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 2015  settembre 30 Mercoledì calendario

NEL CIELO È SCRITTO IL MESSAGGIO DI DIO


[Guy Joseph Consolmagno]

CASTEL GANDOLFO (ROMA) – SETTEMBRE
«Studiare l’universo significa conoscere il Creatore in modo intimo», ci dice il gesuita Guy Joseph Consolmagno, nuovo direttore della Specola vaticana, l’osservatorio astronomico della Santa Sede, uno dei più antichi in Europa. «L’universo è un libro scritto da Dio. Imparare a leggerlo significa “scoprire” il messaggio che il Creatore ha messo in ogni cosa. La mia fede mi dice chi ha creato l’universo mentre la mia scienza mi spiega come ha fatto».
Il 18 settembre scorso, Papa Francesco ha fatto visita alla specola che si trova a Castel Gandolfo e che per tradizione è gestita dai Gesuiti. Nella nostra epoca, l’astronomia è di grande attualità e importanza. E la Chiesa ha scelto come responsabile delle ricerche della Specola vaticana uno degli esponenti più prestigiosi in questo settore. Prima di diventare religioso gesuita, Guy Consolmagno aveva conseguito tre lauree, una al celebre Mit, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, negli Usa, dove è stato anche docente. Autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche e di libri divulgativi tradotti in varie lingue, attualmente è considerato uno dei massimi esperti al mondo di meteoriti. In suo onore, l’Unione astronomica internazionale ha battezzato un asteroide con il nome di “4597 Consolmagno”, chiamato nell’ambiente scientifico “Little Guy”.
Abbiamo parlato con Consolmagno mentre ci faceva visitare la Specola vaticana, mostrandoci i laboratori di ricerca e la biblioteca dove sono conservati oltre ventiduemila volumi, tra cui antiche edizioni originali di Copernico, Keplero e Newton.
Fratel Guy, lei è uno scienziato e un religioso. Qual è il rapporto tra la Chiesa e una scienza come l’astronomia?
«Da sempre la Chiesa sostiene l’astronomia. Un tempo era una delle quattro materie che formavano il “Quadrivium”, il percorso di formazione nelle università medievali fondate dalla Chiesa. Sant’Atanasio, nel IV secolo, disse che l’incarnazione di Cristo ha reso sacro l’universo stesso: studiarlo, quindi, è un po’ come pregare. Non è vero che Chiesa e scienza sono in antitesi: basti pensare che l’astrofisica moderna si basa sull’operato del 1860 del gesuita padre Angelo Secchi. Oppure che la teoria del Big Bang è stata originariamente proposta da un sacerdote belga, Georges Lemaître. È sbagliato pensare che la Chiesa o i credenti debbano diffidare della scienza. Dobbiamo invece ricordare le parole di san Giovanni Paolo II, e cioè che non vi è alcun bisogno di temere la scienza né ciò che ci può insegnare, perché “la verità non contraddice la verità”».
Cosa ha detto papa Francesco quando è venuto in visita alla Specola?
«Ci ha incoraggiato a continuare le ricerche, la nostra missione, e ad andare verso “le frontiere”. Questo significa allargare sempre più i nostri orizzonti, ma anche imparare a conoscere i nostri limiti: studiando l’universo, noi cerchiamo di capire le leggi che lo regolano, ma non abbiamo la pretesa di comprendere Dio. Il Creatore è al di là del tempo e dello spazio in cui noi operiamo».
Qual è il suo programma come direttore della Specola vaticana?
«Il futuro della Specola vaticana è luminoso, grazie anche all’ottimo lavoro del precedente direttore, padre Josè Funes. La Specola ha anche un’importante sede sul monte Graham, in Arizona, con un telescopio ad alta tecnologia che si chiama Vatt (Vatican Advanced Technology Telescope). Ultimamente si è lavorato per fare sì che in futuro si possa usare il telescopio a distanza, manovrandolo da qui, da Castel Gandolfo. Oggi l’astronomia si sta concentrando sulla comprensione della materia oscura e dell’energia oscura, due elementi che hanno un ruolo importante nella genesi e nell’evoluzione dell’universo. Si cerca di capire l’origine dei pianeti intorno al Sole e delle altre stelle. Anche su queste tematiche abbiamo grandi ricercatori e siamo costantemente in contatto con gli studiosi delle maggiori università del mondo».