Paolo Migliavacca, Il Sole 24 Ore 20/8/2012, 20 agosto 2012
LA RISCOSSA DEL GAS LIQUIDO VERRÀ DA AUSTRALIA E AFRICA
Sarà il Gnl, il gas naturale liquefatto, a spingere i consumi di gas nei prossimi anni. Lo rivela un recentissimo studio della banca svizzera Ubs, secondo cui l’utilizzo di Gnl passerà dai 325 miliardi di metri cubi del 2011 ai 598 miliardi del 2020, con un incremento nell’arco di un decennio dell’84 per cento. La quota più consistente degli aumenti si concentrerà nel periodo successivo al 2015 (solo 51 miliardi di metri cubi aggiuntivi fino a quella data), grazie all’attesa ripresa dell’economia mondiale.
Lo scorso anno, a causa della crisi economica globale, i consumi di gas sono cresciuti appena del 2,2% rispetto al 2010 (da 3.153 a 3.223 miliardi di metri cubi), mentre negli anni precedenti gli incrementi oscillavano in media sul 4-5% annuo. Il modesto incremento del 2,2% è frutto, in realtà, di andamenti assai contrastati: un crollo del 9,9% in Europa, una domanda che è rimasta nella media mondiale per gli Usa, gli autentici boom di alcuni "nuovi consumatori" come Cina (+21,5%) e Arabia Saudita (+13,2%). L’aumento contenuto dei consumi risulta ancor più eloquente se si tiene conto che la produzione è invece cresciuta del 3,1% (da 3.178 a 3.276 miliardi di metri cubi).
Lo scenario incerto è però ampiamente compensato dall’andamento assai positivo di alcuni comparti particolari, come quello dello shale gas, la cui quota è giunta a costituire il 5% circa della produzione mondiale. I cosiddetti "gas non convenzionali" (oltre allo shale, il tight gas e il coalbed methane) - le cui avanzate tecnologie di estrazione li rendono ormai disponibili a prezzi competitivi con il metano tradizionale (vedi Il Sole 24 Ore del 18 giugno 2012) - risultano talmente abbondanti da raddoppiare le riserve accertate di gas (380mila miliardi di metri cubi complessivi), le quali, agli attuali ritmi di consumo, dureranno circa 120 anni.
È tuttavia sulle tipologie di gas consumato che si prospettano le novità più interessanti. Già lo scorso anno le quantità movimentate via pipeline sono cresciute in forma quasi impercettibile (da 685,5 a 694,6 miliardi di metri cubi, +1,3% sul 2010), a riprova delle difficoltà economiche incontrate dai mercati maturi, mentre il Gnl ha mostrato risultati molto brillanti, con un aumento del 10% netto, secondo i dati riferiti dal «BP Statistical Review of World Energy 2012». Ma è soprattutto nei prossimi anni che il Gnl appare destinato a raccogliere lusinghieri successi.
D’altronde, i fabbisogni in alcune parti del mondo crescono: l’Estremo Oriente vedrà balzare la sua domanda, nel decennio a venire, da 116 a 309 miliardi di metri cubi (+166%). E questo sia per la possente crescita economica, sia per la scarsità di fonti produttive interne. Senza dimenticare l’aspetto ecologico: la necessità di sostituire il carbone con altre fonti energetiche per salvaguardare l’ambiente. Secondo le stime di Ubs, tuttavia, proprio India e Cina, i maggiori utilizzatori di carbone, resteranno un po’ indietro in questa riconversione al gas, insieme alla Corea del Sud: alla fine del decennio la generazione di elettricità mediante gas oscillerà tra il 23,6% di Taiwan e il 95% di Singapore, con il Giappone collocato al 33 per cento.
Ma chi fornirà le risorse metanifere aggiuntive necessarie a far fronte a questa domanda? Secondo lo studio Ubs, i futuri, grandi produttori di Gnl sono già chiaramente individuabili. Grazie anche al boom produttivo legato allo shale gas, gli Usa stanno allestendo una capacità di export pari a 38 miliardi di metri cubi annui entro il 2020. Sono però in molti a dubitare che tale valore sarà effettivamente raggiunto, sia per la scelta, dettata anche da ragioni ambientali, di puntare a fondo sui consumi interni di gas, sia per ragioni strategiche: Pentagono e Dipartimento di Stato puntano a mantenere significative riserve interne di combustibili fossili da utilizzare in caso di crisi internazionali che creino emergenze nei rifornimenti energetici. È invece più probabile che il Canada, a partire dal 2017-2018, aumenti la propria capacità di esportazione di 30-40 miliardi di metri cubi annui, in parte verso gli Usa (8-10 miliardi), ma soprattutto verso l’Asia.
Altro grande produttore potenziale di Gnl è l’Africa. Nigeria e Guinea Equatoriale già ora esportano gas liquefatto (poco meno di 12 miliardi di metri cubi nel 2011), cui presto si aggiungeranno l’Angola e, alla fine del decennio, Mozambico e Tanzania.
Ma la vera rivoluzione per il Gnl si prepara proprio nel suo mercato elettivo. L’Estremo Oriente ha potuto infatti contare finora sulle esportazioni di Thailandia, Malaysia e, soprattutto, Indonesia. Ma le riserve limitate di questi Paesi stanno per trasformarli in importatori netti. Chi è in grado di sostituirli? Gran parte dei rifornimenti, secondo lo studio Ubs, verrà dall’Australia. La produzione dovrebbe salire dagli attuali 27 miliardi di metri cubi annui ai 143 miliardi del 2020, cui si aggiungerà il flusso proveniente dal Medio Oriente: Qatar su tutti, poi Emirati arabi uniti, Oman e Yemen.