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 2016  giugno 06 Lunedì calendario

De Paolis, l’uomo delle Palme d’oro

Tradizione rispettata. Sarà Valerio De Paolis a distribuire in Italia la Palma d’oro 2016, I, Daniel Blake di Ken Loach, vincitore, inaspettato, a Cannes. Lo farà con la neonata Cinema srl e non con la Bim, la società che per anni si è aggiudicata i diritti delle opere vincitrici al festival ( Elephant, Farhenheit 9/11, L’enfant, Il vento che accarezzava l’erba, Deephan ) e che De Paolis ha venduto al colosso francese Wild Bunch.
Fiuto, fortuna, esperienza? «Nessun segreto – dice l’imprenditore torinese, classe 1942 —. Da decenni ho capito di voler fare come mestiere il valorizzatore, non solo di film, ma di contenuti di alcuni autori con cui negli anni ho intessuto rapporti stretti. Loach lo compro dal 1981. Ma in altri casi i film vincitori li ho acquistati direttamente a Cannes, come Elephant di Gus Van Sant. Quest’anno, per esempio, al Marché ho comprato anche Toni Erdmann di Maren Ade che molti davano per certa nel palmarès o Paterson di Jim Jarmusch». E anche Loving di Nichols, probabile concorrente agli Oscar.
De Paolis è l’uomo che ha fatto amare al pubblico italiano autori come Mike Leigh, Rohmer, Takeshi Kitano, Ang Lee, Ivory, Almodóvar, Wenders, Chen Kaige, Zhang Yimou. O film come Il favoloso mondo di Amélie di Jeunet, Le invasioni barbariche di Arcand, The Queen di Frears. «Film che parlano di temi che mi stanno a cuore: diritti civili, minoranze, questione femminile».
Una parabola professionale, la sua, che pare un romanzo (l’11 giugno sarà festeggiata con il Celebration of life Award al Biografilm festival di Bologna). «Mio padre era il direttore generale della Fox in Italia, ho cominciato sul set di Francesco d’Assisi di Michael Curtis».
L’azienda
De Paolis ha operato per più di trent’anni attraverso Bim, società che fondò nel 1983 e che poi ha ceduto ai francesi anziché passarne le azioni ai due figli perché non c’era successione d’impresa. Loro «fanno altro nella vita – dice —. È vero, il tema delle aziende familiari nel cinema è molto forte».
Il distacco da Bim è stato lento, un passo per volta, «è stato – racconta – come uscire da un lungo matrimonio. Adesso che la società è di Wild Bunch abbiamo un accordo per cui Bim può distribuire quattro film all’anno di Cinema srl e io resto come consulente per la televisione».
Perché De Paolis non è riuscito a stare con le mani in mano e ha dato vita a Cinema srl, la sua nuova «creatura». Piccolina, ancora – il primo atto è stato distribuire Taxi Teheran di Jafar Panahi nel 2015 – ma in crescita. «Finora abbiamo investito, per questo abbiamo utili ancora esigui, ma abbiamo ottime prospettive. Saremo a regime a settembre e saremo in nove persone». Tutte donne a parte lui. «Impiegate e dirigenti. Sono un forte sostenitore del lavoro femminile e anche all’allargamento della legge sulle quote di genere nei cda delle società private».
La struttura azionaria, riportata nel grafico in pagina, vede l’imprenditore in maggioranza assoluta, con quote del 15% ciascuno ai due figli Federica e Maino Roberto, e a Touria Dairf, sua moglie e mamma della sua ultimogenita ancora piccola. Pur essendo società avviata da poco la nuova attività di distribuzione cinematografica, Cinema srl ha già iniziato a stringere accordi. È, infatti, socia al 20% di Tempesta srl (a fianco di Carlo Cresto Dina, Leonardo Di Costanzo e Alice Rohrwacher) e al 7,49% di Circuito cinema (con la Lucky Red di Andrea Occhipinti, la stessa Bim, Greenwich e Officine Ubu). Prossimi progetti? «I nuovi film di Leonardo Di Costanzo e di Alice Rorhwacher. Li distribuirà Cinema».
Il settore
Non si fa troppe illusioni sulle potenzialità del mercato italiano per il cinema di qualità. Gli piace, però, la legge sull’audiovisivo in discussione in Parlamento: «Mi sembra ottima, spero vada in porto rapidamente». Mentre resta più freddo di fronte alla battaglia del ministro di Beni culturali per l’introduzione della nuova categoria di «film europeo» per cui auspica regimi di incentivo alle co-produzioni. «Se ne parla da decenni senza che si possa arrivare a concretizzarlo. Non c’è una politica comunitaria sul tema. Wild Bunch o Canal+ sono gruppi europei ma nessuno è così forte da poter reggere la concorrenza Usa». Jerome Paillard, direttore del Marché di Cannes, diceva a Corriere Economia che servirebbero un Amazon o Netflix europei. «Ho qualche dubbio. Sono fortissimi. L’enorme ricchezza di Amazon si rinnova ogni giorno lavorando sull’ordinativo grazie il cash. Si sentirà sempre di più la loro pressione sul mercato».
L’uomo delle Palme sostiene che non si può valutare il commerciale di una Palma d’oro. «Troppe variabili. Certo, aiuta a dare visibilità. Il più grande successo è stato Farhenheit 9/11 di Michael Moore: 10 milioni di euro di incasso. Ma la Palma del 2015, Deephan di Audiard, ha fatto solo 370mila euro». Ma di Audiard come di tanti altri autori mantiene a titolo personale i diritti, film di cui è stato anche co-produttore. «Non c’è futuro senza memoria». E infatti giovedì manda in sala Un americano a Parigi. E la carica di cui va più fiero è di consigliere di amministrazione della Cineteca di Bologna, eccellenza della conservazione.