Claudio Ghisalberti, La Gazzetta dello Sport 17/3/2016, 17 marzo 2016
IL NUOVO SAGAN È ANCHE BIO
Peter Sagan comincia l’intervista stando a ruota: studia, si difende e rilancia. Aspetta di essere stuzzicato da una domanda e rintuzza cercando di spiazzarti o di distrarti. Ha appena finito di pranzare e beve un bicchiere di minerale con il limone. Nel frattempo gioca, ride, cerca di irretirti con un ritmo fatto di accelerazioni, rallentamenti e molti cambi di traiettoria. Poi, come in corsa, carbura, si scioglie e dà gas: spiega e argomenta, dialoga e approfondisce. Si appassiona anche. Allora, per essere sicuro che l’interlocutore capisca bene, apre anche il suo smartphone e mostra foto custodite gelosamente. Così, partiti per arrivare in via Roma, traguardo sabato della Sanremo, si spazia fino alla Slovacchia e alla «sua» Zilina passando anche attraverso la rivelazione di piccoli segreti.
Sagan, alla vigilia del primo grande appuntamento 2016 la condizione è quella desiderata?
«Non importa la condizione, contano i risultati».
Beh, tra i big è l’unico che non è ancora andato a bersaglio.
«Prima o poi la vittoria arriva, sono tranquillo. In questo avvio di stagione sono sempre stato in lotta per il successo. Poi rispetto a tre anni fa, quando per me era più facile vincere, si corre in maniera differente».
Nel senso che ora è molto più controllato?
«Certo, anche se ormai ci sono abituato. I miei avversari mi conoscono bene».
Poi con quella maglia addosso… Cosa cambia a indossare l’arcobaleno rispetto alla maglia del team?
«Niente, a parte l’enorme piacere e il grande orgoglio. Per il resto non cambia nulla, nessuno ti fa regali, nessuno ti lascia passare».
Veniamo alla Classicissima: per lei, come si dovrebbe sviluppare tatticamente la corsa ideale?
«Non lo so, sarà come sarà. Parto che voglio vincere e sono pronto ad adattarmi a ogni situazione. Farò il massimo».
E allora come sarebbe, invece, la corsa meno gradita?
«Stesso discorso. In fondo non ha molto senso neppure pensarci e parlarne».
Chiederà consigli a qualcuno su come correre?
«No. Starò a ruota degli altri. Aspetterò a vedere che cosa succede».
Il primo ricordo della Sanremo? Lo sa che l’ultimo iridato a vincerla fu Beppe Saronni nel 1983?
«Nessuno, non la conoscevo neanche. Nel senso che fino a quando non sono passato professionista non sapevo neppure che esistesse. L’ho scoperta solo nel 2011».
E che effetto le ha fatto?
«Sono 300 chilometri. Tanti».
Che corsa è la Classicissima?
«E’ la più lunga e la più facile. Ma molto difficile da vincere (fu secondo nel 2013, ndr)».
Il punto chiave?
«Non lo conosco, altrimenti ne avrei già vinte cinque! Ogni anno è una corsa diversa e su questo influisce anche il meteo».
È previsto sole. Per lei cambia qualcosa?
«A me va bene tutto. Sono umile, arrivo dalla povertà e non mi lamento mai».
A proposito delle variabili: preferisce l’arrivo attuale in via Roma o quello di prima in lungomare Calvino?
«E cosa cambia? Niente. Stesso discorso per il percorso, bisogna fare con quello che si ha anche se me piacerebbe di più una Sanremo con le Manie e magari pure la Pompeiana».
Addirittura?
«Sì. Per i velocisti sarebbe più difficile. Io non sarà mai uno scalatore, ma non mi sento neppure un velocista».
Quando capirà se è da battaglia o da compagnia?
«Negli ultimi chilometri. Quando si sta decidendo la gara, devi esserci ed essere lucido. Prima puoi stare bene e poi spegnerti di colpo. Oppure, non sentirti granché e di colpo trovare la gamba giusta. Le persone che non hanno mai corso non so se capiscono questo».
I rivali sabato?
«Fabian (Cancellara, ndr) pedala molto bene. Poi dipende quanti velocisti passano il Poggio. Di sicuro in volata ci saranno Matthews e Van Avermaet. Non credo che Greg attaccherà sul Poggio».
La discesa può essere decisiva?
«Se piovesse sì. Oppure se qualcuno scendesse senza freni. A parte le battute: in discesa non guadagni niente».
Ci sarà anche Nibali. Che cosa può fare Vincenzo?
«Mancano le salite per lui. Però è un grande corridore che sa interpretare bene le corse. In discesa è fortissimo e potrebbe inventarsi qualcosa».
Prima del via sente la corsa? È nervoso?
«No, sono abituato alla pressione, a essere tra i favoriti. Però non voglio vicino persone nervose. Mi creano stress. E questo ogni tanto capita. Non ho riti prima del via, non parlo molto alla radio durante la gara».
Cosa chiederà ai suoi compagni di squadra della Tinkoff?
«Calma, e di restare sempre a contatto visivo. Quando passiamo il Poggio facciamo la conta: più siamo meglio è».
Se ne parla in Slovacchia della Sanremo?
«Adesso sì, prima non tanto. Da quando ci sono io il ciclismo, in generale, in Slovacchia è cresciuto molto. Anche il mio team è in continua evoluzione».
Si riferisce alla Peter Sagan Academy di Zilina?
«Sì. Siamo arrivati a quasi 60 ragazzi dagli 8 ai 18 anni e tra loro c’è anche chi ha delle doti per fare il corridore. Per il prossimo anno contiamo di fare anche una squadra under 23. Io ci metto un po’ di “schei” (soldi, in dialetto veneto, ndr), ma un grande aiuto arriva da Sportful, Tacx e Sunroot. Anzi, a proposito…».
Dica.
«I loro prodotti, tutti bio, li ho introdotti nella dieta e in quella dei miei compagni. Sono a base di topinambur (una radice, ndr) e hanno potere antiossidante, disintossicante, digestivo, sono energetici e aiutano nel controllo del peso». Poi, con quel passo stanco e un po’ ciondolante, se ne va. Lo attende Maros Hlad, l’uomo custode dei suoi muscoli, per un massaggio rilassante. Fuori piove e fa freddo. Dopodomani a Sanremo potrebbe spuntare l’arcobaleno atteso da 33 anni.