ItaliaOggi, 17 marzo 2016
Contro quei birbanti matricolati degli scienziati
Nelle società che si spacciano come liberali, c’è una lotta continua fra i politici e i cittadini. I primi sono focalizzati nel mettere sotto controllo le azioni dei secondi, considerandole, o sbagliate o inopportune. Più si ritengono capaci, più producono normative di ogni tipo, attraverso i loro scherani, miserabili funzionari statali, per costringerci a diventare una società perfetta (non l’hanno ancora capito che non esiste?). Per questo si avvalgono pure di scienziati, o spacciati per tali, che producono valanghe di pubblicazioni scientifiche, considerate come verità assolute, purché siano edite in determinate riviste di sistema.
Se hai avuto la fortuna, come me, di vivere a lungo, ti accorgi che questo è un meccanismo idiota che conferma la validità di due leggi che sfidano i tempi e le mode. Quella di Parkinson: «l’uomo più ha tempo a disposizione, più ne spreca», e quella di Murphy: «Se qualcosa può andare male, andrà male».
Quando nacqui (anni ’30) gli scienziati, sia fascisti sia demoplutocratici, dicevano: «il cioccolato fa male, il latte è un dono di Dio». Michele Ferrero, genio assoluto del ’900, si inventò Kinder, coniando uno slogan insuperabile «più latte meno cacao» per andare incontro alle sensibilità delle mamme, e al contempo vendere al prezzo del cacao il latte delle Langhe. Ora, i nipoti di quegli stessi scienziati ci dicono: il cioccolato è cibo degli Dei (è pure antidepressivo, e sappiamo quanto ve ne sia oggi bisogno) e il latte fa male (di certo si riferiscono all’orrendo latte europeo che costa meno dell’acqua gasata).
Così lo zucchero, allora dava energia, i fagioli flatulenza, oggi l’uno ti fa diabetico, l’altro vegano. Per non parlar della carne rossa, allora faceva crescere, oggi provoca il cancro al colon, e pure quello al polmone, perché i bovini, con i loro fiati e scorregge, secondo gli scienziati inquinano il pianeta. Un dato mi sfugge: se noi, 7,3 miliardi di cittadini del mondo diventassimo di colpo vegani, e ruminassimo lo stesso cibo dei bovini (nel frattempo scomparsi), quindi elaborassimo i loro stessi processi naturali, non raggiungeremmo lo stesso tasso di CO2?
Quand’ero di mezza età, se non correvi due ore al giorno, se non praticavi diete feroci, non ti facevi di lassativi, non ti riempivi, fino a esondare, di «acqua minerale naturale, mi raccomando a temperatura ambiente» eri out (fui out per decenni). Oggi dicono che le diete feroci fanno ingrassare, correre troppo è male, troppa acqua affatica i reni. Nato povero vissi (bene) da vegano (ignorandone il significato), da adolescente divenni onnivoro (prima il formaggio, poi la carne), mi trovai bene, da onnivoro vorrei morire, ma gli scienziati non ci stanno: vogliono che torni vegano. Ma nell’alimentazione non intendo mollare, neppure sotto tortura, piuttosto ricorro allo stomaco in affitto, nel civile Canada.
Conclusioni? Gli scienziati sono dei birbanti matricolati: le loro pubblicazioni hanno di norma una vita di 20 anni, per tale periodo sono considerate verità assolute. Poi giovani ricercatori, spesso delle stesse università, producono teorie opposte che, «vendute» con la stessa supponenza dei loro padri e nonni, diventano, a loro volta, verità assolute per un ventennio. E il ciclo si ripete all’infinito. Nel frattempo loro campano, e bene, producendo e vendendo CO2.