grandi stupori che si rispecchiano l’uno nell’altro. Lo stupore dei visitatori che ammirano per la prima volta gli affreschi di oltre mille anni fa e quello delle figure affrescate che osservano i visitatori con il loro sguardo intenso.
Dalle pareti della basilica incastonata nelle rovine del Foro Romano si riaffaccia una folla di santi e vergini col bambino, di angeli e madri regine, di martiri cristiani e perfidi imperatori, di papi che scendevano nella basilica dalla loro residenza ai piani superiori lungo una rampa che oggi viene riaperta e dalla quale si può accedere al Palatino. Sono rimasti al buio per secoli: dall’847, quando furono sepolti dalla frana provocata da un terremoto, fino al 1900, quando l’archeologo Giacomo Boni li riportò alla luce. Santa Maria Antiqua è stata la Cappella Sistina del Medioevo, ma fino ad oggi solo alcune persone hanno potuto vederla, a parte gli studiosi. Dopo oltre trent’anni di laboriosi restauri, gli affreschi sono finalmente accessibili al pubblico. Per l’inaugurazione è stata allestita anche una piccola mostra, con l’icona della Madonna col bambino salvata dopo il terremoto e oggi in Santa Maria Nova, le fotografie del Foro scattate da Rodolfo Fiorenza, le teste in pietra dei regnanti all’epoca in cui fu fondata la chiesa, tra le quali spicca il gruppo che alcuni riferiscono all’imperatrice bizantina Ariadne, altri alla regina dei Goti Amalasunta. Importanti, perché l’intero ciclo pittorico della chiesa si svolge all’insegna dei due linguaggi, il gotico e il bizantino, che non si presentano sovrapposti per epoche, ma continuamente oscillanti tra l’una e l’altra identità, come ribadiscono Maria Andaloro, Giulia Bordi e Giuseppe Morganti, che da anni studiano il sito e ora curano la mostra.
Per rendere comprensibile al grande pubblico questa iconografia i tre curatori hanno costruito un percorso multimediale che restituisce le parti decorative in opus sectile, sottolinea i diversi strati delle pitture, racconta la storia dei personaggi raffigurati, accompagna lo spettatore con una colonna sonora di brani musicali del Medioevo. Si attraversano le tre navate della basilica, ricavate nel VI secolo dentro i resti monumentali del quadriportico del palazzo di Domiziano. Gli ambienti di fondo diventarono protesi, diaconico e presbiterio, come ancora oggi nelle chiese ortodosse. Scavando nel muro del presbiterio, fu aggiunta in seguito l’abside. Ed è qui, sul lato destro dell’abside, che si squaderna la cosiddetta «parete del palinsesto». Custodisce, secondo gli studiosi, il testimone più ricco, sfaccettato, stratificato dell’arte cristiana tra il VI e l’VIII secolo. Una parete di pochi metri quadrati che oggi, dicono Andaloro e Bordi, «appare come un patchwork di immagini che colpiscono l’osservatore per l’incongruenza compositiva, iconografica e stilistica che le contraddistingue. Quelle immagini sono brani pittorici che appartengono a intonaci diversi, stesi in epoche diverse, costretti a convivere visivamente per le cadute accidentali di frammenti degli stessi intonaci». Così possiamo vedere simultaneamente quello che resta dei diversi strati: l’aspetto ieratico di Maria Regina, sfolgorante in una profusione di oro, gemme e perle, che convive con l’espressione plastica dell’Angelo Bello, frammento di un’Annunciazione successiva.
Tra le infinite storie che si dipanano nelle altre pareti della chiesa, notevoli quelle di Cosma e Damiano e di Ciro e Giovanni, i santi guaritori, replicati nella fascia bassa della cappella a destra del presbiterio, in modo che i malati sdraiati su un lettuccio potessero osservarli da vicino. Si praticava infatti, davanti a queste immagini, il rito dell’ incubatio, di derivazione pagana. A Roma ne offre un esempio l’ospedale dell’Isola Tiberina, che già nel 289 a. C. accoglieva i malati per disporli intorno alla statua del dio Esculapio. Di notte, i malati dormienti ricevevano la visita di Esculapio che indicava a ciascuno la terapia da seguire, oppure guariva lui stesso le parti sofferenti.
Pare che funzionasse, a giudicare dagli «ex voto» ritrovati sull’Isola e dal fatto che un millennio più tardi fosse ancora applicata, con i santi cristiani al posto del dio greco. I medici di oggi non escludono le guarigioni: si tratterebbe di un effetto placebo.