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 2012  agosto 20 Lunedì calendario

Sanatoria Germania e Svizzera hanno siglato ad aprile un accordo fiscale in base al quale i tedeschi che hanno conti non dichiarati nella Confederazione dovranno pagare una tassa una tantum compresa tra il 20 e il 34 per cento sul capitale e pari al 23,6 per cento sugli interessi

Sanatoria Germania e Svizzera hanno siglato ad aprile un accordo fiscale in base al quale i tedeschi che hanno conti non dichiarati nella Confederazione dovranno pagare una tassa una tantum compresa tra il 20 e il 34 per cento sul capitale e pari al 23,6 per cento sugli interessi. Il patto prevede l’anonimato per chi si avvale dello «scudo» Incognite L’intesa, che dovrebbe entrare in vigore nel 2013, deve essere approvata dal Bundesrat, il Parlamento regionale tedesco, dove la Spd ha annunciato voto contrario Altri accordi Accordi fiscali con la Svizzera sono stati siglati anche da Stati Uniti, Gran Bretagna e Austria. In dirittura d’arrivo anche un’intesa tra Roma e Berna ROMA — Neanche Giulio Tremonti, un tempo considerato il nemico «numero uno», si era mai spinto tanto in là. L’ex ministro dell’Economia accusava le banche svizzere di evadere le direttive fiscali Ue, di fabbricare più società panamensi che lo Stato caraibico, di confezionare trust con l’unico scopo di non far pagare le tasse ai loro clienti stranieri. Sigmar Gabriel, presidente dell’Spd, il partito socialista tedesco, sabato scorso, è andato ben oltre. Paragonando le banche elvetiche alla «criminalità organizzata», per dare avvio ad una durissima offensiva del suo partito contro l’accordo sulla tassazione dei capitali tedeschi, si dice 180 miliardi di euro, nascosti nei forzieri della Confederazione. Un’intesa che ora vacilla, gettando forti incognite anche sul negoziato avviato dal governo italiano con la Svizzera per giungere ad un accordo analogo. I socialdemocratici in Germania sono fuori dall’alleanza di governo, ma sono nella coalizione di maggioranza del Bundesrat, la camera regionale. Il loro voto è necessario per la ratifica dell’intesa con la Svizzera, ma hanno già detto che non arriverà. «L’accordo fiscale con la Svizzera è morto» ha sentenziato ieri Jens Bullerjahn, ministro delle Finanze della Sassonia, mentre Hannelore Kraft, presidente della Nord Renania Vestfalia, il più grande stato federale del Paese, ha detto che il suo governo continuerà ad acquistare «informazioni riservate» dalla Svizzera sui presunti evasori tedeschi, una pratica che sarebbe esplicitamente vietata dall’accordo tra i due governi. Secondo la Kraft, in attesa dell’entrata in vigore dell’accordo, che sottoporrebbe i capitali tedeschi in Svizzera ad una tassazione una tantum compresa tra il 20 e il 34% sul capitale e del 23,6% sugli interessi, gli istituti elvetici «stanno consigliando ai clienti tedeschi di spostare i loro soldi in Asia». Ed è proprio questo uno dei punti più contestati dell’accordo raggiunto in aprile dai due governi. Non c’è nessuna garanzia, dicono i socialdemocratici, che i capitali tedeschi siano effettivamente sottoposti alla tassa una tantum. Potrebbero uscire e rientrare in Svizzera dopo maggio del 2013, quando i titolari dei conti dovranno decidere se comunicare i dati al Fisco tedesco, o pagare l’imposta sostitutiva svizzera del 26,3%. «Quando entrerà in vigore i cittadini tedeschi disonesti resteranno anonimi, pagheranno meno di un contribuente onesto e si troveranno i redditi non denunciati completamente ripuliti» accusa la Kraft. L’Spd non è, tuttavia, l’unico ostacolo per l’intesa. Anche i socialisti svizzeri sono in subbuglio e nella Confederazione si profila un incerto referendum confermativo. E qualche ombra si allunga anche sul negoziato tra Berna e Roma. Saltasse quello con la Germania, apripista dell’Unione Europea, l’accordo sarebbe politicamente molto più difficile per il governo Monti. Sempre che vengano risolti i nodi tecnici sui quali sono al lavoro le due diplomazie. A cominciare dalla difficile trasposizione della futura convenzione nella legislazione italiana contro l’evasione fiscale. Mario Sensini