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 2011  febbraio 01 Martedì calendario

«Avanti Savoia!» Da Torino fino all’Atlantico - Quando nell’au­tunno del 1862 sposò Luigi I di Braganza re del Portogallo, la principessa Ma­ria Pia di Savoia aveva appe­na quindici anni e portava le sottane corte

«Avanti Savoia!» Da Torino fino all’Atlantico - Quando nell’au­tunno del 1862 sposò Luigi I di Braganza re del Portogallo, la principessa Ma­ria Pia di Savoia aveva appe­na quindici anni e portava le sottane corte. Per l’occasione dovette in­dossare un abito azzurro lun­go, di trine e crinolina, e porta­re un diadema di brillanti in testa, dono di nozze del mari­to. Per quanto fosse assai viva­ce di carattere, in quella occa­sione Maria Pia, quintogeni­ta del re Vittorio Emanuele II e dell’arciduchessa Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, apparve ai presenti, più che raggiante, quasi intimidita, con gli occhi spesso volti a ter­ra, e stanca.L’idea di dover la­sciare la patria la preoccupa­va, anche se lo sposo, succe­duto al fratello morto prema­turamente senza eredi, era non solo un bel giovane, ma anche una persona di profon­da cultura, fine intelligenza, conoscitore di lingue stranie­re, appassionato di arte e di musica. Alla fine, Maria Pia, pur non facendo mistero del­la nostalgia per il Paese nata­le, si affezionò profondamen­te al Portogallo, tanto da di­ventare una sovrana popola­re e amata. Sul punto di mori­re, tornata in Piemonte dopo la proclamazione della repub­blica in Portogallo, volle che il letto di morte fosse rivolto in direzione della nazione sul­la quale aveva regnato. La popolarità, tuttora eleva­ta, di questa Savoia nel Paese iberico è dimostrata dal fatto che là il best seller di quest’an­no è p­roprio una biografia ro­manzata dedicata alla sfortu­nata figlia di Vittorio Emanue­le II. Si tratta del volume Eu, Maria Pia. O destino trágico de uma princesa italiana rainha de Portugal (A Esfera dos Livros, pagg. 208), che, in meno di un mese, è giunto al­la terza edizione e ha riscosso un buon successo, oltre che di pubblico, anche di critica. Ne è autrice la giovane e bella duchessa Diana de Cadaval, moglie del principe Charles-Philippe d’Orléans, duca d’Angiò:una nobildonna,col­ta e intelligente, appartenen­te a­una delle più antiche e ari­stocratiche famiglie porto­ghesi, ramo cadetto della Ca­sa di Braganza. Appassionata della storia della sua famiglia e del suo Paese, Diana de Ca­daval, nota per le iniziative umanitarie e culturali pro­mosse nel castello avito di Évora, ha trovato nella figura della principessa italiana di­ventata regina del Portogallo il soggetto ideale per il suo esordio letterario. Il libro, da un punto di vista tecnico, non è né una biogra­fia né un romanzo, ma al tem­po stesso appartiene a en­trambi i generi. È infatti frutto di una minuziosa ricerca sto­rica e della collaborazione di due storici, ma utilizza l’ac­c­orgimento letterario dell’au­tobiografia per poter fornire della protagonista un ritratto intimo in grado di metterne in luce non tanto i dati biogra­fici legati alla vita pubblica, quanto quelli legati alla di­mensione privata e sentimen­tale. Maria Pia, malgrado le de­scrizioni che ne sono state fat­te, non era forse bellissima ­come,del resto,si deduce dal­­l’apparato iconografico del volume - ma aveva una gran­de vitalità e un carattere sola­re. Aveva avuto al fonte batte­simale, come padrino, addi­rittura Pio IX (e, anzi, proprio perciò le fu imposto quel no­me) e alla Chiesa fu sempre devota, mai però con quella dimensione un po’ bigotta che caratterizzava la sua pre­diletta sorella maggiore Clotil­de, cui fu particolarmente le­gata dopo la morte della ma­dre e che fu destinata, anche lei giovanissima, in nome del­la ragion di Stato, a sposarsi con Gerolamo Bonaparte. Divenuta regina di Portogal­lo, questa principessa italia­na, che aveva avuto una infan­zia difficile e che il marito avrebbe definito un po’ biz­zarra, conquistò l’amore del suo nuovo popolo non solo con le opere benefiche, ma anche con atti di coraggio che la resero celebre. Come, per esempio, quando si tuffò nel­le acque del Tago per salvare due bambini che stavano affo­gando, o come quando, du­rante l’incendio del Teatro dell’Opera di Oporto, sfidò la morte gettandosi tra le fiam­me. Aveva il senso della regali­tà e l’orgoglio della tradizione dinastica: ai sudditi che vole­vano fosse insignita di una onorificenza rispose orgoglio­samente che il suo atto di co­raggio era un ringraziamento all’ospitalità che Oporto ave­va offerto a Carlo Alberto. Nell’autobiografia apocri­fa di Maria Pia emergono so­prattutto i lati del carattere della regina - la sua vitalità, il suo amore per il marito e per i figli, il suo coraggio, la sua ca­pacità di sopportare i duri col­pi del destino, come la morte dello sposo e l’assassinio del figlio e del nipote in un atten­tato terroristico, ma anche certe sue doti di tipo «politi­co ». Se è vero che Maria Pia cercò sempre di essere defila­ta rispetto alla gestione del potere, è anche vero che si preoccupò di rafforzare l’im­magine della Monarchia, co­me istituzione destinata a co­agulare il sentimento nazio­nale. In questo quadro, se­condo l’autrice, si collocano le grandi e sfarzose feste, so­prattutto quelle in maschera, che la regina amava organiz­zare: ve ne fu una, per esem­pio, durante la quale ella cam­biò tre abiti nel corso della se­rata. Tutto ciò, secondo Dia­na de Cadaval non fu dovuto tanto all’amore per il lusso, quanto al desiderio di far ri­guadagnare al Portogallo il tempo perduto, portandone la corte al livello delle altre corti europee. Infatti quella era l’epoca in cui le corti, e la vita di corte, avevano un peso e una importanza politiche indiscutibili. Che il collegamento fra po­t­enziamento della corte e mo­dernizzazione del Portogallo sia davvero istituibile in que­sti termini è forse discutibile. Ma, alla fine, quel che conta è il ricordo, il buon ricordo, del­la regina venuta dall’Italia.