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 2016  giugno 06 Lunedì calendario

DIRE ADDIO ALLE BANCHE? SI PUÒ. VEDI FIRENZE

Milano S collegare le Fondazioni dalle banche conferitarie si può. Tra i pochi a farlo l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che ha cambiato perfino il nome - in Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze - e si sta “sganciando” due volte. La prima, dall’omonima Cassa fiorentina. La seconda dal colosso Intesa Sanpaolo che nel 2007 ne rilevò la maggioranza del capitale. Con il senno (borsistico) del poi, l’alleggerimento delle partecipazioni bancarie è stata una mossa provvida della nuova gestione, che il presidente Umberto Tombari ha avviato due anni fa sotto le insegne del rinnovamento radicale. «Non c’era bisogno di aspettare il protocollo tra l’Acri e il Tesoro per capire che il patrimonio della nostra Fondazione era troppo concentrato sulle banche», dice l’avvocato toscano, nel cui studio legale ha lavorato anche l’attuale ministro per le riforme Maria Elena Boschi. In effetti a fine 2014 le due banche di riferimento pesavano per il 67% del patrimonio. Così l’ente ha cercato un consulente, ma che fosse avulso dalle logiche reticolari invalse nel credito e nei dintorni: lo ha trovato negli Usa. «La necessità di un supporto professionale per diversificare il patrimonio è culminata in aprile in una gara vinta da Cambridge Associates, tra i principali advisor indipendenti internazionali a supporto di Fondazioni ed enti no profit», riporta il bilancio. La nuova strategia dei gestori fiorentini ha portato a cedere a Intesa Sanpaolo il 10%
residuo di Banca Carifirenze (lo scorso giugno, con plusvalenza di 85 milioni) e due mesi dopo a limare la quota in Ca’ de Sass sul mercato, con plusvalenza di 168 milioni. Lo scorso dicembre sono state poi vendute a termine altre 90 milioni di azioni Intesa Sanpaolo, che in giugno daranno un’altra plusvalenza da 120 milioni, e completeranno la discesa dal 3,2% al 2% circa del gruppo bancario. La buona scelta dei tempi nel vendere aveva già arricchito il bilancio 2015 della Fondazione, chiuso con avanzo di 89 milioni (33 milioni l’anno prima), patrimonio di 1,5 miliardi (+200 milioni) ed erogazioni salite da 29 a 31 milioni. Sganciarsi dalle banche però comporta anche rischi, e richiede più competenze. «Si va nel mare aperto, va creata una struttura professionale che sappia individuare i migliori gestori internazionali – spiega Tombari – inoltre stiamo provando a invertire la politica delle erogazioni, storicamente incentrata su proposte di terzi, con un nostro ruolo progettuale che coinvolga altri operatori, sia no profit che imprese». Tutto ruota attorno al “brand Firenze”, in grado di catalizzare donazioni di aziende come Google, Canon, Vodafone, per iniziative comuni con effetto moltiplicatore di quanto l’ente Carifirenze eroga. «Le Fondazioni, nate per privatizzare il credito, hanno ormai svolto quella missione. Oggi devono reinventarsi un ruolo. Io le vedo bene come l’ossatura del terzo settore: tra sussidiarietà e sviluppo».