
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Guardia di Finanza ha diffuso ieri i dati relativi all’evasione fiscale del 2010, piuttosto impressionanti come al solito. I redditi non dichiarati assommano a quasi 50 miliardi di euro (49,245, +46% rispetto all’ammontare scoperto nel 2009). Evasori totali: quasi novemila (8.850, +18%).
• Che significa “totali”?
Persone o aziende che non hanno mai presentato nessuna denuncia. Costoro coprono quasi la metà di tutti i soldi trovati dalla GdF, cioè 20 miliardi. Si portano dietro, naturalmente, anche un’evasione Iva: 2,6 miliardi. L’Iva evasa nel complesso è pari a 6,3 miliardi, l’Irap a 30,5 miliardi, 635 milioni è invece l’ammontare delle ritenute non versate o ignorate. Quasi un quinto di tutta l’evasione è stata resa possibile dai paradisi fiscali. Al primo posto Lussemburgo e Svizzera, che hanno protetto più della metà di questi furbi. Seguono: Regno Unito (7%), Panama (6%), San Marino e Liechtenstein (2%). La Finanza fornisce numeri anche sui lavoratori in nero, sui falsi invalidi e i finti poveri e sull’industria dei falsi (stiamo sempre parlando di ciò che è stato scoperto e non del fenomeno in generale, che è evidentemente assai più vasto). Lavoratori in nero: 18.541 (+12%). Datori di lavoro che hanno fatto ricorso al nero: 7.822, di cui 5.508 extracomunitari. Falsi invalidi e finti poveri: 4.486, e non solo al Sud. Nel centro di Firenze tizi che abitano in appartamenti di lusso si facevano dare i buoni per le mense scolastiche dei figli, in Veneto altri campioni di patriottismo giravano su auto lussuose e chiedevano un contributo per pagare l’affitto (in Calabria, comunque, c’è un padrone di 90 immobili che ha chiesto l’esenzione dal ticket sanitario). I beni sequestrati alla criminalità organizzata nel 2010 valgono tre miliardi («il 23% è riconducibile a beni e aziende del Centro-Nord, segno che è ormai normale reinvestire i proventi da attività malavitose in qualunque parte del Paese»).
• Mi domando se il recupero totale di tutta l’evasione non basterebbe ad abbattere il nostro debito pubblico.
Purtroppo no. Il nostro debito pubblico è di 1800 miliardi e tutta l’evasione ipotizzata sta tra i duecento e i trecento miliardi. Sgominare del tutto l’evasione è illusorio: non c’è riuscito nessuno in nessun paese. Oltre tutto per una quota di evasori neutralizzata se ne crea subito un’altra che conta di vivere nell’ombra per i prossimi anni. Da noi poi, col sistema fiscale così oppressivo, l’incentivo a non pagare le tasse è ancora molto alto, se lo si confronta alla probabilità di essere preso. Comunque, per quello che riguarda il debito pubblico, bisognerebbe intanto destinare i proventi recuperati al recupero del debito e questo ancora non accade. In ogni caso, 1.800 miliardi sono davvero tanti. Per intaccarli ci vuole altro.
• Per esempio?
Ci sono state quattro proposte: una dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, una dell’ex presidente della Banca di Roma Pellegrino Capaldo, una terza di Veltroni, lanciata dal palco del Lingotto, e una quarta di Luigi Abete, presidente della Bnl. Tutti e quattro girano intorno all’idea di una patrimoniale, anche se Capaldo respinge, non a torto, questa definizione.
• Che cos’è una patrimoniale?
È un’imposta su quello che si possiede. Giuliano Amato ha calcolato che i 1.800 miliardi rappresentano un 30 mila euro di debito a testa. Prendiamo il terzo di cittadini più ricco e chiediamogli 10 mila euro una tantum. Si tratta di sei-settecento miliardi, che farebbero scendere il debito all’80% del Pil. Veltroni propone un contributo straordinario per tre anni al 10% più ricco. Abete propone un’imposta patrimoniale dello 0,1% sulla ricchezza che dia un gettito da 9 miliardi di euro l’anno. Pellegrino Capaldo suggerisce un’imposta sulla crescita di valore della casa, cioè si calcola a quanto è stata comprata, poi si calcola il valore attuale e sulla differenza si paga un’imposta. Con questa mossa lo Stato dimezzerebbe il suo debito. In sostanza si tratta per tutti di trasferire una parte del debito pubblico ai privati.
• Potrebbe succedere?
Berlusconi ha già detto che, finché sarà lui al governo, questo non accadrà mai. La Lega non ha commentato. Gli altri non sembrano contrari. Il mistero è Tremonti: a chi gli ha domandato che idee ha, ha risposto che la patrimoniale è un’ipotesi da salottino di Carlo De Benedetti. Però, nel piano che sottoporrà agli europei entro aprile, c’è scritto che il nostro fisco deve passare dall’imposizione sulle persone a quella sulle cose. Che significa? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/2/2011]
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