la Repubblica, 3 febbraio 2015
La realpolitik degli antichi rancori. Così la Casa Bianca, preoccupata di uno slittamento del Partenone verso l’orbita della Russia, ha deciso di ignorare le migliaia di bandiere rosse che sventolavano sotto l’Acropoli e schierarsi senza se e senza ma al fianco di Tsipras
“Syriza-Podemos, venceremos!” cantava felice la piazza dopo la vittoria di Alexis Tsipras. Inneggiando all’asse prossimo venturo con gli “Indignados” di Pablo Iglesias, grandi favoriti alle elezioni spagnole d’autunno. A una settimana dal voto però, in attesa di sviluppi a Madrid, la sinistra radicale di Atene si ritrova al fianco nella battaglia anti-austerity il più improbabile degli alleati: Barack Obama e quegli Stati Uniti che per buona parte del Comitato centrale del partito sono stati per decenni il nemico pubblico numero uno, da espellere dal Paese assieme (se possibile) alle sue basi Nato. Il motivo? Semplice: in momenti di crisi la realpolitik fa premio sugli antichi rancori, come dimostra l’improbabile alleanza sinistradestra che governa la Grecia. E la Casa Bianca, preoccupata di uno slittamento del Partenone verso l’orbita della Russia (scenario contro il quale, ieri, ha tuonato anche il ministro tedesco delle finanze, Schaeuble), ha deciso di scoprire le carte: ignorando le migliaia di bandiere rosse che sventolavano sotto l’Acropoli il 25 gennaio e schierandosi senza se e senza ma al fianco di Tsipras. Carta canta: «Non si può spremere un Paese in recessione. Ed è molto difficile fare riforme in una nazione dove la disoccupazione è al 25%. Atene e l’Europa hanno bisogno di una strategia di crescita», ha tuonato Obama in prima serata su Cnn. Più o meno lo slogan con cui da mesi gli uomini di Syriza chiedono, finora senza troppo successo, un taglio del debito e uno stop all’austerità a Berlino.L’uscita di Washington non è arrivata a caso. Il nuovo premier ellenico è un abilissimo negoziatore. Sa che i piccoli gesti, a volte, diventano grandi simboli. E la sera del successo elettorale ha fatto solo due cose. Un tweet di risposta ai complimenti di Hugh Laurie (alias Doctor House), l’unico americano contattato in quelle ore. E una visita carica di significato ad Andrej Maslov, ambasciatore di Mosca ad Atene. La cosa è passata quasi inosservata nel caos dei festeggiamenti. All’ambasciata degli Stati Uniti sotto l’Acropoli però – uno dei grandi centri d’ascolto della Nsa smascherati da Wikileaks – hanno drizzato le antenne. E quando a stretto giro di posta è arrivato un calorosissimo messaggio di auguri a Tsipras da parte di Vladimir Putin, è scattato l’allarme. La Grecia è in una posizione strategica nel centro del Mediterraneo e delle rotte degli idrocarburi. Non solo: negli ultimi anni, quando hanno iniziato a incrinarsi i rapporti tra Israele e la Turchia, Atene è diventata uno dei principali interlocutori di Tel Aviv nell’area. Un partner insomma da tenersi stretto.Mentre Washington ragionava sul da farsi, Mosca ha gettato benzina sul fuoco: «Se Syriza ci chiederà assistenza finanziaria, prenderemo seriamente in considerazione la richiesta» ha fatto sapere il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov facendo appello alle comuni radici ortodosse. E poche ore dopo, quando si dice il caso, Atene ha sollevato un vespaio diplomatico a Bruxelles per non essere stata consultata sull’estensione delle sanzioni a Putin.È in quelle ore probabilmente che alla Casa Bianca, preoccupata dalla disinvoltura con cui Mosca sta cercando alleati nel cuore dell’area euro, è maturata la decisione di scendere in campo. La prima salva, a nome dell’estabilishment anglosassone, l’ha lanciata Mark Carney, governatore (canadese) della Banca d’Inghilterra sollecitando uno stop alle politiche di austerity targate Germania. Poi a stretto giro di posta è apparso in tv Obama a calare il carico da novanta. Anche perché i dossier arrivati sul suo tavolo nelle ultime ore sarebbero chiari e allarmanti: Atene, dicono, è a corto di liquidità e per questo sensibile alle sirene orientali. Non solo la Russia, ma pure la Cina che in Grecia ha già fatto importanti investimenti acquistando, tra l’altro, un terzo del Pireo.La discesa in campo di Obama, comunque, ha funzionato. Tsipras – in visita ieri a Cipro – ha lasciato intendere di aver ricevuto il messaggio: «Siamo impegnati in negoziati con paesi che ci hanno prestato dei soldi. Sul tavolo non ci sono altre ipotesi», ha detto chiaro e tondo. Tradotto in americano: «Non è nostra intenzione chiedere aiuto alla Russia». A Washington hanno tirato un sospiro di sollievo. Sapendo che a questo punto (è il risultato portato a casa dall’abile Tsipras) ci sarà da pagare qualche altra cambiale ad Atene. Quale, lo vedremo probabilmente nei prossimi mesi.