
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Se gli exit poll dicono la verità, la grande discussione delle prossime ore e giorni riguarderà il risultato del Pd, cioè capire se ha vinto o ha perso. E il risultato del Movimento 5 Stelle che appare forte almeno come nel 2013, se non ancora di più. Si vedano i risultati di Torino e Roma.
• Cominciamo con i dati.
I dati sono quelli di mezzanotte, con proiezioni, quando ci sono, sul 5% dei seggi, quindi con un margine d’errore del 3-4%, oppure sugli exit poll, cioè basati su quello che hanno detto gli elettori agli inviati dei sondaggisti che li aspettavano fuori dal seggio. In base a queste confessioni/proiezioni (sempre per una minima parte bugiarde) nessun candidato sindaco delle grandi città è risultato eletto al primo turno. Sì, ci sono almeno tre dei cinque sindaci in ballo che tutti considerano di sicuro rieletti, ma intanto non sono passati subito e questo è un elemento fastidioso, se non addirittura negativo, per Renzi. Fassino, che ancora un mese fa era certo di non aver fastidi dalla sua avversaria grillina, sta intorno al 39%, con la sua avversaria Chiara Appendino che gli è un passo con un 37-38%. La rielezione del cavallo di razza del Pd è in forse, mentre il risultato del Movimento 5 Stelle in questa città è di assoluto rilievo. A Bologna, il sindaco uscente, Virginio Merola, ha per ora il 40% e per il ballottaggio se la giocano sul filo del rasoio la candidata del centro-destra Lucia Borgonzoni e il grillino Massimo Bugani. Anche qui, il risultato del M5S è importante. Neanche De Magistris a Napoli, che ha quasi raddoppiato i consensi rispetto al primo turno di cinque anni fa, ha superato il 50%. Sta al 42,5 e il suo avversario tra quindici giorni dovrebbe essere Gianni Lettieri valutato in questo momento al 24,6. Qui per Renzi la sconfitta è indiscutibile: fatta la guerra a Bassolino per tenerlo fuori dai giochi, la sua candidata Valeria Valente sta appena al 19,8%.
• Quindi, direi che per Renzi non è andata benissimo.
Però nemmeno malissimo, le spiegheranno i democratici, tirando fuori il successo di Beppe Sala a Milano e la quasi sicura rielezioni, tra quindici giorni, di Virginio Merola a Bologna. Resta la decifrazione del caso di Roma.
• Sentiamo Roma.
Fino a due mesi fa nessuno pensava che Giachetti sarebbe arrivato al ballottaggio. Gli exit poll dicono invece che la partita si giocherà tra la grillina Virginia Raggi, prima col 36,8% - risultato enorme, le cui proporzioni nessuno aveva immaginato alla vigilia -, e proprio Giachetti, secondo per ora col 23,1, ma con la Meloni a pochissima distanza (la Meloni potrebbe ancora farcela). Renzi ci spiegherà che in una situazione per il Pd complicata come quella della Capitale, col processo mafioso, Marino defenestrato e la città a pezzi, è un grande risultato. Esiste la possibilità che Giachetti, alla fine, passi e batta la Raggi? È difficilissimo, ma è sicuro che nei prossimi quindici giorni tra pezzi di centro-destra e centro-sinistra e pezzi di centro-sinistra e sinistra-sinistra si intrecceranno trattative di tutti i tipi e a tutti i livelli. Vedremo il finale di Fassina per capire la consistenza reale della sinistra-sinistra (il discorso è valido anche a Torino, dove correva Airaudo).
• E Marchini?
Una delusione totale, se il dato sarà confermato: il suo consenso oscilla intorno al 9%, un vero flop, soprattutto se si considera lo slancio con cui Berlusconi ha creduto di appoggiarlo, mandando al macero Bertolaso, che non avrebbe fatto molto peggio di così. Infatti ieri a Porta a porta
La Russa ha accusato Berlusconi della sconfitta di Giorgia Meloni. Si calcola che se la Meloni avesse avuto l’appoggio di Forza Italia forse sarebbe andata al ballottaggio (da cui comunque, ai dati di mezzanotte, non è ancora del tutto esclusa).
• Ho l’impressione che il vero sconfitto sia Berlusconi.
È difficile negarlo. Il Berlusconi in versione «sulla destra comando ancora io» è uscito con le ossa rotte a Roma, dato che Marchini ha raccolto tanto poco. Non solo: l’accusa di aver impedito alla Meloni di affrontare tra quindici giorni la Raggi proprio per aver deciso di non darla vinta a Salvini si farà nelle prossime ore sempre più assordante. Significa che Salvini ha in mano la carta per diventare il leader nazionale del centro-destra? È difficile dirlo. Stefano Parisi, il candidato che ha ottenuto un risultato molto lusinghiero a Milano e che rischia di creare difficoltà molto serie al renziano Sala, somiglia pochissimo al profilo del premier leghista che possiamo immaginare guardando il modo come si muove e come ragiona Salvini. No, l’esito del primo turno di queste amministrative, se conferma il declino di Berlusconi, lascia sostanzialmente ancora irrisolti la maggior parte dei nodi della politica italiana.
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