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 2016  marzo 17 Giovedì calendario

In confronto a Trump e Cruz, il forcaiolo Richard Kasich sembra l’ultimo baluardo della ragionevolezza. Intorno a lui si aggregano i repubblicani moderati

Con il tic di piegare spesso il capo mentre parla, come se portasse quel collarino da sacerdote cattolico che da ragazzo voleva indossare, e il tono sommesso e conciliante di chi vuol farsi ascoltare tra gli strepiti, John Richard Kasich è oggi l’ultima spiaggia della ragionevolezza e della moderazione centrista verso la quale il relitto del Partito Repubblicano americano nuota per non naufragare.
Le probabilità che questo politico sessantatreenne di lungo corso, che tra assemblee di Stato, Congresso a Washington e governatorato dell’Ohio è nella professione dal 1978, possa diventare la zeppa che ferma il panzer Trump sono minuscole. Ma il “Progetto Kasich” che i mandarini e i pezzi da 90 repubblicani stanno architettando in queste ore a Washington è un piano d’emergenza, un’operazione da kamikaze elettorali. Se Trump e il secondo in classifica, l’uomo che friggeva la pancetta sulla canna del fucile automatico arroventato, il texano Ted Cruz, non dovessero raggiungere la maggioranza assoluta dei delegati alla Convention di Cleveland, Kasich, l’Uomo Tranquillo, potrebbe raccogliere i cocci del partito e strappare la nomina.
Calcoli disperati, da congressi di partiti italiani della Prima Repubblica, che il protagonista, Kasich, sembra guardare con apparente indifferenza, mentre, come le anatre che in superficie scivolano imperturbabili, sotto l’acqua zampetta furiosamente. Dopo la vittoria nel suo Ohio, lo Stato che governa con fortuna e con grande successo di popolarità anche grazie al petrolio succhiato con il fracking, è volato in Pennsylvania, un altro Stato non dissimile dal suo dove può avere qualche chance. Predicando “unità”, “ottimismo” e un generico “vogliamoci bene”.
Poche chance, ma la sua storia di Uomo Tranquillo, di uomo qualunque senza essere qualunquista, lascia l’illusione della sopravvivenza ai repubblicani che detestano insieme l’imbonitore coi capelli color carota e il fanatico ideologo Cruz. Kasich sarebbe, semmai ce la facesse, il primo candidato alla Casa Bianca venuto dall’Europa dell’Est, la Cecoslovacchia del padre e la Croazia della madre cattolicissima, che lo portò per mano verso gli altari delle chiese cattoliche di Pittsburgh, dove la famiglia viveva. Mentre i genitori si dedicavano alla Posta, la madre in un ufficio postale, il padre con il furgoncino delle consegne, il giovane John serviva Messa e cullava una fragile vocazione sacerdotale. Demolita dalla vita materiale nei dormitori della Ohio University, che frequentò.
Ma della sua formazione cattolica ha conservato, a differenza della spregiudicatezza egocentriche di Trump o dell’asprezza calvinista di Cruz, il rimorso per i poveri e i perdenti nella corsa dei topi. Da governatore dell’Ohio, suscitando lo scandalo dei repubblicani puri e duri, accettò i finanziamenti federali offerti dall’esecrato Obama per l’assistenza medica gratuita agli indigenti, in cambio del sì alla riforma della Sanità. Quando il partito lo fustigò, Kasich, piegando il collo per liberarsi dall’immaginario collare, non citò economisti o politologi, ma il Vangelo secondo Matteo.
Rimase orfano già adulto, a 30 anni, quando i genitori perirono insieme in un incidente stradale, e la originaria devozione cattolica, oggi mutata in una versione ultraconservatrice della Chiesa Anglicana, non gli ha impedito di divorziare e sposarsi due volte. La seconda con la statuaria Karen Waldbillig, che gli ha dato due gemelle ora sedicenni e che lo accompagna con le due ragazze nell’odissea della campagna elettorale.
Ma la moderazione, la ragionevolezza, la positività del figlio dei due sfortunati postini sembrano tali solo nella relatività di questa stagione elettorale, se misurate contro le fanfaronate nazionaliste di Trump e la gelida brutalità reazionaria di Cruz. Kasich è fanaticamente anti-aborto, dichiaratamente pro-lobby delle armi, concretamente forcaiolo, come ha dimostrato firmando 17 condanne a morte da governatore senza mai concedere grazie e commutazioni. E devoto al fracking che ha permesso al suo Ohio di raddrizzare i bilanci a ogni costo ambientale.
Con i suoi 142 delegati al Congresso conquistati finora, è lontanissimo dai 661 di Trump e dai 405 di Cruz e il traguardo dei 1.237 necessari per essere incoronati alla prima votazione congressuale è per lui matematicamente irraggiungibile. Il fatto che ora i repubblicani moderati, e gli ex colleghi nelle aule della Camera e del Senato che lo ebbero a fianco per anni, lo preferiscano agli altri due e costruiscano scenari impossibili di “golpe” procedurale al Congresso, è soltanto la dimostrazione di quanto indigeribili siano Trump e Cruz. Almeno sino a quando Kasich, torcendo la testa nella stretta del collarino della propria coscienza, si rassegnerà a dare la propria benedizione al vincitore, magari sperando in uno strapuntino da vicepresidente.