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 2016  marzo 17 Giovedì calendario

Il mistero della lettera in cui Mazzini cita l’Eneide

C’è un mistero da risolvere nella lettera che Giuseppe Mazzini spedì al patriota siciliano Francesco Schifani il 14 settembre del 1870. È una lettera inedita, ritrovata con tante altre missive dai discendenti di Schifani, a Troina, provincia di Enna. Tra cordialità e formule di circostanza, con l’accorato linguaggio risorgimentale che descrive l’Italia che «deve essere amata» e invita a tenersi fedele «all’onore e alla grandezza della Patria», Mazzini scrive una frase in latino, che sembra priva di alcun senso in quel contesto. Cita l’Eneide di Virgilio, nel passaggio in cui Enea, sulle coste della Libia, incoraggia i suoi uomini, dicendo pressapoco: «Tra varie peripezie, tra tanti rischi, puntiamo verso il Lazio». Il professore Umberto Levra, presidente del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino, suggerisce l’ipotesi su cui lavorare: bisogna fare attenzione alla data e al timbro. Mazzini scrive sei giorni prima della breccia di Porta Pia e il timbro è quello del procuratore generale di Lucca, che indica che la lettera è passata al vaglio della censura del Regno. «Credo che sia un messaggio in codice – spiega Levra – che invita a darsi da fare contro il potere temporale del Papa. Si sapeva che i piemontesi stavano per arrivare a Roma: forse, è una prima interpretazione, le parole di Mazzini ci restituiscono il tentativo di battere sul tempo il regio esercito».
Una possibilità, una deduzione: servirà uno studio approfondito per interrogare le carte: e per portarlo avanti, il Comune di Troina, in collaborazione con il Museo di Torino, ha istituito una borsa di studio destinata a un giovane ricercatore che si troverà tra le mani le lettere di Mazzini, ma anche di Garibaldi e Federico Campanella. «Figure importanti – spiega ancora Levra – ma non devono mettere in ombra anche il valore di tutte le altre contenute nell’archivio in cui troviamo la testimonianza delle reti cospirative che, dopo l’Unità, diventano reti di relazioni a sostegno dei democratici». Una testimonianza di come venne vissuto in Sicilia il periodo post unitario e del senso di delusione che albergava negli animi di personaggi come Schifani per le riforme mancate che auspicavano i mazziniani. Il patriota di Troina, rappresentava l’élite democratica antiborbonica che si aspettava dall’Unificazione le riforme sociali che non arrivavano. E in quello che fu il fenomeno del brigantaggio finì in parte anche il malcontento dei delusi e disillusi.
Deluso, Schifani lo era; disulluso no: cospiratore prima dell’Unità, carbonaro, massone fondatore di una loggia, a Unità avvenuta non smise di credere nella possibilità di cambiare la neonata Italia. «Schifani profonde un grande impegno – aggiunge Levra – promuovendo iniziative come collette a sostegno dell’azione dei garibaldini e dando vita a quelli che possiamo definire giornali, anche se spesso uscivano in un numero unico, per diffondere le sue idee».
L’archivio – tra cui una presunta ciocca di capelli di Mazzini – erano in una busta. Maria Rosa Russo parla per gli eredi, Schifani era il nonno di suo nonno: «È stata un’emozione incredibile trovare quelle carte, ci sembrava stupido tenerle in un cassetto. Abbiamo voluto donarle al sindaco, uomo di cultura». Fabio Venezia, primo cittadino di Troina, è laureato in Filologia. Giovane sindaco sotto scorta, che sfida le mafie e punta sulla cultura per rilanciare l’economia della città, 9.500 abitanti. Ed è così che ora Sicilia chiama Piemonte: Venezia ha coinvolto il museo di Torino per studiare le carte e per poi creare un museo del Risorgimento anche a Troina.