Corriere della Sera, 3 febbraio 2015
Lo storico italiano William Klinger ucciso a New York. L’omicidio è avvenuto sabato. A sparare sarebbe stato Alexander Bonich per una questione di soldi. Secondo la polizia i due erano amici. La vittima, nata a Fiume, era tra i maggiori esperti della Jugoslavia di Tito
William Klinger, italiano, grande esperto della Jugoslavia di Tito, è stato ucciso nel quartiere di Queens, a New York. La polizia ha già arrestato il suo presunto killer, Alexander Bonich, che gli avrebbe sparato dopo una lite: la vittima aveva prestato del denaro all’assassino. Una ricostruzione parziale che attende delle conferme.
È sabato pomeriggio, 14.30. Klinger, 42 anni, è trovato in un pozza di sangue all’interno dell’Astoria Park, nella parte orientale della metropoli. È in gravi condizioni per una ferita alla testa provocata da un proiettile.
Lo trasportano d’urgenza all’ospedale, ma è una corsa inutile. La polizia lancia le indagini e scarta subito l’ipotesi della rapina in quanto l’italiano non è stato derubato del portafogli o di altri valori, dunque bisogna cercare altrove. E appena 48 ore dopo il detective Rein del 114esimo distretto annuncia un arresto. L’uomo che ha sparato a Klinger si chiama Alexander Bonich, cittadino americano che vive nella zona. Gli agenti lo accusano del delitto. A lui sono arrivati esaminando le telecamere di sicurezza che hanno registrato l’arrivo nel parco di Klinger insieme a Bonich. Il primo cerca di allontanarsi, il secondo lo segue e apre il fuoco. Quindi raggiunge la vittima e gli spara alla testa da distanza ravvicinata al capo. Per gli investigatori l’assassino ha usato una vecchia pistola e poi se ne è disfatto.
Lo studioso aveva trovato ospitalità dall’americano e, forse, in vista di un possibile trasferimento definitivo negli Usa era alla ricerca di una casa. A questo fine aveva prestato del denaro a Bolich, interessato anch’egli all’acquisto di una proprietà. Non è chiaro il motivo ma per la polizia da qui sarebbe nato un contrasto sfociato nell’aggressione finale.
Sposato, padre di figli, originario di Fiume, poliglotta, Klinger è era un personaggio molto noto. Profonde e di valore le ricerche su un periodo duro quanto controverso della storia italiana.
La sua opera principale resta «Il terrore del popolo: storia dell’Ozna, la polizia politica di Tito». Un lavoro basato su documenti della resistenza jugoslava nel periodo 1944-45, carte che forniscono elementi chiave per provare le iniziative dei titini. E in particolare quelle dell’apparato segreto, appunto l’Ozna, il cui obiettivo principale è spazzare via qualsiasi forma di opposizione. In modo brutale.
Sono vicende che, insieme all’orrore delle foibe, hanno lasciato segni profondi, tante vittime e recriminazioni da parte chi ha sofferto. Un fuoco mai spento, una ferita sempre aperta in molti italiani. Klinger ha provato a spiegare, a cercare verità scavando nel passato, rileggendo la catena di eventi di anni traumatici. E tra gli episodi analizzati c’è anche il massacro dei partigiani italiani cattolici trucidati il 7 febbraio 1945 a Porzus. Una strage che è stata inserita nella campagna di pulizia istigata proprio da Tito.
Klinger avrebbe dovuto parlare di questi temi e di altri nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti, dove era stato invitato da un’università. Una missione che – secondo i suoi amici – doveva durare alcuni mesi, forse in vista del trasferimento definitivo. Per questo aveva trovato una prima sistemazione a Ridgewood (New Jersey) e quindi nella casa di Bolich ad Astoria.
Inevitabile che la sua fine così tragica abbia lasciato attoniti quanti hanno conosciuto lo studioso. «Una persona colta e impegnata, anche se talvolta pareva starsene sulle sue – ha dichiarato all’Ansa Franco Tommassini fino al 2014 sindaco di Gradisca -.L’ultima volta l’avevo incontrato l’anno scorso: era capitato di collaborare con lui...Non sappiamo davvero spiegarci i motivi di un tale epilogo». Sorpresa unita alle parole struggenti degli amici, ancora increduli e in attesa di risposte.