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 2015  febbraio 03 Martedì calendario

PARIS, L’ASCESA RAPACE DEL GIGANTE AZZURRO

Per assaporare il gusto della medaglia occorrerà domare i rapaci. Birds of prey: così si chiama la pista di Beaver Creek, villaggio turistico a 2.500 metri di quota nel bel mezzo del Colorado, dove gli americani facoltosi trascorrono le proprie settimane bianche. Sulla neve a stelle e strisce – già teatro della rassegna iridata nel 1989 e nel 1999 – da oggi si assegnano i titoli mondiali dello sci.
La prima settimana sarà dedicata alle prove veloci (supergigante e discesa libera), la seconda alle tecniche (gigante e slalom), in mezzo la combinata alpina e la prova a squadre. Saranno ventidue gli italiani al cancelletto di partenza, dodici uomini e dieci donne, vestiti nuovamente d’azzurro anziché di rosso come è avvenuto in Coppa del Mondo. In campo maschile gli unici capaci di vincere in stagione sono stati Dominik Paris e Stefano Gross. L’altoatesino ha trionfato in supergigante a Kitzbühel, il trentino ha vinto lo slalom di Adelboden. Se Gross sarà l’ultima carta da medaglia domenica 15, Paris comincerà già domani le sue fatiche.
«Quest’anno – attacca il velocista della Val d’Ultimo – mi riesce tutto alla perfezione. Vincere è stato stupendo, esserci riuscito in una disciplina che in passato non amavo fa ancora più effetto». Già, perché fino alla passata stagione Paris, argento iridato due anni fa in discesa, non era mai entrato nei dieci in supergigante: «Non è cambiato nulla di particolare, semplicemente adesso ho fiducia nei miei mezzi. Le sensazioni positive mi fanno andare forte». Il venticinquenne azzurro disputerà il supergigante domani, la discesa sabato e la combinata domenica: «Punto a fare bene in tutte e tre le prove. Nel supergigante dipenderà molto dalla tracciatura, in libera si dovrà attaccare dall’inizio alla fine, in combinata la chiave sarà il ritmo nello slalom. Quest’anno non ho mai sciato tra i pali stretti». Paris ha calzato per la prima volta gli sci a tre anni: «Mio padre è un maestro, quindi non potevo fare altro. Mi è piaciuto e non ho più smesso». L’impegno sugli sci è diventato talmente assiduo tanto da prendere il sopravvento sulla scuola: «Sui libri non sono mai stato una cima, mi ero iscritto al liceo sportivo, ma poi ho smesso e sono andato a fare il muratore». A diciassette anni Paris ha rischiato però di smarrire la giusta direzione: «Mi piaceva fare feste con gli amici, divertirmi, non pensare più a nulla, neanche allo sport». Meno male che l’intervento paterno è stato tempestivo: «Mi ha mandato a lavorare in una malga, dove spalando il letame ho capito il vero senso della vita. È stato come prendere l’ultimo treno disponibile per rimettermi sulla retta via».
Dopo la redenzione la carriera agonistica ha ripreso vigore: la Nazionale, l’esordio in Coppa del Mondo e soprattutto la vittoria sulla mitica Streif di Kitzbühel nel 2013. Dopo l’argento iridato a Schladming, la tragica scomparsa del fratello in un incidente stradale sconvolse la tranquillità di Dominik, capace comunque di ripartire («Senza lo sci mi sarei di nuovo perso») per preparare la stagione olimpica, purtroppo mandata all’aria da una caduta in Val Gardena. L’estate scorsa la ripresa e la costruzione delle basi per il ri- lancio, a cominciare dall’alimentazione: «Se non avessi fatto sport mi sarebbe piaciuto fare il cuoco, perché adoro cucinare e mangiare. Per tornare a vincere ho dovuto però ridurre le porzioni, così sono passato da tre a un solo piatto di pasta al giorno». Tra una ga- ra e l’altra Paris si rilassa con la musica: «Ho la chitarra però non sono bravo a suonarla. Vorrei imparare ma il tempo mi manca perché sono sempre in movimento». Amante delle camminate in montagna e dell’arrampicata, Paris sogna di emulare il suo idolo Hermann Maier, vincitore dell’oro a Beaver Creek nel 1999: «L’austriaco mi è sempre piaciuto perché in gara era un animale. Un giorno mi piacerebbe conoscerlo». Magari avendo al collo una medaglia dal metallo pesante. Per conquistarla Dominik dovrà seguire una sola ricetta: addomesticare i rapaci.