Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri pomeriggio Julian Assange s’è affacciato al balcone dell’ambasciata londinese dell’Ecuador e con questo semplice gesto, prima ancora di dire le cose non straordinarie che poi ha detto, ha guadagnato la prima posizione dei siti di tutto il mondo.
• Come mai? Chi è costui?
Se ne ricorderà di sicuro. Alla fine del 2010 il sito Wikileaks, capitanato appunto dall’australiano Julian Assange, rovesciò su Internet 251 mila documenti che contenevano notizie riservate – e di importanza variabile – relative alla diplomazia americana e ai suoi alleati. Il solo fatto che un hacker si fosse impossessato di quella roba e che esistesse un sistema per metterla in rete a disposizione di tutti fece impazzire non solo gli americani, ma in definitiva tutta la diplomazia occidentale. Julian Assange diventò subito una specie di pericolo pubblico numero uno, quasi allo stesso livello di Osama bin Laden, in quel momento ancora vivo.
• Come è riuscito a non farsi arrestare?
Arrestarlo non era così semplice: mettergli le manette con l’accusa di spionaggio avrebbe tra l’altro comportato il rischio di un’assoluzione, con la quale si sarebbe formalizzata un specie di liberatoria universale delle rivelazioni. Assange continuava infatti a riversare su internet decine di migliaia di documenti, alcuni riguardanti anche Berlusconi, i suoi festini e la sua amicizia con Putin. Roba non troppo scottante, alla fine, ma era scottante il fatto che quella roba fosse nelle sue mani. Per star sicuri, le potenze occidentali (mi passi l’espressione) fecero partire un’accusa di doppio stupro che Assange avrebbe consumato a Stoccolma. Lo accusavano cioè gli svedesi, che chiedevano per questo un’estradizione. La storia dello stupro (ricostruita nel dettaglio dal “Guardian” e raccontata a suo tempo anche da noi) non stava in piedi, e qualunque tribunale lo avrebbe alla fine assolto. Ma il problema era l’estradizione: Assange, soprattutto, non voleva finire, alla fine del giro, negli Stati Uniti. Gliela faccio breve: alla fine l’Ecuador gli concesse asilo politico e grazie a questo Assange potè entrare nell’ambasciata ecuadoregna di Londra. E non muoversi più da lì.
• Da quanto tempo sta chiuso nell’ambasciata?
Dal 19 giugno. Nelle prime settimane ha dormito su un materassino gonfiabile, ora gli hanno dato una camera da letto con la doccia. Mangia nel cucinino dell’ambasciata oppure (dice l’Associated Press) si fa portare la pizza da fuori. L’ambasciata londinese dell’Ecuador sta a Knightsbridge, a due passi da Harrods. Il rischio per Assange è che debba restare chiuso lì dentro per anni. Gli inglesi non hanno nessuna intenzione di farselo scappare e nemmeno di farsi prendere in giro. Hanno persino minacciato un’irruzione. Perciò: niente baule diplomatico con Assange chiuso dentro, niente macchina dell’ambasciata che fila verso l’aeroporto con Assange protetto da due guardie amiche. Il problema per Londra è casomai il costo di questa sorveglianza: 50 mile sterline al giorno, due milioni di euro al mese per mantenere 24 ore su 24 quaranta agenti intorno all’edificio e sulle scale dell’ambasciata.
• Che cosa ha detto ieri Assange?
Assange, affacciandosi dal balcone, ha detto: «Sono qui oggi perché non posso essere laggiù con voi». Sotto al balcone c’era una piccola folla osannante. Assange, che è sempre andato in giro piuttosto malmesso e con un’aria cadaverica, è apparso adesso straordinariamente in ordine, camicia azzurra, cravatta rossa, un taglio di capelli pulito, l’aria da manager. «La libertà d’espressione è minacciata. Ho chiesto a Obama di fare la cosa giusta. Gli Stati Uniti devono rinunciare alla caccia alle streghe nei confronti di Wikileaks e smettere di minacciare la libertà dei mezzi d’informazione, che si tratti del mio sito o del New York Times». Ha poi ringraziato tutti quelli che lo hanno sostenuto e si è ritirato. Lei capisce che c’è un tema colossale dietro a questa battaglia: se Internet possa continuare ad essere un luogo di libertà assoluta d’espressione oppure se si debba introdurre nella rete una qualche forma di controllo. Non la faccia troppo facile, in realtà è un problema molto complicato.
• Non ci sarebbe il modo di raggiungere una qualche intesa?
Il governo dell’Ecuador si è detto aperto al dialogo con la Gran Bretagna per risolvere la crisi diplomatica scoppiata dopo la concessione dell’asilo politico al fondatore di Wikileaks, a patto che Londra ritiri la minaccia di fare irruzione nell’ambasciata. Il ministro degli Esteri Ricardo Patino ha aggiunto che il negoziato non riguarda la questione dell’asilo politico, ma la possibilità di «ottenere una dichiarazione di garanzia per la vita di Assange. E che non venga estradato in un altro paese».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 agosto 2012]