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 2015  febbraio 03 Martedì calendario

IL VOLONTARIO FRANCESCO: «A SPARARE NELL’EST IN RICORDO DELL’ITALIA ANNI ’70»

Francesco, nome di battaglia con il quale lo conoscono in Ucraina, è un uomo imponente dall’accento toscano, che ha combattuto come volontario nel battaglione Azov, contro i russi.
Quanto tempo ha combattuto nel Battaglione Azov?
«Sono partito appena sono iniziati i bandi di arruolamento dopo Odessa, quindi prima decade di maggio e sono rimasto fino ad agosto 2014».
C’erano combattenti d’altre nazionalità?
«Sì. Con me c’erano tre svedesi. Poi dopo se ne sono aggiunti un’altra ottantina».
Che contatti ha con l’Ucraina e come è riuscito a prendere parte al conflitto?
«Sono anni che vado là per lavoro e i miei visti lo provano. Igor Mosiychuk (ex comandante del battaglione Azov, ndr) che ora non sta neanche più con noi ma con i Radicali di Oleh Ljaško – orrendo individuo – ha avuto l’intuizione di organizzare una sorta di Legione Straniera pro Ucraina. Quello è stato l’inizio».
La stampa ha scritto che è stato invitato in Ucraina da Gaston Besson, un veterano che – come racconta lui stesso – recluta mercenari per partecipare a guerre in diversi paesi.
«È una bischerata mostruosa. Gaston Besson l’ho conosciuto nel periodo di Maidan quindi molto prima che esistesse il battaglione Azov».
Vi conoscete tra volontari italiani?
«Non necessariamente. Una questione di prudenza. Ne ho conosciuto solo uno1.
Perché ha deciso di arruolarsi?
«La mia scelta è dettata da motivi esclusivamente politici. Ho fatto ciò che avrei voluto fare in Italia alla fine degli anni ’70».
Dopo maggio sono arrivati altri personaggi: chi è arrivato?
«Questo evidentemente non posso dirlo. La guerra ha cambiato profilo. All’inizio era una guerra tra insorgenti. Si sparava in un caseggiato e due isolati più in là si faceva la spesa. Quando hanno iniziato a lanciare i Grad è iniziato il casino».
Ricorda qualche azione particolarmente drammatica?
«Non ne parlo volentieri. Qualche azione di contenimento e di “pulizia”. Poi Mariupol. Un ragazzo di 18 anni che conoscevo si è buttato su una granata per non far morire il suo migliore amico accanto a lui. Tutto ciò non mi fa odiare i russi, sia chiaro».
Che armi usava?
«Ho avuto due AK (Kalashnikov, ndr) uno dell’85; quando son migliorato nel tiro, mi hanno dato un AK S 74 dell’88».
Chi vi fornisce le armi?
«Arrivano in casse imballate dal ministero degli Interni ucraino. Sul primo Kalashnikov c’era già scritto “spedito”, l’avevano venduto mi pare in Africa, ma se lo sono ripreso. Un bagno d’olio, li abbiamo puliti e via. Ho dovuto penare per avere una baionetta».
Serve la baionetta?
«Mai usata: Abbiamo tutti un coltello personale».
Ha avuto occasione di usarlo?
«No. Non sono per scannare la gente».
È stata la prima esperienza di guerra o ha combattuto su altri fronti?
«È la prima. Prima guerriglia di piazza negli anni ’70. In Italia, naturalmente, poi Spagna e Francia».
Ha ricevuto dei soldi per andare a combattere?
«Caspita, basterebbe vedere i miei estratti conto! Prima eravamo “uomini neri” e quindi non eravamo niente, poi siamo riusciti a ottenere lo status di battaglione di Polizia, a quel punto ho ricevuto 300 dollari».
Pagati da chi?
«Me li ha dati il mio capo plotone».
Ma i soldi da chi arrivano?
«Immagino dal Ministero. Tenga conto che io firmavo solo per prendere il Kalashnikov e le munizioni. Null’altro».
Ha conosciuto dei contractor che combattevano con voi?
«Una fesseria. Chi è quell’idiota che va a combattere per 300 dollari? In questo veleno nel quale la Nato tenta di mettere piede non escludo, però, che arrivino presto degli istruttori a Kiev».
La stampa russa sostiene che lei si è recato in Ucraina per vendicare l’uccisione di suo nonno, in Russia, durante la II guerra mondiale, è vero?
«Altra bischerata. Mio nonno e mio zio erano comunisti piuttosto noti a Massa. Mio nonno è morto felicemente nel suo letto».
Pensa di tornare a combattere in Ucraina?
«Il mio cuore è rimasto lì e vorrei tornare a dare una mano... Ma il tempo passa».