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 2016  marzo 30 Mercoledì calendario

La mamma di Regeni: «Ho riconosciuto Giulio dalla punta del naso» • L’aereo dirottato a Cipro • La studentessa Erasmus uscita dal coma dopo l’incidente a Barcellona • Il diciassettenne che s’è sparato perché l’amico era morto in moto

 

Regeni Se il 5 aprile i funzionari della polizia egiziana non porteranno a Roma elementi credibili per le indagini come i tabulati telefonici e i verbali originali il governo italiano dovrà dare una risposta forte, fino al punto di richiamare il nostro ambasciatore al Cairo. Ad affermarlo, sottolineando le parole del presidente della commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi che ipotizza anche la revisione delle relazioni diplomatico-consolari e l’intervento della Farnesina per dichiarare l’Egitto «paese non sicuro», sono Paola e Claudio Regeni, i genitori del ricercatore friulano scomparso nel centro del Cairo il 25 gennaio scorso e ritrovato morto il 3 febbraio dopo almeno 7 giorni di torture protratte (dato confermato dall’autopsia). Rompendo un lungo e composto silenzio, mamma e papà Regeni parlano ufficialmente alla stampa durante la conferenza stampa organizzata dal senatore del Pd e Amnesty International per ribadire la loro fiducia nelle istituzioni italiane ma anche la loro determinazione a conoscere la verità dopo l’ennesimo depistaggio egiziano (la storia dei presunti rapinatori di turisti ammazzati al Cairo la settimana scorsa). Il padre ripete come il figlio non fosse preoccupato e pianificasse la fine del periodo di studio egiziano il 22 marzo: «Giulio stava passando un periodo molto felice della sua vita, sia dal punto di vista di vista personale che del lavoro». E poi la madre: «Giulio aveva uno sguardo aperto eppure dopo la morte il suo volto era piccolo piccolo, in obitorio a Roma l’ho riconosciuto dalla punta del naso e ci ho visto sopra tutto il male del mondo. E’ forse dall’antifascismo che in Italia non ci troviamo di fronte alla tortura ma Giulio non era in guerra e non lavorava per i servizi, come provano i suoi conti bancari, faceva ricerca». L’avvocato Alessandra Ballerini aggiunge che esiste una foto di quel volto e che i Regeni avrebbero voluto mostrarla in risposta alle menzogne del Cairo ma aspettano confidando (ma non troppo) nell’appuntamento del 5 aprile (fra. pa., Sta)

Dirottamento Mustafa Seif Eldin, classe 1957, nato al Cairo e sposato con una cipriota, padre di quattro figli, ieri, con una falsa cintura esplosiva (ma questo si scoprirà dopo), è salito a Burg Al Arab, Alessandria D’Egitto, su un aereo Egyptair diretto al Cairo e l’ha costretto ad atterrare a Cipro. Stato di allerta generale. Si attivano le misure antiterrorismo, si teme il peggio, si organizza la macchina dei potenziali soccorsi. Ma il dirottatore comincia con la prima sorpresa: fa scendere la maggior parte dei 55 passeggeri a bordo (di Paesi arabi) lasciando sull’aereo gli occidentali. Parte la trattativa per il rilascio degli ostaggi ma più passa il tempo più quel dirottamento sembra non avere né capo né coda. Non si capisce, soprattutto, che cosa chiede esattamente quell’uomo che, si scopre, ha diversi precedenti penali per rapina, truffa, falsificazione di documenti, sostituzione di identità e droga. La sola cosa che sembra certa è che lui vuole che chiamino sua moglie, deve consegnarle una lettera. La donna poi arriva ma non si conosce il suo ruolo nella consegna della busta. La situazione è talmente incerta che sul finire della mattinata viene dato per dirottatore Ibrahim Samaha, docente del Cairo. È lui stesso a chiamare le tv: «Sono un passeggero rilasciato, non c’entro». La svolta arriva alle 14: Mustafa si fa scattare una foto con un ostaggio, libera i passeggeri rimasti e si arrende. Lo arrestano. Ma non per questo si chiarisce tutto. Il ministro degli Esteri cipriota, Alexandros Zenon, dice che è «psicologicamente instabile». E parte la girandola delle ipotesi sui motivi del dirottamento: forse per amore, perché voleva riavvicinare la moglie separata, si dice all’inizio. Ma nella lettera chiede la liberazione di donne detenute in Egitto. Il premier egiziano Ismail sostiene invece che l’uomo abbia chiesto incontri con rappresentanti dell’Unione Europea. Oggi forse ne sapremo di più (G. Fas., Cds).

Erasmus Laura Ferrari, 23 anni, di Modena, faceva parte della comitiva di studenti Erasmus che tornava in pullman, da Valencia a Barcellona, domenica 20 marzo all’alba. Il pullman che ha sbandato sull’autostrada per Tarragona e ha fatto strage di chi era a bordo: 13 morti e 34 feriti. Dopo dieci giorni di coma farmacologico nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Santa Creu e San Pau di Barcellona ieri si è svegliata. Suo fratello Lorenzo: «Mia sorella ha aperto gli occhi. Prima ha fatto un sorriso a mamma Annunziata che era lì accanto al letto e quasi sveniva dall’emozione, poi ha mosso la testa per far capire che riconosceva anche papà Riccardo. È stato bellissimo, un grandissimo giorno per noi. Poi lei ha detto pure qualche parola, ma non l’abbiamo capita e comunque fa niente, va bene così, dopo giorni di paura e incubi...» (Caccia, Cds).

Suicidio Giulio Milacic, 17 anni. Star di Instagram con il nickname “Il Ragazzofiore”, profilo in grado di calamitare oltre 26mila follower, viveva coi genitori in una bella villetta a Carpesica, piccola frazione sulle colline di Vittorio Veneto. Sabato scorso Patrick Beda, suo amico e compagno di classe in un istituto professionale, si schiantò in moto contro un platano e morì sul colpo. Il giorno di Pasqua Giulio pranzò con papà Stefano e con mamma Luisa, che lo videro provato, a tratti assente. Poi verso le 18 prese il fucile del padre, scese in giardino e si sparò. Verso le 18 di domenica 27 aprile a Carpesica, piccola frazione sulle colline di Vittorio Veneto.

(a cura di Roberta Mercuri)