Rassegna, 20 agosto 2012
Scontro Cina-Giappone per le isole contese
• Pechino e Tokyo stanno litigando per un arcipelago che i cinesi chiamano Diaoyu e i giapponesi Senkaku, tra Okinawa e Taiwan, nel Mar Cinese Orientale. All’alba di ieri una flotta di venti imbarcazioni giapponesi, salpate sabato notte da Ishigaki e guidate da un gruppo di politici nazionalisti, ha attraccato al disabitato isolotto di Uotsori, issando il vessillo del Sol Levante. Immediata la reazione del governo di Pechino, che ha intimato a Tokyo di porre fine «a un’azione che danneggia la nostra sovranità territoriale» e ha convocato l’ambasciatore giapponese per esprimere «forte irritazione». Lo stesso esecutivo del Giappone, dove la maggioranza democratica si regge a stento grazie all’appoggio della destra conservatrice, aveva tentato invano di fermare la spedizione anti-cinese, per evitare la crescita dei consensi del sindaco di Osaka, astro nascente dell’estremismo nazionalista nipponico. [Visetti, Rep] L’azione dimostrativa ha scatenato manifestazioni anti-giapponesi in molte città della Cina. Del Corona sul Cds: «L’agenzia Xinhua parla di “migliaia di persone” scese in strada per protestare contro lo sconfinamento degli attivisti giapponesi. Da Canton a Shenyang, da Qingdao ad Harbin, da Hangzhou a Chengdu fino a Shanghai il bilancio è di danneggiamenti vari, feriti, assalti a ristoranti giapponesi, bandiere bruciate. A Shenzhen almeno un’auto della polizia di marca nipponica è stata assaltata dalla folla e distrutta. A Hong Kong – la città che gode di autonomia amministrativa ma dalla quale una settimana fa era partita un’imbarcazione di nazionalisti cinesi poi sbarcati su una delle Diaoyu/Senkaku – un corteo ha marciato fino al consolato giapponese. Le autorità di Tokyo avevano ordinato ai circa 150 attivisti, mossisi a bordo di 21 imbarcazioni, di evitare provocazioni e di non attraccare. La nuotata fino a riva ha invece aggirato il divieto facendo infuriare Pechino, benché proprio l’agenzia di stampa cinese abbia rilevato che nessuna delle persone arrivate a terra sia un membro del parlamento nazionale. Tre unità della guardia costiera hanno seguito la flottiglia e la polizia di frontiera avrebbe poi interrogato i dieci giunti a riva».
• Fa notare la Sala sulla Stampa: «Sia Tokyo che Pechino stanno attraversando delicate fase politiche: in Giappone, il primo ministro Yoshihiro Noda, la cui popolarità è ai minimi storici sta cercando il momento migliore per indire nuove elezioni senza consegnare il Paese all’opposizione. In Cina, invece, il Partito Comunista prepara la successione decennale ai massimi vertici del potere, con la selezione, prevista per il prossimo ottobre in occasione del Plenum di Partito, dei nove membri del Politburo. Fra generali cinesi che lanciano appelli alla guerra sacra per difendere il territorio nazionale, e parlamentari giapponesi di destra decisi a non farsi dimenticare in vista delle elezioni, la tensione ha raggiunto livelli di guardia. La domanda popolare, sia giapponese che cinese, di mostrarsi “forti” con il vicino asiatico non rientrava nei piani di nessuno dei due Paesi».
• Le isole contese, Senkaku per i giapponesi e Diaoyu per i cinesi, erano state occupate dagli americani nel 1945. Non interessavano a nessuno, fino a quando nel 1969 uno studio dell’Onu aveva rivelato che sotto il loro mare c’è petrolio e gas. Washington le aveva restituite a Tokyo nel 1971, nell’ambito degli accordi che avevano definito l’assetto di Okinawa, sede di una fondamentale base militare Usa. Circa dieci anni prima, gli Stati Uniti avevano firmato col Giappone il Treaty of Mutual Cooperation and Security, che con l’articolo 5 prende un impegno simile a quello che ha la Nato verso i suoi membri: «Ciascuna parte riconosce che un attacco armato contro i territori sotto l’amministrazione del Giappone sarebbe pericoloso per la propria pace e sicurezza, e dichiara che agirebbe per contrastare il comune rischio». Le Senkaku sono amministrate da Tokyo, e quindi gli americani sarebbero obbligati a difenderle, se la Cina compisse qualche atto ostile. [Mastrolilli, Sta]