il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2016
Renzi alla conquista del west. Appunti sul diario di bordo della missione americana
Via la mimetica, presto. Largo a cappello texano, sombrero e stivali con gli speroni. A Matteo Renzi, che pure se è presidente del Consiglio a noi sembra sempre fanciullo, vanno stretti gli asfittici orizzonti italiani. L’ex boy-scout molla tutto e parte per le lontane Americhe, dove innovazione, eccellenza e futuro trottano sotto il cielo sgombro del neoliberismo.
Ecco alle 11.38 di ieri su Facebook la prima pagina del “Diario di bordo della missione americana”. Missione americana?, chiedono le casalinghe di finestra in finestra. Sì, “quattro giorni ricchi di eventi sul made in Italy e di summit internazionali”. Per favore state calmi. L’ammiraglio segna la rotta col linguaggio informale dei pionieri delle frontiere mentali, Steve Jobs, Mark Zuckerberg.
“La prima tappa ci vede in volo verso il Nevada, verso Stillwater. Direte: e che ci fate a Stillwater?”. Non ci dormiamo la notte. “Presto detto: visitiamo la centrale di energie rinnovabili più innovativa del mondo”.
Per l’emozione per poco non finivamo il diario, secondo solo a quello di Darwin dalle Galàpagos, e non avremmo saputo il nome di questa sede futuristica se la stampa non ci avesse fornito una mappa con le coordinate di massima. Laggiù nell’Arizona, terra di sogni e di chimere, esiste una “cattedrale in senso buono, monumento alle tecnologie italiane nelle fonti rinnovabili”. Lo dice su Repubblica Federico Rampini, che sta già a Reno (Nevada) a guardare i cespugli rotolanti mentre aspetta la diligenza che trasporta l’ex sindaco di Firenze. Si tratta del “Far West vero, il deserto del Nevada”, assicura per fugare il dubbio che Renzi se ne sia fatto costruire uno finto nei pressi di Fiesole.
La cattedrale “è la centrale di Enel Green Power, di cui l’amministratore delegato Francesco Starace”, dunque uno insospettabile di parzialità, “spiega l’importanza nell’intervista a fianco”. Ristorati dall’asciutto dispaccio riprendiamo il diario di bordo: “Enel” scrive il generale Renzi dritto sulla sella “è una grande azienda della quale essere orgogliosi… per il geotermico, per il solare fotovoltaico, per il solare termico”.
Senza stare a sottilizzare che a parlare sia lo stesso Renzi che invita a disertare un referendum a favore delle energie rinnovabili, Rampini telegrafa: “Dal Far West Renzi comincia da stasera una marcia di avvicinamento verso il summit finale di Washington”. Ah, sì, Barack. Non ci fossero le incombenze istituzionali, il nostro cowboy potrebbe godersi questo on the road dell’eccellenza, “un itinerario molto speciale, un tentativo di mappatura di tutto il meglio che l’Italia esprime”. “La seconda tappa”, per dire, “è nel Mid-West, Illinois”, dove Obama fu eletto senatore solo perché Renzi faceva ancora l’arbitro a Firenze. “Il premier”, dice Rampini scansando un bisonte, “va a visitare a Batavia il Fermi Lab. Così chiamato in onore del Premio Nobel della fisica Enrico Fermi”, che se l’avesse saputo. Qui Renzi, dismessi gli abiti country e indossata la finanziera del generale Custer, parlerà in chissà quale lingua all’Università di Chicago, dove “dopo la fuga dall’Italia”, Fermi “si stabilì” e il suo spirito fino a ieri riposava quieto.
Poi giovedì, senza nemmeno un uovo sbattuto, uno zabajone, “tappa a Boston per raggiungere l’università di Harvard, altro ateneo che pullula di italiani”, che qui non vengono torturati e uccisi come in Egitto e dunque non imbarazzano la propaganda del Dito più veloce di Twitter. “Nella stessa cittadina universitaria di Cambridge”, dice Rampini uscendo da un saloon, “ci sarà la visita al centro di ricerca dell’Ibm il cui gioiello è il progetto Watson: una piattaforma dell’intelligenza artificiale”, che è comunque meglio di niente. Del resto nei “Quattro pensierini volanti” del diario è segnato: “Investire sulla ricerca, non aver paura del futuro e della scienza”, che non è affatto in contrasto con la sua legge di Stabilità che ha tagliato 42 milioni di fondi agli enti di ricerca.
“Se si esclude Washington”, dice Rampini, “il resto del viaggio ha un profilo particolare. Renziano”. Ecco, non volevamo essere noi i primi a dirlo, ma c’era sembrato. “Meno politica, più economia; meno protocollo istituzionale, più tecnologia”, dice Rampini di Renzi e non del Duce che visita gli stabilimenti di Terni. “Quando venne a visitare la Silicon Valley”, senti senti, inaugurò una “contro-narrazione sulla fuga dei cervelli”: “i giovani italiani che creano start-up in California li trattava come ambasciatori del made in Italy”. Ecco, ci voleva tanto.