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 2016  marzo 17 Giovedì calendario

Fill si prende la Coppa del mondo di discesa ed entra nella storia

C’è tutta una vita, un’intera carriera, trentatré anni che scorrono veloci nella mente di Peter mentre lui fissa il cronometro al traguardo di St. Moritz. Si guarda attorno ancora incredulo, interroga gli allenatori: «Allora? È fatta?». Sì, è fatta. «Hai vinto», gli urlano. E finalmente Fill può lanciare quell’urlo liberatorio che gli era rimasto in gola, che aspettava da sempre di raccontare al mondo la storia di un campione dello sci, il nuovo re della discesa libera. È finita la coppa del mondo e l’azzurro mite e caparbio, il papà affettuoso che ha coronato un sogno, scopre di essere entrato nella storia: è il primo italiano a conquistare il trofeo degli uomini-jet, non ci era mai riuscito nessuno. Un capolavoro realizzato sotto la neve, su una pista selettiva. Il derby italiano con Paris è stato uno spettacolo, un gioco di nervi e adrenalina pura, anche se ieri Dominik è sceso con la gamba e il gluteo dolorante, troppo acciaccato per una finale. Peter aveva addosso tutta la pressione, non poteva sbagliare. Fatica a vestirsi da star: «Sono felice, questo è il risultato più importante della mia vita. Non era affatto facile, quando sono partito non c’era visibilità». Eppure è volato nell’olimpo e si è preso il trofeo di cristallo.
«Il successo più grande»
L’orgoglio è quella coppa che tiene tra le mani, e l’unica concessione alla mondanità è quel selfie fatto con Lindsey Vonn sul podio, la regina della velocità. Ora Fill vive una favola, la sua vita da anti-personaggio diventa un romanzo gustoso. «Essere riuscito a vincere il trofeo di discesa per primo in Italia rende tutto ancora più bello». Con i soldi della coppa pagherà un altro pezzo di mutuo della casa, una prima parte di debiti l’aveva saldata con il premio incassato dal successo di Kitzbühel. «È il mio nido, in estate Manuela ed io abbiamo deciso di sposarci, stiamo insieme da 15 anni. Questo anno incredibile è merito suo. E a maggio nasce il secondogenito. Poi chissà, non ci fermeremo a due...». Sci, figli e famiglia. Peter è il campione normale, il carabiniere di Castelrotto che ama trascorrere la giornata in famiglia camminando sui sentieri dell’Alpe di Siusi. L’unico svago che si concede, e non sempre, è per le partite della Juventus; il resto è fatto di lavoro, sci, neve e trasferte. I lustrini non fanno parte del suo Dna e persino nel parterre di St.Moritz la festa è stata intima. Il legame con la famiglia è strettissimo. A St.Moritz l’ha seguito il padre Luis: «Finalmente Peter ha avuto fortuna. Ci voleva, questa coppa io l’aspettavo da tanto». È stato lui a mettere il re di coppa sugli sci all’età di tre anni, ad insegnargli quella tecnica che l’avrebbe portato così in alto. La vita per l’azzurro non è mai stata facile, i suoi 175 centimetri di altezza non l’hanno mai favorito in questo circo di giganti, per vincere ci vuole un fisico bestiale. Lui ha usato la testa. E ha avuto ragione.