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 2016  giugno 06 Lunedì calendario

IL RIFIUTO DIVENTA UNA MATERIA PRIMA LA GOMMA RIVESTE IL CAMPO DI CALCIO

Milano I tempi sono maturi affinché la gestione dei rifiuti in Europa venga affrontata non più come un’emergenza ambientale, ma come una grande occasione di sviluppo economico ed occupazionale, trasformando una nostra storica debolezza — la mancanza di materie prime — in un punto di forza. «Dal pneumatico per auto consumato si può ricavare una gomma ricostruita impiegata nelle macchine industriali, quando anche questa è da buttare si può trasformare in polverino utilizzabile nei rivestimenti dei campi di calcio. Una volta usurato, il fondo del campo di calcio si può smantellare ad avviare al riciclo per un’altra funzione ancora…». È questa la grande potenzialità dell’economia circolare promossa dall’Unione Europea immaginata dal direttore generale di Ecopneus Giovanni Corbetta. «Se fino ad oggi l’opera di chi come noi si occupa di recuperare rifiuti scongiurandone l’avvio in discarica è stata percepita come una benemerita azione di salvaguardia ambientale, l’input che ci arriva da Bruxelles — spiega Corbetta — deve servire invece a trasformarla in un fondamentale passaggio del nuovo approccio alla produzione di beni: non ci possiamo permettere il lusso di usare le materie prime una sola volta». Certo, gli pneumatici scontano un peccato originale chiamato “vulcanizzazione”, ma i margini per redimersi esistono e sono ampi. «A differenza di altre materie plastiche — ricorda il direttore
di Ecopneus — le gomme per auto sono sottoposte al processo di vulcanizzazione, un procedimento irreversibile che ne riduce inevitabilmente le future applicazioni. Anche così i vantaggi economici sono però eloquenti: la materia vergine, da cui non si potrà mai prescindere del tutto, costa circa 3mila euro a tonnellata mentre il prezzo del polverino ottenuto dal recupero è 10 volte inferiore». Lo scorso dicembre Bruxelles ha approvato una serie di modifiche ad un insieme di direttive sui rifiuti che sono il cuore del pacchetto “Closing the Loop” per l’economia circolare. Ora la palla è passata agli Stati membri che entro l’autunno dovranno formulare le loro osservazioni in vista del varo definitivo del provvedimento previsto per la fine dell’anno. «Il modello “usa e getta” — sottolinea ancora Corbetta — è quello più facile da seguire e il più difficile da cambiare culturalmente. Per questo è importante non mandare sprecata questa occasione, adottando la cornice regolamentare più adeguata. Noi di Ecopneus, forti del nostro successo, siamo convinti di poter rappresentare un modello positivo a cui fare riferimento». Le linee guida da seguire, secondo Corbetta, sono tanto banali quanto rivoluzionarie in un paese come l’Italia. «La cosa che temiamo di più sono norme ambigue e contraddittorie, aperte al compromesso. La storia del nostro consorzio è invece una storia di chiarezza e trasparenza. Se in questi anni abbiamo fatto meglio di tutti gli obiettivi fissati è anche grazie a queste due caratteristiche rese possibili dal nostro particolare status di società senza fini di lucro e dalla nostra ossessione per l’efficienza. Noi, a differenza di chi è nato con il business dei rifiuti, arriviamo da una formazione e da esperienze imprenditoriali tradizionali». Oltre a questi punti, per dare ancora maggiore forza al sistema dei pneumatici fuori uso occorre secondo Ecopneus l’introduzione di una chiara distinzione di ruolo tra produttori, società di gestione consortili e imprese di raccolta, trasporto e recupero al fine di evitare conflitti di interesse. Altro passaggio fondamentale è poi la definizione di un quadro giuridico improntato al potenziamento dei sistemi di governance e di controllo. Riformare il modo di lavorare dei consorzi non è però l’unica sfida sul tappeto. A cambiare, dal punto di vista di Corbetta, deve essere anche la cornice normativa generale, rendendola premiale verso chi favorisce l’affermarsi dell’economia circolare. «In Italia ad esempio — ricorda Corbetta — la legge prescrive alla pubblica amministrazione di utilizzare il 30% del suo ammontare di spesa acquistando prodotti realizzati con materiale riciclato, ma non c’è sanzione ed è quindi un obiettivo disatteso. È un tipico caso di normativa che c’è, ma non funziona. Un’altra legge auspicabile è quella che chiarisca, una volta per tutte, quando il rifiuto, dopo le lavorazioni, non è più tale ed è diventato materia prima seconda. Oggi questo passaggio da rifiuto a materia prima seconda avviene su basi di autorizzazioni provinciali, non sempre riconosciute a livello nazionale. Quindi una normativa nazionale sulla fine vita del rifiuto è essenziale ed urgente e tra l’altro favorirebbe l’impiego di materie prime seconde, rendendo allo stesso tempo un po’ più severo l’abuso del rifiuto».