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 2012  agosto 20 Lunedì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

NEW YORK — Copertina di maggio: «Il primo presidente gay d’America». Copertina oggi: «Torna a casa Barack».
Tina Brown, direttrice di Newsweek/The Daily Beast e gran dama (un po’ decaduta) dell’editoria a Manhattan, colpisce nella settimana in cui il presidente vola a New York per un evento di raccolta fondi (il mese scorso il suo avversario l’ha battuto 101 milioni di dollari a 75). Dopo che qualche giorno fa era stato il rivale Mitt Romney a dirlo brutalmente in un comizio: «Obama faccia le valigie e torni a Chicago». Adesso è lo storico Niall Ferguson, britannico trapiantato in America, a scrivere il de profundis per un leader che non ha mai amato neanche da candidato (nel 2008 era consigliere di John McCain come ammette lui stesso all’inizio dell’articolo): «Non ha mantenuto le promesse, abbiamo bisogno di un altro presidente». Ferguson ha una rubrica fissa sul giornale, ma l’ampiezza del servizio di copertina equivale a una scelta di campo della direzione. Newsweek vende poche decine di migliaia di copie, ma l’influenza di Tina non si conta soltanto in edicola o sul Web. E quella foto di Obama con la giacca sulla spalla è scelta apposta per suggerire l’idea di commiato. O di cacciata.
I giochi si fanno duri. È cominciato il tamtam mediatico in vista della Convenzione repubblicana che lunedì prossimo a Tampa, in Florida, incoronerà ufficialmente la corsa del ticket Mitt Romney/Paul Ryan. La Convention democratica si terrà la settimana successiva. I sondaggi danno ancora in lieve vantaggio Obama nel voto popolare e in alcuni degli Stati chiave. Assistenza sanitaria e tasse sono i chiodi fissi di questo scorcio di campagna. Sulle tv nazionali spot al veleno e spazio a entrambi i fronti, pur con una visibile asimmetria: il tandem Romney-Ryan molto attivo, mentre sul fronte democratico il vicepresidente Joe Biden è quasi sparito. Dopo la sua sparata in Virginia (a un pubblico per metà nero ha detto «Romney vi rimetterà in catene»), Biden è stato messo un po’ in panchina. Mentre il suo capo sembra avere un problema con la stampa. I grandi giornali si lamentano perché il presidente li snobba: da mesi non fa una conferenza stampa alla Casa Bianca (per non parlare delle interviste) mentre trova il tempo di intervenire a un programma radiofonico del New Mexico per discettare di peperoncino e di musica (la canzone che al momento gli fa battere il cuore è «Crazy in Love» di Beyoncé). La First Lady Michelle organizza per questa sera alla Casa Bianca una cena ufficiale (Kids’ State Dinner) in cui una cinquantina di bambini dagli 8 ai 12 anni gareggeranno in un concorso culinario di cibo salutista in rappresentanza di tutti gli Stati americani.
La organizzerà anche l’anno prossimo o al suo posto ci sarà Ann Romney? Secondo lo storico Niall Ferguson il menù della presidenza Obama è un elenco di ricette bollite e fallite. Spesa pubblica alle stelle, debito fuori controllo, disoccupazione alta, una squadra economica vittima degli ego personali, una «disastrosa» riforma sanitaria. Mentre Obama forse si beava del clima da premio Nobel per la Pace, dice velenosamente Ferguson, a Washington cresceva la stella del deputato Paul Ryan che lo storico descrive come un riformatore che «non predica austerità ma crescita». Secondo Ferguson Obama è ossessionato dalla discesa in campo di Ryan. Che diversamente dal presidente, «non ha una storia personale da raccontare ma un piano per l’America». «Da quando l’ho conosciuto nel 2010 sogno di vederlo alla Casa Bianca». E Romney? «Scegliendo Ryan ha dato la prima vera dimostrazione di essere un leader coraggioso».
Michele Farina
mfarina@corriere.it