Stefano Sansonetti, ItaliaOggi 1/2/2011, 1 febbraio 2011
QUEGLI YACHT INSEGUITI DAL FISCO
Un botta e risposta in piena regola. Sfidando l’impopolarità, armatori e proprietari di yacht accusano il Fisco di avere atteggiamenti vessatori nei confronti della categoria. E sostengono che avere un’imbarcazione, per quanto di lusso, non rappresenti il «male assoluto».
La risposta, però, non si fa attendere e arriva dritta dritta dalla penna del direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera, che in una lettera difende le proprietà del redditometro e invoca la necessità di un «cambio culturale».
Il terreno dello scontro, che si è consumato di recente, è il magazine Yacht & Sail, il mensile di riferimento di armatori e proprietari di imbarcazioni lussuose. La rivista, alla fine dell’anno scorso, ha sferrato un attacco niente male nei confronti della politica fiscale portata avanti dal governo. «A quanto pare lo stato non ama più la nautica», si sostiene senza troppi giri di parole in un articolo dedicato al tema. La colpa viene assegnata essenzialmente al redditometro, che rappresenterebbe «per antonomasia l’atteggiamento nei confronti della nautica». E «a quasi vent’anni dalla sua istituzione», è la tesi dell’articolo, «il sistema non si è evoluto favorevolmente». La critiche, nel dettaglio, si scagliano contro le specifiche che secondo il Fisco portano a classificare un bene di lusso. «Basta una barca a vela di oltre sei metri e stazza superiore a tre tonnellate», si legge, «per essere considerati tra i possessori di beni di lusso e quindi passibili di accertamento sintetico. Una critica ai coefficienti è complessa, però la nautica è sicuramente svantaggiata». E poi si critica anche il «maggior peso dato ai risparmi», con conseguente complicazione per la difesa del contribuente accertato, «perché a lui rimane l’onere di provare la sua capacità di risparmio nelle annualità pregresse». Insomma, un’agitazione che si trasforma in un auspicio per il futuro: «forse ci sarà una valutazione più complessiva del settore», perché gli armatori sono «stufi di sentirsi considerati sempre e comunque evasori».
All’Agenzia delle entrate l’articolo non è andato giù. Al punto che proprio nei giorni scorsi il direttore, Befera, ha deciso di scendere in campo prendendo carta e penna e inviando una lettera al magazine. Leggiamo: «Le barche non costituiscono, come riportato maliziosamente nell’articolo, un male assoluto, almeno nell’ottica dell’amministrazione finanziaria. Piuttosto, come altri indici rivelatori di un elevato tenore di vita, anch’esse sono poste in correlazione diretta con il reddito effettivamente dichiarato dal contribuente». Ne consegue, scrive Befera, «che soltanto nel caso in cui esista una forbice significativa tra spese effettive e quanto dichiarato scatta l’accertamento». Si tratta, appunto, della filosofia che sta alla base del redditometro. Poi arriva il momento delle considerazioni più generali. Le persone che dichiarano poco e hanno un tenore di vita elevato, dice ancora il direttore dell’Agenzia delle entrate, «non solo non rispettano il dettato costituzionale», ma «magari usufruiscono anche di prestazioni agevolate» rispetto «a chi davvero si trova nelle condizioni economiche comunicate al Fisco». Per questo, e qui si arriva alla conclusione, «è fondamentale un cambio culturale che coinvolga tutti per riconoscere l’interesse pubblico nelle attività di recupero dell’evasione, al di là di ogni interesse privato». Insomma, gli armatori sono avvisati, ma la categoria non rinuncia affatto a replicare e a confermare «la perplessità sulla politica generale del Fisco verso la nautica».