la Repubblica, 3 febbraio 2015
L’affaire Carlton, lo scandalo delle orge a pagamento. Dominique Strauss-Kahn è di nuovo in tribunale con l’accusa sfruttamento aggravato della prostituzione. Lui parla di «complotti politici», ma le escort, sedute all’opposto dell’aula, raccontano dettaglia scabrosi. Eppure secondo un sondaggio di le Parisien il 79% dei francesi si dice convinto che il brillante economista sarebbe stato un migliore Presidente di Hollande. «C’è il cervello, e poi c’è l’uomo»
È seduto in prima fila, a sinistra dei giudici, proprio davanti ai disegnatori. Dominique Strauss-Kahn si avvicina a uno dei bozzettisti. Cerca di sbirciare il suo ritratto. Un acquerello in cui si vede una figura maschile curva, con lo sguardo perso, lontano. Un uomo che cerca di capire quale sarà il suo futuro. In quest’aula giudiziaria si parla solo del passato, l’anno orribile 2011 in cui, nel volgere di pochi mesi, è caduto dal piedistallo, dall’olimpo dei potenti a imputato con l’accusa di sfruttamento aggravato della prostituzione. C’era stato lo scandalo del Sofitel, le manette a New York con l’accusa di stupro di una cameriera, alla fine risolto con transazione tra avvocati. Dietro, però, era già in corso “l’affaire Carlton” dal nome di un albergo di Lille, crocevia di escort e magnaccia. Un gorgo di nomi e accuse su orge a pagamento durate per anni, dal 2008 al 2011, in cui Strauss-Kahn è l’imputato principe, insieme ad altre tredici persone, per un reato che prevede fino a dieci anni di carcere e 1,5 milioni di euro di sanzione.
L’ex direttore del Fmi arriva nella città del Nord in macchina all’ora di pranzo. S’infila nel tribunale di Lille da un ingresso laterale, sfuggendo alla ressa di fotografi e telecamere, in compagnia di uno dei suoi tre avvocati, il decano dei penalisti Henri Leclerc. Vestito scuro, faccia tesa, Dsk scende nell’aula A con neon anni Settanta. È stentoreo sul banco degli imputati, ascolta, si muove poco, raramente si gira verso i suoi legali, tre dietro. Li cerca con lo sguardo con segno di assenso quando un altro avvocato parla della violazione del segreto istruttorio, di come i giornali abbiano messo in piazza le rivelazioni sulle sue “serate libertine”. L’ordinanza dei pm raccoglie dettagli quasi insostenibili, tra film porno e cinema gore. La grande accusatrice, la giovane pm Stéphanie Ausbart, si spazientisce per le insinuazioni e poi si irrigidisce sul colpo di scena del primo giorno di processo.
Diversi avvocati della difesa rispolverano infatti la tesi del complotto politico. L’ex capo della polizia giudiziaria di Lille, Joël Specque, ha pubblicato qualche giorno fa un libro in cui sostiene che nel 2010, prima dell’apertura dell’inchiesta, ci furono per diversi mesi “intercettazioni amministrative” sui responsabili della rete di prostituzione di Lille. Una procedura eccezionale che dev’essere autorizzata dal governo. Il libro di Specque sarebbe la prova che dietro al processo c’è una manovra dall’alto. In quel momento all’Eliseo c’era Nicolas Sarkozy. L’ex poliziotto dovrà testimoniare oggi in tribunale.
«Il mio cliente vuole essere processato affinché gli sia resa giustizia» precisa l’avvocato di Dsk, associandosi comunque alla richiesta di nullità del processo. Una domanda che ha poche probabilità di essere accolta dai giudici. «Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di losco in questa storia» commenta da Parigi il segretario del Ps, Jean-Christophe Cambadélis. La politica è sullo sfondo nel tentativo di capire il baratro nel quale è precipitato l’ex campione della gauche.
Ieri Le Parisien pubblicava un sondaggio secondo cui il 79% dei francesi è ancora convinto che il brillante economista sarebbe stato un migliore Presidente di François Hollande. «C’è il cervello, e poi c’è l’uomo» ha spiegato un sondaggista. È in questa contraddizione che si annida il mistero Dsk.
Qui, nel tribunale di Lille, non è più il “Re della Festa” secondo la definizione di alcune squillo. Appare solo, in disparte. Nelle pause confabula con Frédérique Beaulieu, l’avvocata che l’ha seguito durante i due giorni di fermo, nel febbraio 2012, mentre lui ha ripetuto ai pm che non sapeva che alle “serate libertine” c’erano prostitute retribuite da amici e cortigiani. Le escort sono sedute all’opposto dell’aula. Quattro si sono costituite parte civile. La prima richiesta dei loro avvocati è un dibattimento a porte chiuse per «preservare la dignità» e «dettagli scabrosi». «Da bambine forse sognavano di essere principesse e non prostitute» commenta il procuratore per appoggiare la richiesta delle donne, alla fine rigettata dai giudici. Sandrine Vandenshrink, alias Jade, indossa una parrucca e occhiali per non essere riconosciuta. «Monsieur Strauss-Kahn – ha raccontato ai pm – vuole davvero farci credere che è molto naïf oppure è convinto che siamo tutti coglioni».
Quando è sera, Dsk parla brevemente. Nega di conoscere il magnaccia Dominique Alderweireld, detto Dodo la Saumure, e René Kojfer, il direttore del Carlton che smistavano le prostitute. Nelle prossime tre settimane di dibattimento, la Francia entrerà nell’intimità di un ex idolo politico. I giudici dovranno cogliere la sfumatura tra escort e libertine. Il presidente dei giudici, Bernard Lemaire, ha precisato: «Non facciamo considerazioni morali, seguiamo la legge». Lo sfruttamento aggravato della prostituzione, confidano gli avvocati della difesa, è un reato difficile da dimostrare. Dsk potrà forse salvarsi in punta di diritto, non più nelle apparenze.