Alberto Mattioli, La Stampa 3/2/2015, 3 febbraio 2015
E ADESSO I CINESI ESPORTANO ANCHE L’OPERA
Subito, colpisce la giovinezza: di chi l’opera la fa e di chi all’opera ci va. Per la nuova Aida dell’Ncpa (National Center for Performing Arts, l’Opera di Pechino) sono giovani gli artisti e giovani gli spettatori. La fascia d’età più rappresentata va dai 22 ai 40 anni. I biglietti costano da 800 a 180 yuan, da 110 euro in giù. Macché museo: l’opera lirica è trendy, uno spettacolo di moda per la nuova, emergente e sterminata classe media cinese.
Che infatti ci si affolla.
«L’interesse cresce – spiega il presidente dell’Ncpa, Chen Ping –. Vendiamo in media l’83% dei posti disponibili, con punte che arrivano al 94 per i titoli più popolari e al 100% per questa Aida, sold out per tutte le recite. Per il pubblico cinese si tratta di un tipo spettacolo ancora nuovo. Quindi facciamo centinaia di conferenze e abbiamo creato una rete di 153 scuole e 16 università cittadine dove mandiamo gli artisti a presentare il loro lavoro».
Il teatro è stupefacente. Sotto la bolla progettata da Paul Andreu (217 mila metri quadrati ricoperti da 18 mila placche di titanio e mille vetrate supertrasparenti) ci sono quattro sale, per l’opera, i concerti, la prosa e una sotterranea polivalente. Si fa spettacolo tutte le sere, spesso in tutte le sale. Il budget ha un equilibrio da far invidia a ogni sovrintendente «occidentale»: 40% dal botteghino, 25 da risorse proprie, 25 dagli sponsor e solo il 10 dallo Stato.
Che le risorse non manchino lo si capisce anche da quest’Aidona, fastosissima e costosissima. E giustamente tradizionalissima, perché non avrebbe senso lanciarsi in riletture drammaturgiche per un pubblico che vede Aida per la prima volta e ha con l’antico Egitto la stessa dimestichezza che abbiamo noi con la Cina del duemila a.C., insomma nessuna. Però con la premiata ditta Frigerio-Squarciapino il buongusto di scene e costumi è assicurato e siamo insomma lontani dal superkitsch areniano o, peggio, zeffirellesco. La regia di Francesco Micheli regola con mano sicura e qualche idea felice il gran traffico di carri e barche.
La giovane orchestra non ha una grande personalità, ma esibisce maggior pulizia di suono di tre quarti dei complessi italiani, e il coro si fa onore. A garantire la necessaria verdianità provvede Zubin Mehta, che Aida l’ha sempre diretta bene (prossimamente la farà anche alla Scala, insieme a un atteso concerto, il 9, per la Fondazione Weizmann). Due compagnie miste, cinesi e internazionali. Nella prima, Hui He, star notissima anche da noi, fa un’ottima Aida, do dei «Cieli azzurri» a parte, mentre Jorge de Leon ha bella voce ma è noioso. Comunque meglio del Radamès cinese del secondo cast, una star anche lui (ma solo qui), che avrebbe potuto dire come il tenore della barzelletta: «Non vi piaccio io? Sentirete il baritono!», in effetti terribile. Sulle voci, insomma, c’è ancora da lavorare.
In ogni caso la vera notizia non è che ai cinesi piaccia l’opera, ma che abbiano imparato a farla e anzi inizino anche a esportarla. Portano in Italia Rickshaw Boy, «Il ragazzo del risciò», l’opera di Guo Wenijng tratta dalla novella di Lao She, un classico della letteratura cinese contemporanea. La tournée partirà da Torino il 22 settembre, scelta non causale perché con il Regio l’Ncpa ha stretto un accordo che prevede anche la coproduzione di un Samson et Dalila. Poi il risciò andrà su e giù per l’Italia: si stanno definendo tutte le tappe, ma sono già certe rappresentazioni dell’opera a Genova e Firenze e concerti a Roma, Milano e Parma. «È una produzione drammatica e spettacolare, spero che piacerà al pubblico italiano», scommette Chen Ping. E già si annuncia un balletto, Marco Polo, in trasferta a Milano per l’Expo.
Negli enormi spazi dell’Ncpa, l’italiano è la lingua più parlata dopo il cinese. Una volta di più, l’opera è il veicolo «verybello» della nostra cultura e della nostra immagine. Avendo una politica culturale, ci si potrebbe e dovrebbe lavorare. Ma si sa che al Mibact sono troppo impegnati a stilare graduatorie demenziali dei teatri per dare più soldi ai più bravi a sperperarli...