Marcello Bussi, MilanoFinanza 30/9/2015, 30 settembre 2015
COSÌ È FINITA LA GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione è finita? Se lo chiede Credit Suisse in un corposo report, ricco di informazioni a volte sorprendenti. La risposta è sì: ci stiamo avviando verso un mondo multipolare. Ma c’è anche il rischio di ritrovarsi in una situazione simile a quella del 1913, quando si verificò l’improvviso collasso dell’ondata di globalizzazione cominciata nel 1870.
Il 1913 è l’anno dell’Expo di Gand, cittadina del Belgio fiammingo, dove l’Europa festeggiava il proprio benessere e i propri successi tecnologici, ignara del fatto che l’anno successivo sarebbe scoppiata la Prima Guerra Mondiale. Bene, anche l’Expo di Milano è un grande successo, ma Credit Suisse non pensa che siamo al 1913, anche perché oggi l’Europa ha ben poco da festeggiare. La fotografia della situazione nel 2015 è questa, secondo la banca svizzera: è un mondo più multipolare, in termini di flussi commerciali e di attività economica, ma sul fronte finanziario lo è molto meno, visto che gli Usa dominano ancora questo settore. Le imprese, inoltre, continuano a vendere i loro beni all’estero, ma sono meno disposte a investire a livello internazionale. Il mondo è quindi in bilico tra globalizzazione, che si traduce in egemonia degli Stati Uniti, e multipolarità, che poggia su tre pilastri: Americhe, Europa e Asia, quest’ultima guidata dalla Cina. Secondo il Credit Suisse, nell’ultimo anno la nascita della Banca Asiatica d’Investimento per le infrastrutture (Aiib), gli sviluppi della crisi in Ucraina, la politica economica del premier giapponese Shinzo Abe, l’ascesa di società asiatiche come Alibaba e il ruolo attivo che gioca la Bce nell’economia europea stanno portando a un mondo più complesso, in cui le economie di Cina e India diventano sempre più forti, nonostante qualche inevitabile passo falso. Non potrebbe essere altrimenti, visto che la produzione del pil si sta spostando sempre più a oriente. Nel 1950 il 22% delle prime 50 città del mondo era negli Stati Uniti, nel 2030 sarà solo il 6%. Secondo la banca svizzera, nel mondo multipolare l’Unione europea è destinata a prosperare, mentre la globalizzazione renderebbe ancora più potenti le multinazionali. Il futuro sembrerebbe quindi arridere al Vecchio Continente. Ma al di là della combinazione di bassa crescita economica e elevato indebitamento, ci sono alcuni sviluppi tecnologici che potrebbero portare alla fine della globalizzazione e alla rinascita dei nazionalismi. Internet, per esempio, viene associato alla globalizzazione, ma secondo Credit Suisse, il mondo digitale, a causa delle barriere culturali, linguistiche e storiche, potrebbe favorire una accentuata divisione per comparti, e renderebbe meno importanti i contatti reali con il resto del mondo. Mentre l’avvento delle stampanti 3D potrebbe rendere più facile ed economico produrre le merci localmente, provocando la diminuzione del commercio mondiale. I progressi nell’automazione, poi, rischiano di rendere possibile la guerra tra robot. Questo genere di guerra, abbassando di molto il rischio che gli uomini perdano la vita, renderebbe più facile il ricorso alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie tra Stati, mandando così in soffitta la globalizzazione. La crescente minaccia del cyberspionaggio, poi, potrebbe spingere gli Stati a chiudersi in network nazionali: l’esempio estremo è la Corea del Nord, ma può bastare anche un controllo più stretto su internet come accade in Cina e Iran. Molti Stati sono inoltre preoccupati per l’eccessiva dipendenza dalle importazioni di cibo: nel 2010, per esempio, la Russia ha bandito le esportazioni di grano, mentre l’obiettivo della Cina è l’autosufficienza nelle principali colture. Lo stesso sviluppo delle energie rinnovabili porterà alla diminuzione delle importazioni in molti Paesi. A questo bisogna aggiungere le linee di faglia, che provocano i terremoti, come la demografia delle religioni: al riguardo il report di Credit Suisse sottolinea che l’Islam ha il più alto tasso di crescita ed entro il 2050 il numero di musulmani nel mondo avrà quasi raggiunto quello dei cristiani. Per finire, un’avvertenza: il report sembra scritto da chi pensa che la globalizzazione sia la panacea di tutti i mali e ha letto con trasporto le invettive di Oriana Fallaci. Ognuno tragga le sue conseguenze.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 30/9/2015