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 2015  settembre 30 Mercoledì calendario

La storia è fatta di «cigni neri», che scompaginano e sconvolgono analisi, esperienze e proiezioni. Il 19 settembre, con poche righe di una notizia di agenzia, un gigantesco «cigno nero» è comparso sopra le nostre teste. Possiamo chiamarlo VW, come il logo – guarda caso frequentemente su fondo scuro – di Volkswagen. Si tratta di una frode che va oltre il caso aziendale. Può avere un effetto devastante sull’intero assetto economico, e forse non solo economico, dei paesi avanzati e, per conseguenza, dell’intero pianeta

Il futuro umano non sta nella rassicurante e razionale proiezione in avanti di ciò che osserviamo e sperimentiamo, nelle analisi previsive basate sull’esperienza del passato, nei grafici degli economisti, No, la storia è fatta di «cigni neri», che imprevedibilmente compaiono in un mondo in cui, per definizione, tutti i cigni sono bianchi. I cigni neri scompaginano e sconvolgono analisi, esperienze e proiezioni, come sostiene Nassim Taleb, un noto intellettuale non convenzionale in un libro del 2007 che si intitola, appunto «Il cigno nero» e che ha avuto una grande risonanza.
Il 19 settembre infatti, con poche righe di una notizia di agenzia, un gigantesco «cigno nero» è comparso sopra le nostre teste. Possiamo chiamarlo VW, come il logo – guarda caso frequentemente su fondo scuro – di Volkswagen la notissima impresa tedesca, divenuta non molte settimane fa il primo costruttore di auto al mondo.
Chiamata in causa da un gruppo ambientalista americano, Volkswagen ha dovuto ammettere di avere perpetrato per anni una sofisticata frode tecnica sull’inquinamento provocato dalle proprie vetture. Questa frode è molto più di un fatto aziendale. Può avere un effetto devastante sull’intero assetto economico, e forse non solo economico, dei paesi avanzati e, per conseguenza, dell’intero pianeta.
Il lettore non pensi a un’esagerazione: non si può certo escludere un forte rallentamento nella domanda di automobili, principale motore della «ripresina» europea. Tale rallentamento potrebbe ripercuotersi sull’intera economia mondiale che già oggi mostra vistosi sintomi di debolezza, mettendo in discussione l’intera strategia e i (pur magri) risultati raggiunti con l’espansione monetaria.
Alla dimensione congiunturale va aggiunta la dimensione finanziaria. I rimborsi che inevitabilmente decine di milioni di acquirenti richiederanno alla società di Wolfsburg potrebbero letteralmente sotterrare quest’impresa che vanta quasi seicentomila dipendenti e un centinaio di fabbriche in 27 paesi. Le ripercussioni hanno già portato a un’imponente caduta delle Borse mondiali, e soprattutto di quelle europee. Il titolo Volkswagen ha perduto all’incirca un terzo del suo valore in dieci giorni e tale crollo ha influenzato negativamente l’intero settore. Il caso Volkswagen potrebbe letteralmente cambiare tutti i giochi, influenzare diverse dimensioni della nostra vita,
Il discorso, infatti, si sposta su un livello più alto, quello dei valori. La Volkswagen è molto più di una grande impresa, è il simbolo non solo della solidità ma anche dell’affidabilità e della moralità della Germania, delle multinazionali europee, dell’Europa economica che conosciamo. La sua struttura di governo societario vuol essere un compromesso tra capitalismo e socialdemocrazia. Tutto questo è posto immediatamente e duramente in discussione.
Potrebbero non mancare ripercussioni sulle preferenze e sulle scelte dei consumatori europei e di tutto il pianeta, i quali potrebbero assegnare all’auto un diverso uso e una minore importanza nelle loro decisioni di spesa, sconvolgendo così i programmi di investimento delle grandi imprese in ogni parte del mondo e conferendo un’attualità fino a ieri impensabile a modelli alternativi di sviluppo.
Che fare in questo panorama diventato improvvisamente molto scuro? La parola spetta prima di tutto al governo tedesco e dovrebbe prendere la forma di una sorta di garanzia, quanto meno indiretta, da offrire a Volkswagen, o meglio a coloro che chiedono i danni a Volkswagen. Berlino ha gli strumenti necessari mediante la KfW, una finanziaria pubblica con qualche somiglianza all’italiana Cassa Depositi e Prestiti ma la sua finanza pubblica ne uscirà sicuramente indebolita e Volkswagen non sarà più la stessa.
È infatti ragionevole pensare a una sorta di «irizzazione», mentre parallelamente, la struttura di comando di Volkswagen deve subire un cambiamento epocale con una maggiore trasparenza e una diversa enfasi sulla qualità e sul rapporto con l’ambiente; è ragionevole attendersi che ai diversi rami d’azienda venga data maggiore autonomia. Con molta determinazione e un po’ di fortuna, la crisi aziendale potrebbe così essere assorbita in qualche anno.
E proprio qui sta l’interrogativo cruciale, al quale è impossibile, al momento attuale, dare alcuna risposta. Dimenticheremo tutto in qualche mese oppure cambieremo il nostro stile di vita? Come si ripercuoterà tutto ciò sul «comune sentire» degli europei? Al di là dei fatti aziendali, quanto profonda e quanto duratura sarà la ferita all’immagine dell’auto? A queste domande, per ora, l’unica risposta è lo svolazzare del «cigno nero» senza una direzione prestabilita.