La Stampa, 30 marzo 2016
Barolo sì ma non chiamatelo «base»
«Per favore, non chiamatelo Barolo “Base”». L’appello arriva da una delle cantine più antiche e blasonate di Alba, Pio Cesare. E, più che un messaggio in bottiglia, è un messaggio sulla bottiglia.
La storica azienda, infatti, ha deciso di inserire sulle sue etichette di Barolo e Barbaresco una frase che ha il sapore della provocazione: «...E non chiamatelo Base». Lo hanno scritto pure in inglese, visto che l’80% dei loro vini viene bevuto all’estero: «Please, don’t call it Regular».
Spiega il titolare Pio Boffa: «È sempre più frequente, da parte di appassionati, operatori e produttori, chiamare con l’appellativo “Base” quei Barolo e quei Barbaresco che non sono prodotti da un solo vigneto, o da una sola sottozona e che non ne portano il nome in etichetta». Ma aggiunge: «Il Barolo e il Barbaresco hanno saputo conquistare nel mondo grande ammirazione grazie all’alta qualità acquisita sin dalle loro origini, alla fine dell’800. Allora venivano per lo più prodotti con uve Nebbiolo, provenienti da più vigneti con caratteristiche diverse, situati in più Comuni, e volevano valorizzare l’insieme dei “terroirs” di ciascuna zona del Barolo e del Barbaresco: di quei nomi, già allora, erano orgogliosi di fregiarsi, e non già di uno solo di questi».
In effetti, solo più di recente si è consolidata una filosofia diversa, che predilige produrre il Barolo e il Barbaresco da singoli vigneti o da singole zone, riportandone anche il nome in etichetta, accanto a quello della rispettiva denominazione. I francesi li chiamano «cru», con una vera e propria classificazione qualitativa. In Langa sono definite «Menzioni geografiche aggiuntive», con nomi come Cannubi, Cerequio, Asili, Rabajà, che ufficialmente indicano solo la posizione. La battaglia tra «modernisti» e «tradizionalisti» iniziò già negli Anni 80, ma negli ultimi tempi la moda delle menzioni è dilagata. E la questione del nome non è solo lessicale. Anzi, è soprattutto economica, perché il Barolo definito «base» in media spunta prezzi inferiori a quelli con le menzioni riportate in etichetta, anche se la qualità è la stessa o addirittura superiore.
«Entrambe le filosofie, a nostro avviso, raggiungono risultati qualitativi d’eccellenza», dicono dalla Pio Cesare, dove da oltre un secolo i vini migliori sono prodotti con uve provenienti da un insieme di vigneti situati intenzionalmente in diverse esposizioni. «Continuiamo a produrli così dall’inizio della nostra storia. Ma chiamare con l’appellativo “Base” un Barolo e un Barbaresco, solo perché non sono prodotti da un solo vigneto riportato in etichetta, sminuisce il prestigio delle denominazioni e le riduce a essere considerate ai piedi di un non meglio identificato vertice. Ecco perché abbiamo voluto rivisitare le nostre etichette».
La provocazione è lanciata: Bartolo Mascarello, che fu tra i più convinti sostenitori di un Barolo tradizionale senza menzioni, sarebbe soddisfatto.