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 2016  giugno 06 Lunedì calendario

L’agenda delle grandi città dopo il voto

Milano. Il progetto post-Expo e l’emergenza casa
I grandi progetti urbanistici, come la valorizzazione dell’area post-Expo, insieme alla riqualificazione delle periferie. La gestione dei servizi pubblici estesi alla città metropolitana e il nodo delle privatizzazioni delle grandi società a partecipazione comunale. E sullo sfondo, la gestione complessa degli immigrati e l’ambizione di abbassare le tasse locali. Sono questi i dossier che il prossimo sindaco si troverà sulla scrivania per i prossimi cinque anni.
Il progetto del dopo-Expo, ovvero la nascita di un polo all’avanguardia dedicato alle scienze umane e coordinato dall’Istituto italiano di tecnologie di Genova, è ancora in fase embrionale. Il prossimo anno Arexpo, la società proprietaria delle aree (estese per oltre un milione di metri quadrati), presenterà le linee guida, che dovrebbero prevedere laboratori e aziende e le facoltà scientifiche dell’Università Statale di Milano. Ma tutto è ancora da creare. Al momento si procede per piccoli passi, con iniziative estive per non lasciare abbandonata l’area che è stata infrastrutturata per l’Expo, e che agli enti locali è costata 160 milioni. Per Palazzo Marino la sfida sarà anche attirare imprese e start up sul territorio, con operazioni di marketing territoriale. Oltre a questo, Milano, come tutte le grandi città, vive l’esigenza di migliorare le periferie e rispondere all’emergenza casa: ci sono almeno 20mila domande di case popolari. La giunta Pisapia si era ripresa la gestione di 30mila alloggi di sua proprietà; ora il prossimo sindaco dovrà decidere se proseguire ancora in questa direzione o affidare a un gestore privato l’edilizia pubblica.
Intanto nei prossimi anni dovrà prendere vita la città metropolitana: i comuni dell’hinterland dovranno far parte della “grande” Milano, con servizi e trasporti estesi. Le società partecipate andranno probabilmente integrate, i trasporti estesi e i biglietti uniformati. Ci sono già ipotesi di estendere la metropolitana 5 fino a Monza, mentre intanto si calcola la sostenibilità della metro 4, i cui lavori sono stati avviati, ma il cui costo sale di anno in anno, incidendo pesantemente sulle casse comunali per i prossimi 30 anni. Sempre a proposito di partecipate, ci sarà la necessità di decidere cosa fare delle quote di controllo della società aeroportuale Sea e della multiutility A2a, le due principali controllate comunali. Per gli scali di Linate e Malpensa, possibile una riduzione delle azioni (passando dalla maggioranza assoluta a quella relativa); su A2a non ci sono ancora strade chiare.

Sara Monaci

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Roma. La pressione fiscale è la più alta d’Italia
Una città allo stremo, colpita dalle inchieste e dalla corruzione, provata dal degrado e dalla crisi economica. La strada da percorrere per il nuovo sindaco della Capitale si presenterà tutta in salita. A cominciare dal risanamento dei conti, dalle risorse da reperire per rilanciare i trasporti pubblici e porre fine al degrado sul territorio.
Sui conti capitolini pesa già il Piano di rientro per rimborsare il debito pre-2008. Una voragine da 12 miliardi che drena 500 milioni l’anno destinati alla gestione commissariale: 300 dei quali a carico dello Stato e 200 milioni a carico dei romani con il contributo di un’addizionale Irpef aggiuntiva dello 0,4 per cento. Il commissario Francesco Paolo Tronca, insediato in Campidoglio lo scorso novembre dopo le dimissioni di Ignazio Marino, ha provato a rimettere i conti in carreggiata. Per il 2016 sono stati varati tagli da 164 milioni, con 500 milioni liberati per gli investimenti. La tassa sui rifiuti è diminuita del 2%, ma la pressione fiscale su cittadini e imprese resta altissima. Secondo uno studio Uil, tra addizionale comunale Irpef (con super addizionale per ripianare il debito), addizionale regionale Irpef, Tasi prima casa, Imu-Tasi su altri immobili, tariffa rifiuti, il gettito medio pro-capite delle tasse locali a Roma è arrivato nel 2015 a 2.726 euro, record in Italia.
C’è poi il capitolo trasporti: secondo i dati Eurobarometro, i romani soddisfatti dei trasporti pubblici locali sono passati dal 35% del 2009 al 30% del 2015 (a Londra siamo nel 2015 all’86%, a Parigi al 79% e a Madrid al 71%). L’Atac, l’azienda del trasporto pubblico (100% del Comune), è stata per lunghi anni il buco nero dell’amministrazione, con continue ricapitalizzazioni nel complesso superiori al miliardo. Ora Atac ha avviato un piano di riorganizzazione: il debito, quasi 1,7 miliardi a fine 2013, dovrebbe scendere a 1,3 miliardi quest’anno. La perdita 2015 è stata di 78,9 milioni, che dovrebbe diminuire a 40,3 nel 2016, per poi azzerarsi nel 2017. Da risolvere anche il completamento della Linea C della metro: oggi è in funzione da Pantano a Lodi; la prossima stazione da aprire (forse nel 2017) è San Giovanni, per garantire almeno l’incontro con un nodo della Linea A.
Ma oltre al trasporto tra le emergenze più sentite dai cittadini c’è quella delle buche: i costruttori romani hanno stimato che per risolvere il problema servirebbero 250 milioni l’anno per cinque anni. A cui andrebbero aggiunti altri 100 milioni l’anno per la manutenzione.
Laura Di Pillo e Andrea Marini

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Napoli. Sul tavolo periferie e disoccupazione
Bagnoli, Napoli Est, il porto, il completamento delle infrastrutture e di conseguenza lavoro, traffico, condizione sociale e criminalità: sono questi i dossier aperti che aspettano il vincitore delle elezioni a Napoli, capitale del Sud che arranca rispetto ad altre città italiane. Basti pensare che qui il tasso di occupazione è fermo al 37,4%, ben lontano dalla media nazionale del 56,3 per cento.
Il sindaco di Napoli sarà a capo di una delle maggiori aree metropolitane d’Italia. Un’area con 92 comuni e tre milioni di abitanti, dove la camorra è un fatto strutturale e con una criminalità ciclicamente più aggressiva.
Sul progetto di riqualificazione e rilancio del vecchio sito industriale di Bagnoli è aperto un duro scontro: l’area è ormai una scommessa del Governo strappata al Comune. Renzi ha scelto la nuova governance che ha fatto il progetto senza incontrare barricate. Ora è grande l’attesa per l’attuazione delle promesse fatte.
A Napoli Est, invece, le opere pubbliche vanno a rilento, fatta eccezione per il campus dell’Università Federico II (che ospiterà la nuova sede di Apple) e per pochi interventi privati.
Anche il porto resta un punto critico. Inoltre, con i Grandi progetti da almeno un miliardo che la giunta regionale ha approvato fuori tempo massimo, rischiano di andare in fumo fondi e possibilità di riscatto.
Nel cahiers de doléances ci sono anche le periferie, in cerca di occasioni per uscire dal degrado. I giovani delusi emigrano: l’età media di chi resta è passata dai 38,4 anni del 2002 ai 41,7 del 2015. In città arrivano più turisti, ma i quartieri restano scollegati e il progetto Centro storico è realizzato solo per il 13 per cento.
Solo l’emergenza rifiuti può dirsi finita, ma rimane sul tavolo della prossima giunta la questione compostaggio. La raccolta differenziata, che il sindaco de Magistris voleva al 70%, si è infatti fermata al 30,6, anche a causa di scarse risorse disponibili.
Guardando, infine, al bilancio, nel consuntivo 2015, approvato il 24 maggio come promesso dalla giunta uscente, si registra un disavanzo in netta discesa rispetto al passato (oggi a quota 250 milioni), ma anche entrate che non sono cresciute e dismissioni del patrimonio immobiliare ancora al palo.
Vera Viola

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Torino. Debito di 2,8 miliardi controllato speciale
Tenere sotto controllo la dinamica del debito che grava sulle casse dell’amministrazione comunale per 2,8 miliardi, quasi due volte e mezzo il bilancio della città, e riuscire a garantire risorse per welfare e interventi sulla cultura. Saranno queste le priorità per il nuovo primo cittadino di Torino, una città che nell’arco di dieci anni ha cambiato volto.
Lo ha fatto velocemente, per rispondere a una necessità: trovare vocazioni economiche da affiancare alla tradizione di company-town dove da decenni si producono automobili. Lo ha fatto nel pieno della crisi economica, portandosi dietro gli indici di disoccupazione, media (all’11,9%) e giovanile (al 44,9%), più alti di tutta l’Italia del Nord. Il tema dell’occupazione, dunque, sebbene esuli dalle competenze dirette di un sindaco, entra di fatto nell’agenda di governo della città. Oggi Torino, a dieci anni dalle Olimpiadi invernali del 2006, è diventata una città turistica, con un milione e 700mila visitatori nel 2015, dove gli investimenti in cultura hanno fatto da volàno. A cominciare dal rilancio del Museo Egizio, con una media di mille visitatori al giorno.
Durante la campagna elettorale il tema della buona amministrazione ha pesato. Ora si tratta di aprire una nuova fase di sviluppo per la città, a cominciare dalle infrastrutture. I dossier sul tavolo sono numerosi, a partire dal completamento della metro 1, dalla realizzazione della linea 2 e dal completamento dell’ultimo lotto del Passante ferroviario, per un fabbisogno di circa 2 miliardi. Risorse da “conquistare” sul campo, scommettendo sui buoni rapporti con Roma e su nuovi modelli di project financing che convincano i privati.
A questi progetti-driver si affiancano i principali percorsi di riqualificazione in diverse aree della città, a Nord (Variante 200), a Sud (TNE Mirafiori, il Palazzo del Lavoro, l’ex Westinghouse). Progetti ambiziosi, connessi allo sviluppo futuro di infrastrutture e viabilità, e banco di prova per il recupero dei 4 milioni di metri quadri delle aree industriali in disuso.
Chi governerà Torino i prossimi anni dovrà inoltre mettere mano a un “piano B” sul fronte della qualità dell’aria. Rispetto al 2006 la città ha migliorato gli standard su polveri sottili e inquinanti, ma il problema resta urgente: l’anno scorso le giornate nelle quali si è sforato il limite di concentrazione di Pm10 nell’aria sono state 80, e il limite massimo sarebbe di 35. La quota di raccolta differenziata, poi, è tornata a crescere: la sfida è superare la soglia del 50 per cento.
Filomena Greco