Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 30 Mercoledì calendario

In attesa che parta il processo di indipendenza, Artur Mas ne dovrà affrontare uno in tribunale. Il presidente della Catalogna è imputato per aver organizzato un referendum sulla secessione, senza valore legale, lo scorso 9 novembre. La procura lo accusa di aver disobbedito a una sentenza del tribunale costituzionale, che proibiva esplicitamente la consultazione popolare

Il processo di indipendenza partirà, forse, a breve, nel frattempo Artur Mas ne dovrà affrontare uno in tribunale. Il presidente uscente (e forse entrante, la questione è aperta) della Catalogna è imputato per aver organizzato un referendum sulla secessione, senza valore legale, lo scorso 9 novembre. La procura lo accusa di aver disobbedito a una sentenza del tribunale costituzionale, che proibiva esplicitamente la consultazione popolare. Secondo l’accusa, la Generalitat presieduta da Mas si è attivata direttamente per organizzare un voto illegale. Oltre al presidente, sono imputati anche la sua ex vice, Joana Ortega, e l’assessore alla scuola, Irene Rigau.
I capi d’imputazione
I capi di imputazione sono quattro: disobbedienza, ostacolo alla giustizia, abuso d’ufficio e malversazione di denaro pubblico. Che i magistrati stessero indagando, sulla base di alcune denunce, non è una sorpresa, ma la convocazione arriva solo due giorni dopo un’elezione tesissima, che di fatto aveva al centro proprio l’indipendenza dalla Spagna. Ovvio che la notizia abbia alimentato un incendio già molto vivo. «È un processo politico – attacca la portavoce del governo della Catalogna -. Siamo davanti a un’anomalia democratica, si considera reato aver messo delle urne affinché i cittadini potessero scegliere il loro futuro».
Il ministro (spagnolo) della giustizia Rafael Catalá prova a precisare: «L’imputazione era già pronta, ma è arrivata solo adesso per non interferire con le elezioni». Il fronte indipendentista, dopo le divisioni post elettorali (la coalizione di Mas non si mette d’accordo con l’estrema sinistra della Cup), ritrova l’unità contro il nemico comune: «È la prova che dobbiamo diventare indipendenti», dice Oriol Junqueras, leader di Esquerra Republicana. Anche i riottosi alleati nel processo indipendentista della Cup sono solidali: «Lo Stato fa la guerra sporca», si infervora il leader Antonio Baños. Critici anche il sindaco di Barcellona Ada Colau e il governatore basco Urkullu.
Le testimonianze
L’inchiesta si basa su una serie di testimonianze, la principale è quella della preside di una scuola che si rifiutò di montare un seggio dentro il suo istituto. Secondo la donna il governo regionale le avrebbe fatto pressioni per aprire i cancelli. Secondo la procura, la Generalit catalana avrebbe speso denaro pubblico per comprare le schede, per pubblicizzare il referendum informale e per la creazione di un sistema informatico dedicato solo al voto del 9 novembre.
In una battaglia piena di simboli non ha giovato alla serenità il fatto che Artur Mas sia stato convocato il 15 ottobre, giorno in cui cade il 75esimo anniversario della fucilazione di Lluis Company, il presidente catalano durante la repubblica, ucciso poi nel 1940 dal regime di Franco. Coincidenza pura chiaramente, che in questo clima non giova alla serenità.