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 2015  settembre 30 Mercoledì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Una volta all’anno, più o meno a settembre, si riunisce l’Assemblea generale dell’Onu, arrivano a New York i leader di tutti i paesi del mondo, salgono sul podio, dicono quello che vogliono, le loro figurine si stagliano sullo sfondo verde scuro, i giornali nazionali preparano grossi titoli sui loro papaveroni qualunque cosa abbiano ascoltato, ieri per la prima volta ha parlato anche Renzi, leggeremo quindi oggi parecchi titoli su Renzi all’Assemblea generale dell’Onu, un discorso in definitiva carino, appoggiamo la coalizione anti-Is, lottiamo al fianco di Usa e Arabia contro il finanziamento dell’Is, denunciamo gli abusi delle ong che mandano soldi all’Is, difendiamo i social-network anche se è attraverso i social-network che l’Is recluta, per l’Italia tuttavia la priorità non è l’Is, ma la Libia, ecc. Anche se all’Assemblea Generale dell’Onu hanno parlato, o parleranno, uomini del calibro di Obama e Putin, Ban Ki-moon, Dilma Roussef, l’iraniano Rouhani, Hollande, il capo del Qatar sceicco al Thani, l’egiziano al Sisi, eccetera eccetera, le cose davvero importanti sono avvenute, avvengono e avverranno a lato, nei corridoi, in qualche ufficio o stanzetta riservata. Qui l’altra notte si sono incontrati Obama e Putin, i loro discorsi dal podio vanno dunque incrociati su quanto si sono detti a quattr’occhi, così da valutare la consistenza di una possibile intesa per far la guerra allo Stato islamico e anche per capire, nell’eterna partita a scacchi tra i due che si detestano (s’è parlato persino di reciproca ripugnanza fisica), se il fatto di incontrarsi rappresenti un punto vincente per l’uno o un punto vincente per l’altro, e perché...

Prima di addentrarci nei soliti arzigogoli della diplomazia planetaria, capiamo che cosa si sono detti in quell’ora e mezza.
In una parola, le cose stanno così: tutti e due hanno capito che una qualche intesa, con l’avanzata di al Baghdadi, è inevitabile, ma Obama vuole che qualunque alleanza parta dal presupposto che il presidente della Siria, Assad il massacratore, sia abbattuto. Putin invece difende e protegge Assad, come ha sempre fatto, e sostiene che non si può battere lo pseudocaliffo senza le truppe del presidente siriano. Forse i due potrebbero accordarsi per un periodo di transizione, durante il quale sarebbe studiata una sistemazione onorevole per l’ex oculista Assad? Lo si mormora, ma bisogna crederci fino a un certo punto.  

Perché?
Beh, bisogna chiedersi perché Putin appoggia il massacratore Assad. L’idea che si tratti di simpatia personale è naturalmente esclusa. La ragione è ovviamente geopolitica: la Russia cerca uno sbocco sul Mediterraneo da tre secoli e mezzo, Assad glielo garantisce (è il porto di Tartus dove Putin ha una base militare), un governo amico degli americani di sicuro lo sfratterebbe. Obama non vuole che i russi si affaccino sul Mediterraneo, dunque Assad è un nemico da combattere fino in fondo. All’inizio del conflitto la linea di Obama era quella di Luttwak: siccome nella guerra civile siriana sia i ribelli che il governo sono nemici dell’America conviene lasciare che si massacrino all’infinito in una specie di pareggio perenne. Poi è intervenuto lo pseudocaliffo, e la faccenda ha cambiato aspetto.  

L’incontro all’Onu è un successo di Putin o un successo di Obama?
Un successo di Putin, senz’altro. Obama ha dovuto piegarsi a una trattativa non solo perché le milizie russe stanno ormai combattendo da molti giorni accanto a quelle siriane, ma soprattutto perché si è saldata un’alleanza tra Russia, Iraq, Iran, Siria e hezbollah libanesi. Gli aerei russi hanno trasferito uomini e materiali a Latakia seguendo questa rotta: Russia-Iran-Iraq-Siria. Gli americani hanno chiesto al governo iracheno di non lasciarli passare. Il governo iracheno, che sta lì grazie agli americani, ha addirittura fatto finta di non sentire, e domenica scorsa ha annunciato la nascita di un comando militare unificato dei cinque alleati con sede a Baghdad. Obama ha dovuto trarne le conseguenze: nell’area che gli americani stessi hanno sconvolto con l’invasione dell’Iraq del 2003 veri padroni risultano adesso i russi e con loro il radicalismo islamico che si voleva punire in modo definitivo per l’11/9. Ricominciare a parlare con Mosca (dopo quindici mesi) era il minimo che il presidente potesse fare. Si chiama: prendere atto della sconfitta.  

Pazzesco, perché lo sforzo più imponente è proprio quello americano.
Circa 7.100 raid, di cui 4.506 in Iraq e 2.579 in Siria. Qualche incursione è stata fatta anche da britannici, australiani, francesi e altri paesi europei. Gli arabi, tra i principali responsabili della forza attuale dell’Is (all’inizio la finanziarono), per ora si limitano a mettere a disposizione piste negli Emirati, in Giordania, Kuwait, Qatar.

• Quale sarebbe a questo punto la forza dell’Is?
Si parla di un esercito di centomila uomini, il cui nucleo combattente più forte è formato da 15 mila miliziani. Sono professionisti della guerra. Pieni di fanatici occidentali che prima o poi torneranno a casa ad applicare la lezione che hanno imparato laggiù. (leggi)

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