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 2011  febbraio 01 Martedì calendario

La Guardia di Finanza ha diffuso ieri i dati relativi all’evasione fiscale del 2010, piuttosto impressionanti come al solito

La Guardia di Finanza ha diffuso ieri i dati relativi all’evasione fiscale del 2010, piuttosto impressionanti come al solito. I redditi non dichiarati assommano a quasi 50 miliardi di euro (49,245, +46% rispetto all’ammontare scoperto nel 2009). Evasori totali: quasi novemila (8.850, +18%).

Che significa “totali”?
Persone o aziende che non hanno mai presentato nessuna denuncia. Costoro coprono quasi la metà di tutti i soldi trovati dalla GdF, cioè 20 miliardi. Si portano dietro, naturalmente, anche un’evasione Iva: 2,6 miliardi. L’Iva evasa nel complesso è pari a 6,3 miliardi, l’Irap a 30,5 miliardi, 635 milioni è invece l’ammontare delle ritenute non versate o ignorate. Quasi un quinto di tutta l’evasione è stata resa possibile dai paradisi fiscali. Al primo posto Lussemburgo e Svizzera, che hanno protetto più della metà di questi furbi. Seguono: Regno Unito (7%), Panama (6%), San Marino e Liechtenstein (2%). La Finanza fornisce numeri anche sui lavoratori in nero, sui falsi invalidi e i finti poveri e sull’industria dei falsi (stiamo sempre parlando di ciò che è stato scoperto e non del fenomeno in generale, che è evidentemente assai più vasto). Lavoratori in nero: 18.541 (+12%). Datori di lavoro che hanno fatto ricorso al nero: 7.822, di cui 5.508 extracomunitari. Falsi invalidi e finti poveri: 4.486, e non solo al Sud. Nel centro di Firenze tizi che abitano in appartamenti di lusso si facevano dare i buoni per le mense scolastiche dei figli, in Veneto altri campioni di patriottismo giravano su auto lussuose e chiedevano un contributo per pagare l’affitto (in Calabria, comunque, c’è un padrone di 90 immobili che ha chiesto l’esenzione dal ticket sanitario). I beni sequestrati alla criminalità organizzata nel 2010 valgono tre miliardi («il 23% è riconducibile a beni e aziende del Centro-Nord, segno che è ormai normale reinvestire i proventi da attività malavitose in qualunque parte del Paese»).

Mi domando se il recupero totale di tutta l’evasione non basterebbe ad abbattere il nostro debito pubblico.
Purtroppo no. Il nostro debito pubblico è di 1800 miliardi e tutta l’evasione ipotizzata sta tra i duecento e i trecento miliardi. Sgominare del tutto l’evasione è illusorio: non c’è riuscito nessuno in nessun paese. Oltre tutto per una quota di evasori neutralizzata se ne crea subito un’altra che conta di vivere nell’ombra per i prossimi anni. Da noi poi, col sistema fiscale così oppressivo, l’incentivo a non pagare le tasse è ancora molto alto, se lo si confronta alla probabilità di essere preso. Comunque, per quello che riguarda il debito pubblico, bisognerebbe intanto destinare i proventi recuperati al recupero del debito e questo ancora non accade. In ogni caso, 1.800 miliardi sono davvero tanti. Per intaccarli ci vuole altro.

Per esempio?
Ci sono state quattro proposte: una dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, una dell’ex presidente della Banca di Roma Pellegrino Capaldo, una terza di Veltroni, lanciata dal palco del Lingotto, e una quarta di Luigi Abete, presidente della Bnl. Tutti e quattro girano intorno all’idea di una patrimoniale, anche se Capaldo respinge, non a torto, questa definizione.

Che cos’è una patrimoniale?
È un’imposta su quello che si possiede. Giuliano Amato ha calcolato che i 1.800 miliardi rappresentano un 30 mila euro di debito a testa. Prendiamo il terzo di cittadini più ricco e chiediamogli 10 mila euro una tantum. Si tratta di sei-settecento miliardi, che farebbero scendere il debito all’80% del Pil. Veltroni propone un contributo straordinario per tre anni al 10% più ricco. Abete propone un’imposta patrimoniale dello 0,1% sulla ricchezza che dia un gettito da 9 miliardi di euro l’anno. Pellegrino Capaldo suggerisce un’imposta sulla crescita di valore della casa, cioè si calcola a quanto è stata comprata, poi si calcola il valore attuale e sulla differenza si paga un’imposta. Con questa mossa lo Stato dimezzerebbe il suo debito. In sostanza si tratta per tutti di trasferire una parte del debito pubblico ai privati.

Potrebbe succedere?
Berlusconi ha già detto che, finché sarà lui al governo, questo non accadrà mai. La Lega non ha commentato. Gli altri non sembrano contrari. Il mistero è Tremonti: a chi gli ha domandato che idee ha, ha risposto che la patrimoniale è un’ipotesi da salottino di Carlo De Benedetti. Però, nel piano che sottoporrà agli europei entro aprile, c’è scritto che il nostro fisco deve passare dall’imposizione sulle persone a quella sulle cose. Che significa? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/2/2011]