MilanoFinanza, 30 marzo 2016
Domenica scorsa per due ore la Cina è potuta andare su Google
Domenica sera per un paio d’ore anche i cinesi hanno potuto usare Google. Il motore di ricerca su Internet, che in Cina di solito è bloccato, ha infatti trovato il modo di penetrare il web del Paese asiatico. Secondo il South China Morning Post, Google, che in Cina è bloccato da sei anni, è risultato accessibile alle 23.30 di domenica sera per essere nuovamente bloccato all’una e un quarto di notte.
Secondo Pingwest, blog che si occupa di tecnologia, il motore di ricerca risultava accessibile ancor prima, tra le 20 e le 21, assieme ad altri servizi da tempo inaccessibili, quali la posta di Gmail. Non ci sono di fatto spiegazioni ufficiali sul perché Google sia stato, seppur brevemente, raggiungibile dagli internauti cinesi, ma molti media nazionali suggeriscono che ciò possa essere dovuto al fatto che la società americana ha provato a inserire nell’area nuovi server, il cui indirizzo IP non è stato riconosciuto dal Great Firewall e che di conseguenza non sono stati bloccati. Great Firewall, il programma di censura online cinese, è un sistema di sorveglianza di Internet applicato dal ministero di Pubblica Sicurezza della Repubblica Popolare. Il sistema permette di bloccare l’accesso ai siti vietati e di monitorare il traffico dati in entrata e in uscita dalla Cina. Google è stato bloccato nel 2010 dopo aver rifiutato di soddisfare i requisiti imposti dal governo. Nonostante ciò Google, guidata dal ceo Larry Page, non ha certo deposto le armi. Del resto la seconda economia mondiale fa gola e non potrebbe essere altrimenti: stando al China Internet Network Information Center, nel 2015 hanno navigato online quasi 700 milioni di cittadini cinesi. Insomma, benché Pechino imponga uno stretto controllo sui contenuti di Internet, ciò non rallenta la crescita del numero degli internauti. Ad alimentare questa tendenza sono gli smartphone: oltre il 90% dei cinesi viaggia online tramite il telefonino. Così, Google continua a pubblicizzare nuove offerte di lavoro nel Paese e persino a investire in start-up cinesi. E altre società tecnologiche fanno lo stesso o perlomeno cercano da tempo di mettere piede in Cina. Lo stesso fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, proprio di recente è stato a Pechino, dove ha incontrato il capo della propaganda. Domenica sera, mentre i cinesi potevano navigare su Google, altri siti Internet quali Facebook o Twitter risultavano comunque bloccati. Il South China Morning Post, quotidiano con sede a Hong Kong, ha scritto che gli utenti si sono riversati su social cinesi quali Weibo (il corrispettivo di Twitter) e WeChat (un mix tra Whatssap e Facebook) per commentare quanto stava accadendo. «Per un momento ho creduto che Google fosse stata ufficialmente sbloccata e che qui ci fosse di nuovo libertà di parola», ha raccontato a Cnbc Li Yue, ingegnere di Shenzhen. (riproduzione riservata)