La Stampa, 30 marzo 2016
Palmiro, l’uomo che sente l’odore dei tessuti
I tessuti hanno un odore? Non quello di pulito delle camicie bianche o quello di armadio e naftalina dei cappotti tirati fuori per l’autunno.
L’odore distingue, caratterizza, come ci insegnano gli animali o gli uomini che ancora sanno sentire l’odore della pelle. Palmiro sente l’odore dei tessuti, anzi ha scelto come missione di spiegare al mondo che il cotone, la seta, il velluto hanno un odore ben preciso.
Dietro chi sceglie di inseguire un sogno c’è sempre una mamma. Quella del valdostano Palmiro Pèaquin faceva la sarta, anzi la camiciaia. Le narici del bambino che negli Anni 50 la guardava hanno cominciato ad accorgersi che le camicie di seta avevano un odore diverso da quelle di cotone. Poi i tessuti sono diventati una ragione di vita anche per Palmiro. Una passione per le sete, il cachemire, il tweed che lo ha portato a girare il mondo alla ricerca della perfezione, dell’eleganza.
Appoggiare le narici su una pezza di seta in un filatoio di Varanasi e capirne dall’odore tutta la preziosità è un momento che resta impresso e che si vuole replicare. All’infinito.
Palmiro Péaquin ha unito la passione per i tessuti e quella per l’odore cominciando ad aprire profumerie in giro per la Valle d’Aosta, intanto il sogno restava nel cassetto. Poi ha deciso di provare a realizzarlo. E il sogno era creare una linea di profumi capaci di evocare l’odore dei tessuti. Il progetto è nato, con una linea chiamata «Uermi», cresciuto e diventato grande al punto di essere di tendenza su alcuni mercati internazionali. Sempre partendo dalla sua Aosta.
Ma la parte più interessante della storia resta la stessa. Che odore hanno i tessuti?
Péaquin ne ha codificati una serie. Alcuni più facili, altri così complessi da diventare onirici. «Il mio preferito – spiega appoggiando il naso sulla manica della sua giacca – è il tweed. Per me resta indimenticabile la prima volta che l’ho annusato e per questo ho provato a portare chi annusa in quella giornata». Un tessuto, come gli uomini, è anche il luogo da cui arriva, la sua terra. «Infatti con il profumo ti ritrovi immediatamente in Scozia, lungo il fiume Tweed. Il fumo delle fabbriche che lavorano la lana, l’acqua, l’umidità dei legni. Tutto finisce nell’odore di quella stoffa così elegante. Non immaginate la soddisfazione che provo quando lo sento indossato da altri: non è un profumo facile. Come il tweed non è un tessuto per tutti».
Tra gli odori che Péaquin prova a raccontare c’è quello del jeans, un tessuto figlio anche dei trattamenti che subisce prima di diventare oggetto. Per rendere l’idea il naso francese Philippe Bousseton ha messo insieme pepe rosa, tuberosa, ambra, patchouli e il risultato è sorprendente. Capace di raccontare un paio di jeans da declinare al maschile o al femminile. Perché un tessuto, come un profumo, all’origine non ha sesso. Chi ha viaggiato il mondo alla ricerca del tessuto perfetto non poteva non cimentarsi con la seta. E la sfida è far rivivere quell’odore caldo e ricco della seta annusata in India. A far diventare realtà il sogno di seta di Péaquin ci ha pensato un altro francese, Jean Jacques, che ha ascoltato all’infinito il racconto sull’odore di quella pezza preziosa e lo ha trasformato nell’incontro tra iris e polpa di fico con legni di cedro e cipresso raccolti in «Ur Silk» una delle creazioni più riuscite di «Uermi» che ha codificato anche il latex, il misterioso e rarissimo washi, la pelle, il cachemire. Ogni tessuto è un’emozione da ricordare. E niente è meglio dell’olfatto per fissare un’emozione. Per sempre.