
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Paola e Claudio Regeni, i genitori del ragazzo ammazzato in Egitto, ieri hanno incontrato i giornalisti nella sala Nassiryia del Senato. La mamma Paola, tra l’altro, ha detto questo: «Voi avete visto le sue foto. Quel bel viso, sempre sorridente, sguardo aperto, postura aperta. L’ultima foto è del 15 gennaio, compiva 28 anni. In realtà non è l’ultima. Ne conservo un’altra, che gli scattai il giorno della sua partenza per il Cairo. Mi disse: “Dai mamma, fammi una foto, dici che non ne facciamo mai”. Dieci giorni dopo la foto del compleanno, il 25 gennaio, Giulio è sparito. In quella foto, una foto felice, era con gli amici al Cairo, mangiavano pesce. Si divertiva. Con amici di tutto il mondo. Ora a quella immagine sovrapponiamo un’altra immagine. Quella del suo volto come ci è stato restituito dall’Egitto. Era diventato piccolo piccolo. Non vi dico cosa hanno fatto a quel viso. Non vi ho visto solo tutto il male del mondo. L’unica cosa che vi ho ritrovato era la punta del suo naso. Lo abbiamo rivisto a Roma, in Egitto ci consigliarono di non vederlo e li assecondammo. A Roma trovammo il coraggio. Nella sala dell’obitorio, l’ho riconosciuto dalla punta del naso. Non era più il nostro Giulio». La mamma poi ha aggiunto: «Non possiamo dire: è un caso isolato. Giulio poteva aiutare l’Egitto, il Medio Oriente, studiava il sindacato, l’emarginazione. Un italiano che poteva fare tanto e non avremo più. Ma credo che sia accaduto anche ad altri, egiziani e non solo. E io continuerò a dire: verità per Giulio».
• Verranno a Roma i poliziotti egiziani che indagano sul caso. Avranno un incontro con i nostri.
Sì, il prossimo 5 aprile. Non c’è troppa fiducia in questo incontro. La mamma di Giulio s’è fatta questa domanda: «Che cosa porteranno?». La poca fiducia dipende da questo: che tutti i contatti tra i nostri inquirenti e i loro hanno portato poco o niente. Ci è stata consegnata documentazione incompleta o lacunosa. Su una quantità enorme di dettagli fondamentali non abbiamo avuto risposta. La volontà egiziana di nascondere quello che è veramente accaduto e che abbiamo solo intuito è palese. L’ultimo caso è clamoroso.
• La storia che il ragazzo Regeni sarebbe stato ammazzato da una banda di rapinatori?
Sì. Secondo quello che abbiamo letto sui giornali egiziani, in uno scontro a fuoco sono morti questi cinque banditi, specializzati nel travestirsi da poliziotti e in questo modo sequestrare persone e derubarle di tutto. Il quotidiano El-Tahrir racconta che i cinque si spostavano tra il quartiere Ottobre e Sheykh Zayed, la zona dove poi è stato ritrovato il corpo di Regeni. Nel covo dei banditi, dicono gli egiziani, sono stati trovati documenti di Giulio, il passaporto, tessere dell’università, una carta di credito. Nessuno dei nostri ha visto questi documenti, la polizia egiziana ci ha solo mostrato delle foto. Quindi, secondo il Cairo, Giulio sarebbe rimasto vittima di malviventi qualunque, ai quali però è impossibile far domande perché gli stessi egiziani li hanno ammazzati. È una spiegazione del delitto a cui non crede, non può credere nessuno.
• Perché?
Mille cose, ma soprattutto non si capisce perché dei banditi qualunque avrebbero dovuto tenere Giulio sequestrato per due settimane, torturandolo e picchiandolo scientificamente, in modo che soffrisse ma non morisse. In questo, per dei semplici rapinatori, non c’è alcun tornaconto. Dalla verità siamo ancora lontani.
• Quale potrebbe essere la verità?
A naso quella che si è fiutata fin dall’inizio. Giulio Regeni studiava il movimento sindacale egiziano, era entrato in contatto con i loro capi, gente che dal punto di vista di al Sisi, il presidente che si è impadronito del potere con un colpo di stato, potrebbe essere considerata nemica. Il fatto che sia stato ucciso «come un egiziano» significa che gli assassini non immaginavano quello che ne sarebbe seguito, cioè il rischio di un’incrinatura seria nei rapporti tra l’Egitto e il nostro paese. Forse uno spiraglio di verità l’ha fornito Hoda Kamel, dell’Egyptian Center for Economic and social rights, la quale ha raccontato che Giulio doveva ricevere dall’Inghilterra un finanziamento di diecimila sterline per una ricerca che avrebbe riguardato anche il sindacato degli ambulanti. Il capo di questo sindacato, Mohamed Abdallah, voleva che una parte di questi soldi gli venisse girata. Giulio avrebbe detto ad Abdallah che avrebbe rinunciato al progetto. Il seguito non si sa, ma è noto che gli ambulanti, stando in mezzo alla strada, hanno contatti importanti con i servizi e con la polizia. Gli ambulanti sono quasi sempre anche degli agenti. È possibile che gli assassini, dentro il sistema di al Sisi, siano troppo potenti per poter essere smascherati.
• Che pressioni possiamo ancora fare?
Richiamare l’ambasciatore. Dichiarare l’Egitto paese non sicuro, fatto che avrebbe conseguenze sul loro turismo. Dall’altra parte sono in ballo più di cinque miliardi di interscambio. E il più grande giacimento di gas del Mediterraneo, quello di Zohr, scoperto al largo della loro costa e capace di una fornitura, tra due anni, di 850 miliardi di metri cubi di metano. È difficile arrivare a una rottura per noi. Ma è ancora più difficile per loro.
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