la Repubblica, 30 settembre 2015
Non è un caso se la truffa Volkswagen è stata scoperta dai controllori americani: negli Stati Uniti infatti esistono enti governativi preposti a operare verifiche rigorose sui veicoli che circolano sul suolo nazionale, e in caso di difetti sono autorizzati a emanare sanzioni e pretendere modifiche dalle case costruttrici. In Europa invece non esiste niente di tutto ciò: in pratica, la nostra sicurezza è affidata al buon cuore delle aziende automobilistiche
L’auto è un’industria globale ma le regole no. Il “Dieselgate” Volkswagen scoppiato in America non sarebbe mai venuto fuori se le norme di omologazione non fossero state così severe. E soprattutto se non ci fosse stato un ente, l’Epa, autorizzato al controllo. In Europa, infatti, il protocollo Euro6 è meno severo sulle emissioni diesel di quello Usa ma soprattutto non esiste nessun ente governativo in grado di controllare e sanzionare a valle eventuali mancanze o parametri non rispettati. Ma se dunque è stato possibile scavalcare con qualche trucco le norme sulle emissioni non sarà possibile fare altrettanto per aggirare quelle legate alla sicurezza? Partiamo ancora una volta dagli Stati Uniti dove proprio in questi giorni la Mini, di proprietà Bmw, è finita sotto inchiesta della National Highway Traffic Safety Administration, l’autorità per la sicurezza stradale americana, per i ritardi, nel risolvere i problemi di 30 mila Cooper e Cooper S che non hanno superato i crash test. In pratica è emerso che nell’ottobre del 2014 una Mini Cooper tre porte sottoposta al test non proteggesse adeguatamente un manichino femminile nell’impatto laterale. Negli Usa sono quattro i tipi di test da superare: l’urto frontale pieno (contro un muro di cemento) l’urto frontale disassato (solo una parte dell’anteriore dell’auto impatta contro una barriera o un veicolo), l’urto laterale (viene lanciato un carrello di circa 950/1000 kg contro il lato conducente di un veicolo fermo) e il rollover (cappottamento). La Bmw informata tempestivamente di questo problema aveva annunciato una campagna di richiamo per rinforzare i pannelli laterali. Una campagna però mai partita mentre episodi simili si sarebbero continuati a verificare fino al luglio 2015 quando una Cooper S ha fallito nuovamente lo stesso test. Da qui l’apertura dell’indagine e il conseguente annuncio da parte della Bmw di essere finalmente pronta per la campagna di richiami imputando il ritardo alla mancata fornitura dei nuovi pannelli. Ma questo ritardo potrebbe comunque costare alla casa tedesca una multa da 35 milioni di dollari. Multe simili in passato sono già state fatte, per ragioni analoghe, a Fca, General Motors, Honda, Hyundai, Ford, Toyota e il produttore di airbag Takata. Tanta severità si spiega anche con le polemiche che coinvolsero due anni fa la stessa autorità di controllo Nhsta accusata dalle associazioni dei consumatori di aver chiuso gli occhi di fronte al ritardo della Toyota nel richiamo delle auto che non frenavano per la presenza di un tappetino sotto la pedaliera. Altrettanto dure le polemiche, più recenti, contro la sentenza federale che condanna la Gm a una multa di 900 milioni per un difetto all’accensione che avrebbe provocato 142 morti. La multa è giudicata troppo blanda dalle associazioni degli automobilisti. Ben altro il clima si respira in Europa. Qui infatti non esiste nessuna agenzia o authority in grado di imporre richiami del genere e tantomeno sanzioni. Il sistema funziona al contrario. Il costruttore europeo si rivolge al ministero dei trasporti del suo paese e ottiene l’omologazione sulla base delle norme internazionali stabilite dall’Onu e di quelle specifiche europee. Ottenuta l’omologa, spiegano al ministero dei trasporti italiano, questa vale in tutti i paesi dell’Ue e non sono previste verifiche a valle. Quindi, se dalle nostre parti non è la casa a decidere spontaneamente di effettuare il richiamo non accade nulla. Per esempio, nel caso delle Mini, continueranno a circolare liberamente. Perfettamente in regola perché in Europa le regole sono diverse. Nel Vecchio continente, infatti, esiste soltanto un ente autonomo che si chiama EuroNcap fondato nel 1997, sostenuto da sette governi europei, dalle associazioni di consumatori e di automobilisti di tutti i paesi Ue che esegue accurati crash test, assegna punteggi (le ormai famose stelle), promuove la sicurezza nella progettazione dei veicoli ma nulla più. I suoi verdetti non hanno nessun valore ufficiale, nè possono generare decisioni da parte dei governi. Anche se si tratta di test estremamente accurati. Sono semmai elemento di marketing per convincere i consumatori all’acquisto. Ma solo per i modelli che raggiungono le 5 stelle, cioè il massimo del punteggio. Per chi sta sotto meglio tacere sul risultato del test.