
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Fatto del Giorno discute del dopo-Mattarella
Tecnicamente, Sergio Mattarella diventa presidente della Repubblica solo oggi. La prova? Quando salirà al Quirinale, dopo il discorso a Montecitorio davanti alle camere riunite e l’omaggio all’Altare della Patria, troverà ad accoglierlo Pietro Grasso, il presidente facente funzioni che gli presenterà le magistrature repubblicane (circa 400 persone) e poi gli consegnerà – per così dire – il Palazzo, tornandosene al Senato. A quel punto, non solo avremo sentito il discorso e capito un po’ di più dello stile con cui sarà condotto il prossimo settennato, ma avremo visto anche il cielo solcato dalle Frecce Tricolori e udito i tradizionali 21 colpi di cannone sparati dal Gianicolo.
• Previsioni sul discorso?
I punti più importanti dovrebbere essere quelli che Mattarella ha anticipato con i comportamenti e le poche parole pronunciate finora. È andato a trovare Napolitano, col quale è rimasto a lungo a chiacchierare, e questo dovrebbe significare che si continuerà sulla linea del predecessore, linea di grande attenzione alle riforme. C’è poi la vicinanza espressa a chi soffre (sottolineatura cioè dell’importanza della crisi economica) e la volontà dichiarata di ricucire le ferite del Paese. Che nome hanno queste ferite del Paese da ricucire? È evidente: il nome di Berlusconi, intorno al quale da vent’anni si battaglia violentissimamente (manca solo il sangue). Berlusconi stamattina ascolterà dalla tribuna della Camera il discorso di Mattarella. Lo avrebbe invitato, telefonicamente, lo stesso presidente della Repubblica, cui peraltro nei giorni scorsi Berlusconi aveva telefonato per rassicurarlo che la polemica sulle mosse di Renzi non aveva niente di personale, lo scontro riguardava il metodo, eccetera eccetera.
• È un segnale di ricucitura anche lo sconto di 45 giorni alla pena dei servizi sociali?
Che termineranno a questo punto l’8 aprile. I dietrologi risponderanno certamente di sì. Costoro s’immaginano che dopo le sberle inflittegli nel corso della partita sul Quirinale, Renzi abbia telefonato alla giudice di sorveglianza Beatrice Costi, mettendoci una buona parola, tanto più che la Procura s’era dichiarata la settimana scorsa contraria allo sconto perché Berlusconi durante un round del processo napoletano a Lavitola aveva per la millesima volta attaccato le toghe («incontrollate, incontrollabili, irresponsabili»). È ovvio che non può essere andata così. La Costi ha giustificato la sua benevolenza argomentando che Berlusconi aveva chiesto scusa «dimostrando di aver rivalutato in maniera critica il suo comportamento precedente».
• Questo significa che l’ex Cav tornerà libero?
Sì, niente più limitazioni d’orario (l’obbligo di rientro a casa entro le 23) né limitazioni per i viaggi a Roma. Resta incandidabile per via della legge Severino. Su questo ha fatto ricorso alla Corte europea.
• E nei rapporti con Renzi a questo punto che cosa si prevede?
La situazione è fotografata da quello che Renzi ha detto ieri, in un’intervista a Rtl e in una lettera ai militanti. Rivolto a Berlusconi, dopo aver detto che con le riforme si va avanti a tutta velocità («con il turbo»): «Alla Camera Forza Italia non è importtante dal punto di vista numerico, ma come idea di riforme condivise. Credo che Forza Italia abbia interesse a starci, perché non ha senso rimettere in discussione tutto, noi si va avanti comunque, se non vogliono andiamo avanti anche senza di loro». A Ncd, che aveva chiesto una “verifica”…
• Che cos’è una verifica?
Un rito della Prima repubblica: quando c’era un incidente tra gli alleati di governo, ci si riuniva in una verifica che ridefiniva i poteri e qualche volta introduceva a un rimpasto o a una crisi vera e propria. Ncd, dilaniata dalla vicenda del Quirinale, ha pronunciato la parola proibita, e Renzi gli ha risposto a brutto muso: «Io non passo i prossimi mesi a parlare con i partitini, ma tra gli italiani per rimettere in moto il Paese. Io penso che oggi ci sia da rimettersi a lavorare con calma. Chi deve leccarsi le ferite lo faccia. Noi siamo qui non per accontentare un deputato o un senatore, non siamo qui a compattare le minoranze interne, ma a fare il bene per l’Italia». Ce n’è anche per Bersani, il quale aveva chiesto, dopo l’intesa ritrovata sul Quirinale, modifiche alla legge elettorale, facendo capire che Mattarella potrebbe non firmare provvedimenti che Napolitano avrebbe firmato. Renzi: «Se Bersani dice che sono bravo sono contento, ma a proposito delle riforme voglio dire che Giorgio Napolitano non è meno rigoroso di quanto lo sia Mattarella. Sulla legge elettorale si ascolta tutti, ma l’Italia ha bisogno di correre». Traduzione: la Camera approverà il testo passato al Senato e non ci sarà un ritorno della legge a Palazzo Madama. A tutto questo, i bersaniani non hanno risposto. Da Ncd è arrivata un replica di Lupi, «non siamo un partitino», «questo governo esiste grazie a noi», ecc. Per Berlusconi ha parlato Gasparri, ribadendo la linea: il Nazareno vive ancora, non faremo i bambini capricciosi. Il segretario-premier in questo momento è molto forte. E lo sa.
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