Il Messaggero, 6 giugno 2016
La storia del lino parte da Campotosto e arriva a Cambridge
Se le università di Cambridge e Copenhagen puntano i riflettori su un paesino incastonato tra le montagne d’Abruzzo per riscoprire la storia millenaria del lino. Se un’équipe di studiosi europei ha scelto di soggiornare in un borgo dell’Appennino per individuare e sperimentare i segreti della produzione del lino. «La fonte della filatura e tessitura è proprio qui». Gli archeologi ne sono convinti. E Campotosto, placido borgo in provincia de L’Aquila, a oltre 1420 metri d’altezza (dove ieri facevano appena 10 gradi) sta diventando il cuore di uno speciale progetto europeo che ha addirittura l’ambizione di ricostruire le rotte, le mappe e i mercati del lino da Oriente a Occidente. Storie incredibili dell’archeologia italiana. Come è possibile? Da dove si è partiti? «Dal tesoro di Campotosto, perché qui si conservano, si tramandano e si coltivano solo semi di lino che hanno una storia ultra-centenaria. Una rarità in Italia», racconta Romina Laurito archeologa della Soprintendenza del Lazio e dell’Etruria Meridionale, specializzata in tessuti antichi e alla guida del progetto europeo TeSet (Textiles in Southern Etruria) nato in sinergia con il Centre for Textile Reseach delle Università di Copenhagen e Cambridge.
LE NONNINE
L’avventura per Romina Laurito è iniziata grazie all’incontro con Assunta Perilli, archeologa e artigiana tessile, originaria di Campotosto, con una radicata e profonda conoscenza del posto e delle sue tradizioni ultra-centenarie. Ha imparato tutto quello che sa dalla nonna Assunta, ma anche dalle altre nonnine – come le chiama lei – le anziane del paese, che le hanno raccontato tutti i segreti della produzione e della lavorazione di lino in un paesino di montagna, tra i più alti degli Appennini, dal profilo fiero e delicato che si riflette sul suo lago artificiale. Ma l’aspetto ancora più curioso della faccenda è che le hanno affidato i semi di lino ultra-centenari che si tramandano da donna a donna da oltre un secolo e mezzo. Come Assunta, la nonna di Assunta Perilli, ma anche come Vincenza e Laurina, alcune anziane del borgo, che hanno continuato a seminare il lino in grossi vasi, arrivati fino ad oggi grazie all’archeologa che li ha conservati. «E questa tradizione ha preservato un patrimonio eccezionale – riflette Laurito – al punto che ora l’Università di Cambridge e la studiosa Margarita Gleba hanno scelto i semi di Campotosto e li hanno portati nei laboratori di Cambridge come campione da analizzare da un punto di vista biologico. Le indagini che stanno conducendo ora sono relative agli isotopi stabili. I risultati saranno confrontati con altri semi selezionati accuratamente in Israele e nella stessa Inghilterra». Lo scopo è quello di cercare di comprendere la diffusione del lino da Oriente a Occidente. Non solo. Ma anche di scoprire se sia possibile differenziare la produzione di lino in base alle aree geografiche.Il progetto europeo ha, ora, il suo speciale workshop dal titolo Filo da Torcere, che si è chiuso ieri a Campotosto dopo tre giorni intensi di lavoro nei campi. Un evento, promosso con la Soprintendenza archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale (guidata da Alfonsina Russo Tagliente) concepito per essere una autentica filiera del lino. «Da un anno a Campotosto coltiviamo con gli speciali semi di lino un piccolo pezzo di terra in località la Macchiola avverte la Laurito – Tra maggio e giugno seminiamo. Ad ottobre invece trasformiamo la fibra del lino in filato seguendo la tradizione tipica dell’Italia centrale». Anche l’archeologia sperimentale gioca un ruolo chiave in questa operazione. Le studiose, insieme all’antropologa Flavia Carraro e all’archeologa Cristina Lemorini, hanno infatti riprodotto fedelmente gli strumenti archeologici per lavorare il lino. «Abbiamo coinvolto gli esperti precisa Laurito – coloro che sanno filare, tessere e colorare, proprio per capire come gli strumenti archeologici fossero impiegati e quali fossero le loro potenzialità. Un archeologo da solo non ne esce fuori, deve avvalersi di altre professionalità».