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 2011  febbraio 01 Martedì calendario

In Europa gli alveari hanno perso il 60% delle “operaie” - I numeri sono da catastrofe. Negli Stati Uniti le perdite negli alveari superano ogni anno il 30 per cento degli esemplari, sterminati dai parassiti Nosema e Varroa

In Europa gli alveari hanno perso il 60% delle “operaie” - I numeri sono da catastrofe. Negli Stati Uniti le perdite negli alveari superano ogni anno il 30 per cento degli esemplari, sterminati dai parassiti Nosema e Varroa. E dall’altra parte dell’oceano la commissione Biodiversità del Parlamento europeo ha appena ammesso di non essere riuscita a fermare il declino degli insetti impollinatori, con conseguenze a catena sull’equilibrio ambientale. «Una crisi tanto grave da rendere vani i miliardi di euro pubblici e privati messi sul piatto da Cina, India, Vietnam per aumentare la produzione di miele. Che resta lì al palo, nonostante la richiesta sul mercato cresca esponenzialmente», dice Francesco Panella, presidente dell’Unaapi, Unione nazionale associazioni apicoltori italiani, titolare di un’azienda di ottocento ettari tra la provincia di Alessandria e l’Appennino ligure. Sembra questione leggiadra e svolazzante, quella delle api, e invece è pesante. Almeno quanto quella delle cugine farfalle, che secondo il rapporto 2010 dell’Agenzia ambientale europea sono diminuite del 60 per cento. E dei bombi, comunemente confusi con i calabroni, quegli insetti scuri, tondi e pelosi che sono ormai a rischio di estinzione. E ancora, atterrando sul pianeta anfibi, delle rane. Una moria continua, che tra il 2005 e il 2008 ha visto in Italia la produzione di miele quasi dimezzata, da 130 a 75 mila quintali annui, e che qui nel Belpaese adesso vede segnali di speranza, mentre nel resto d’Europa e negli Usa ancora si piange, in una ridda di ipotesi che mette sul banco degli imputati radiazioni elettromagnetiche e insetticidi. «C’è una precisa coincidenza temporale - dice Panella - tra l’introduzione negli anni Novanta dei neonicotinoidi, nuovi micidiali insetticidi, e la morte degli insetti. Non a caso, da quando abbiamo ottenuto in Italia la sospensione dell’autorizzazione all’uso, la situazione è migliorata. Nel 2008 e nel 2009 abbiamo avuto due discrete annate. Le altre ipotesi, invece, sono tutte da dimostrare». Per capire il potenziale tossico dei neonicotinoidi, che hanno ormai conquistato il 50 per cento del mercato mondiale, basta dire che per conciare (cioè «impolverare» preventivamente) i semi di mais da piantare in un ettaro, ne bastano da quaranta a ottanta grammi. Settemila volte più potenti del Ddt. E per sei mesi la metà della dose somministrata resta nel terreno, mentre uguale sorte tocca a mari e fiumi, visto che le molecole di cloro legano con quelle dell’ acqua. Cronaca di una morte annunciata, quindi, quella delle api, «che sono animali con un sistema immunitario fragilissimo - spiega Panella - destinate ad ammalarsi di Nosema con dosi infinitesimali di questi insetticidi. Quanto alla Varroa, quello è un problema veterinario serio, che sembra non direttamente connesso ai prodotti chimici, ma certo è che se un animale è indebolito è esposto a tutte le malattie». Paradossalmente, invece, la domanda cresce, spinta nelle economie avanzate dalla ricerca di alimenti naturali e dalla scoperta di un prodotto che non è solo un dolcificante, ma è aroma, profumo, varietà, e soprattutto - aggiunge Panella - «da mezzo miliardo di persone del pianeta che hanno cominciato a sedersi a tavola».