Danilo Taino, Corriere della Sera 3/2/2015, 3 febbraio 2015
MENO CATASTROFISMO CONTRO L’EFFETTO SERRA
È straordinario come da vent’anni cresca regolarmente l’allarmismo sui cambiamenti climatici ma, in parallelo, aumentino anche le emissioni globali di gas serra. C’è qualcosa che non funziona. Dal momento che a fine anno si terrà a Parigi una conferenza delle Nazioni Unite ritenuta il momento chiave per impostare la strategia del dopo-Kyoto nella lotta al riscaldamento globale, è probabilmente il caso di interrogarsi sulle strategie che il mondo dovrebbe mettere in atto. Prendendo atto che quelle del passato sono fallite. Il primo passo è stabilire qualche punto fermo.
Che assistiamo a un rialzamento globale delle temperature è evidente nell’esperienza di tutti e dagli studi di gran parte dei ricercatori. Che questo sia provocato dall’attività umana, in particolare dalle emissioni di gas serra, è estremamente probabile – come indicano un gran numero di scienziati. Ciò significa che il mondo sta andando velocemente verso la catastrofe, come sostengono molti movimenti e molti politici di rilievo, in testa l’ex vicepresidente americano Al Gore? Probabilmente no. In un articolo apparso lunedì sul Wall Street Journal , Bjorn Lomborg – un ambientalista controverso non allineato al catastrofismo – ha ricordato che negli scorsi 15 anni il modello medio degli scienziati prevedeva un aumento della temperatura di 0,8 gradi Fahrenheit: alla prova dei fatti è stato di 0,09 gradi.
I ghiacci si sciolgono, è indubitabile: l’Artico più rapidamente di quanto previsto; ma, sempre a differenza di quanto prevedevano i modelli scientifici, il ghiaccio dell’Antartico cresce. Il livello degli oceani aumenta, ma alcuni studi calcolano che sia in corso un piccolo rallentamento di questa crescita. Lomborg sostiene che dal 1982 la superficie della Terra colpita dalla siccità è diminuita e che i tifoni sono in sostanza stabili dall’inizio del 1900. E riporta un dato interessante tratto dal database dell’Università di Oxford: nella prima metà del Novecento, inondazioni, siccità, temperature estreme, uragani provocavano in media 13 morti all’anno ogni centomila abitanti. Oggi siamo a 0,38 morti per centomila persone, il 97% in meno. Il problema vero, piuttosto, è la povertà che spesso rende molti Paesi incapaci di rispondere ai disastri provocati dai fenomeni climatici. Tutto sommato, insomma, il catastrofismo sembra piuttosto forzato.
Una ragione per non fare niente? Naturalmente no. Una ragione, però, per affrontare l’effetto serra con meno emozione e più razionalità. Alla conferenza Onu di Parigi, si confronteranno diverse posizioni. Alcune sembrano avere scarse possibilità di successo: per esempio quelle sostenute da movimenti e militanti un tempo della sinistra sociale oggi virate all’ambientalismo, che mirano al superamento del capitalismo tout-court . Altre puntano a mettere un limite alle emissioni: ma è la strada di scarso successo seguita dall’accordo di Kyoto in poi. Una variante di quest’ultima è l’imposizione di una tassa globale sulle emissioni.
Un’altra strategia prevede di finanziare meglio la ricerca sulle energie rinnovabili e sui modi per stoccare l’energia solare e del vento per abbassare i costi.
Di certo, servono nuove strategie: il catastrofismo scalda i cuori ma non raffredda l’ambiente.